Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

“L'Italia rischia la bancarotta, basta con i dilettanti. Adesso tocca a noi”, dice il Cav.

Claudio Cerasa

“Dopo il voto, i parlamentari del M5s disponibili a sostenere un’altra maggioranza saranno una valanga. Salvini? La smetta di frequentare xenofobi in Europa. Il M5s finirà nella spazzatura della storia, come nazismo e comunismo”. Parla Berlusconi

Sono passati dodici mesi e dodici giorni dal pomeriggio in cui Silvio Berlusconi diede spettacolo al Quirinale conteggiando con le dita della mano i punti contenuti nel famoso comunicato letto da Matteo Salvini al termine di un ennesimo giro di consultazioni. In quell’occasione, il futuro ministro dell’Interno venne presentato dall’ex presidente del Consiglio come “il nostro leader” e Matteo Salvini in quel contesto disse che il centrodestra era pronto per governare e che “sarebbe stato pronto a farsi carico di questa responsabilità unitariamente, formando un governo forte e di lunga durata con un premier indicato dalla Lega”. 

  

Un anno dopo molte cose sono cambiate per Matteo Salvini e per Silvio Berlusconi ma nonostante questo l’ex presidente del Consiglio, in questa intervista con il Foglio, sostiene che tra poche settimane questa legislatura potrebbe ritrovarsi al punto di partenza e scoprire così che a differenza di dodici mesi e dodici giorni fa esistono i numeri per formare una maggioranza di centrodestra. Silvio Berlusconi la chiama “la valanga” ma per arrivare a questo punto del ragionamento occorre fare un po’ di ordine e capire quali sono le ragioni che fanno del contratto di governo un programma – come lo definisce il Cav. – fallimentare e pericoloso per l’Italia.

 

La prima domanda per Berlusconi è questa: quali sono due motivi per cui il governo del cambiamento è diventato un pericolo per l’economia italiana? “Potremmo parlare di fisco e infrastrutture, ma in realtà è difficile ridurre a due soltanto i tanti errori e i tanti motivi di preoccupazione suscitati dal governo Conte. Questo governo si basa su un misto di dilettantismo e di ideologia della vecchia sinistra. E’ normale che gli investitori e i creditori dell’Italia si spaventino e per un paese indebitato come il nostro perdere di credibilità significa andare dritti verso la bancarotta. Non per caso si parla sempre più spesso, per scongiurarla, di clausole di salvaguardia o di imposta patrimoniale”.

 

È normale che gli investitori e i creditori dell’Italia si spaventino. Un paese indebitato come il nostro non può perdere credibilità

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ricordiamo a Berlusconi, ha detto che a suo modo di vedere le previsioni per il 2019 saranno quelle di un anno bellissimo. Poi si è corretto dicendo che era uno scherzo. Se dovessimo puntare l’attenzione sul principale rischio per l’economia nei prossimi mesi, su cosa dovremmo concentrarci? “Il più grave problema del nostro paese oggi è il lavoro”, dice Berlusconi. “La disoccupazione in Italia fino a quando abbiamo governato noi è rimasta due punti sotto la media europea. Da quando una sorta di colpo di stato legale ha cacciato l’ultimo governo scelto dagli italiani, è salita e rimasta costantemente fino a oggi al di sopra di quella media e ora rischia di aumentare ancora, sia perché l’economia non cresce, sia perché assumere è diventato più difficile dopo il cosiddetto decreto dignità. Il 2019 per chi cerca lavoro non sarà un anno bellissimo, sarà un anno drammatico”.

 

Gli indicatori economici segnalano scenari apocalittici per i prossimi mesi. Ha ragione chi dice che se non sarà Salvini a far cadere questo governo in modo naturale sarà la realtà dell’economia a farlo saltare? “E’ giusto ricordare a Salvini che se non sarà lui a far cadere questo governo saranno gli elettori a far cadere il vasto consenso del quale oggi la Lega è ancora accreditata nei sondaggi. Tutti gli indicatori economici volgono al peggio, la tempesta perfetta si addensa sull’Italia e il governo non fa – perché non piace ai grillini – l’unica cosa che servirebbe davvero a invertire la tendenza: un potente stimolo alla ripresa attraverso un forte programma di tagli fiscali, attuando l’equazione liberale per lo sviluppo che era nel programma del centrodestra, e parallelamente contenendo la spesa pubblica, tranne quella destinata agli investimenti. Ogni tanto qualche esponente leghista usa ancora la parola flat tax, ma si riferisce a qualche eventuale favore fiscale a singole categorie, che non c’entra nulla con la vera flat tax, uno strumento che funziona solo se riguarda tutti i contribuenti, famiglie e imprese”.

 

Non hanno ragione al governo a dire che la crisi economica è generata da una congiuntura economica sfavorevole? “Se le previsioni di crescita dell’Italia sono le peggiori fra i 27 stati dell’Unione europea, come si può dare la colpa alla congiuntura internazionale, che vale per tutti? Certo, il momento nel mondo non è dei migliori, ma appunto per questo avremmo bisogno di un esecutivo all’altezza. Il nostro governo per esempio aveva affrontato la peggiore crisi economica mondiale del Dopoguerra, tutelando l’occupazione e senza mettere mai le mani nelle tasche degli italiani”. Rispetto ai guai provocati da questo governo, Salvini è corresponsabile nella stessa misura in cui lo è il Movimento 5 stelle? “Salvini passa per essere l’uomo forte di questo governo, ma in realtà è un’illusione ottica: le scelte importanti, soprattutto in materia economica, sono dettate dai Cinque stelle e dalla loro ideologia pauperista, diretta erede della peggiore sinistra del ’900. D’altra parte il governo Conte senza i voti di Salvini non potrebbe esistere, né commettere i disastri che stanno trascinando l’Italia nel baratro. Tanto più la Lega tarderà a staccare la spina, tanto più sarà corresponsabile di quello che sta accadendo”. 

 

Molti osservatori tendono a descrivere l’Italia come un paese ostaggio di partiti che litigano su tutto. Ma non è più corretto dire che i problemi dell’Italia sono stati causati da tutto ciò che Lega e M5s hanno fatto insieme? “Lega e Cinque stelle si sono spartiti i compiti: la Lega impone ai Cinque stelle le sue scelte in materia di sicurezza e immigrazione, scelte sostanzialmente corrette anche se talvolta più di immagine che di sostanza, mentre i Cinque stelle dettano la linea su tutto il resto, in materia economica, di infrastrutture, di giustizia e di diritti, con le conseguenze disastrose che tutti conoscono. Probabilmente molte di queste scelte non piacciono alla Lega, o almeno ai suoi elettori, ai suoi amministratori locali e a molti dei suoi parlamentari. Tuttavia al di là delle polemiche di facciata non fanno nulla per impedirle”.

 

Esiste però, presidente, un paradosso che merita di essere spiegato: perché a intercettare il dissenso nei confronti del governo oggi non è nessuna forza d’opposizione ma è una delle due forze del governo, ovvero Salvini? “Negli anni 70-80 del ’900, il Pci definiva se stesso come ‘partito di lotta e di governo’. Significava che il Partito all’interno dei palazzi partecipava alle decisioni e alle spartizioni di potere, nelle piazze inveiva contro i padroni e contro il sistema. E’ un’ambiguità che per un po’ ha funzionato, ha portato il Pci alle soglie del governo, ma alla lunga ha logorato e distrutto un partito che aveva una struttura organizzativa formidabile, militanti molto ideologizzati, sessant’anni di storia alle spalle. La ‘Lega di lotta e di governo’ che Salvini ha costruito ha radici molto meno solide. Oggi gli elettori si spostano molto più velocemente di 30-40 anni fa, Salvini sarà presto costretto a decidere”.

 

Il caso Rousseau? È la conferma del fatto che i grillini perseguono un disegno di sovvertimento della democrazia rappresentativa

La scorsa settimana, facciamo notare a Berlusconi, Salvini ha scelto di associare il percorso della sua Lega in Europa a quello dell’AfD tedesca. E in Europa gli alleati di Salvini fanno parte di una destra xenofoba che Forza Italia, e lei in particolare, ha sempre combattuto. E’ giusto dire che nella prossima campagna elettorale europea lo spartiacque della politica non sarà più destra e sinistra ma sarà Europa e anti Europa? “Non sono d’accordo. Noi per esempio siamo convintamente europeisti, ma la nostra idea di Europa è radicalmente diversa da quella del Pd, così come sono diversi, anzi alternativi, i programmi per quanto riguarda l’Italia. Anzi, sono convinto che una delle ragioni per le quali il modello di Europa che abbiamo conosciuto fino a oggi è fallito è proprio l’alleanza di fatto tra popolari, liberali e socialisti che ha governato le istituzioni europee. Come tutti i regimi consociativi, ha prodotto burocrazia, statalismo, dirigismo. Credo sia venuto il momento di riportare la politica europea alla naturale contrapposizione fra popolari e socialisti. Il Ppe non può essere una forza di conservazione dell’esistente in Europa, ma la strada del cambiamento è possibile solo scegliendo nuovi alleati: i liberali, i conservatori e anche una parte dei sovranisti, che vanno condotti a una proposta politica ragionevole, che cambi l’Europa senza distruggerla, anzi costruendo quello che ho definito un nuovo sovranismo europeo, molto più utile e più ragionevole di quelli nazionali. Naturalmente sono da escludere invece alleanze con forze estreme, di destra xenofoba, che anche Salvini fa male a frequentare”.

 

A livello regionale, per quanto riguarda il suo partito, Forza Italia, l’alleanza con la Lega funziona. Ma a livello nazionale in più occasioni Salvini ha mostrato una sua volontà a stare il più possibile lontano da Forza Italia. La domanda presidente sorge spontanea: ma un partito che oggi si trova all’opposizione come Forza Italia non dovrebbe promettere ai suoi elettori di essere alternativo e non complementare a un partito come la Lega? E’ davvero da escludere che alle prossime elezioni Forza Italia possa correre da sola? “Noi non romperemo mai il centrodestra, perché lo abbiamo creato noi e perché è la nostra casa. Rimaniamo dove siamo sempre stati. Se la Lega se ne volesse andare, sarebbe una sua scelta di cui si assumerebbe la responsabilità. Ma non accadrà, Salvini non ha pulsioni suicide”.

 

In Europa, il leader politico che sembra incarnare in modo più forte l’europeismo, e l’idea che la vera protezione sia da ricercare a livello europeo e non nazionale, è probabilmente Macron. Che giudizio dà Berlusconi dell’operato del presidente francese? “Ho profondo rispetto per Macron, perché è il presidente di un grande paese amico e alleato. Tuttavia le sue idee, la sua origine politica, la sua cultura di tecnocrate di sinistra sono molto lontane da noi. Sull’Europa dice alcune cose ragionevoli, ma poi alle parole non sempre conseguono atteggiamenti coerenti. L’incontro di Aquisgrana, che potrebbe segnare il primo passo di un’Europa a due velocità, escludendo l’Italia, non è davvero la strada giusta. Questo malgrado il governo italiano stia facendo di tutto per essere escluso”.

 

Esiste un politico europeo che Berlusconi segue con attenzione? “Non sono molti gli statisti in questo momento in Europa. Tuttavia vorrei segnalare una figura, candidata a queste elezioni europee, che merita a mio giudizio particolare attenzione: è un imprenditore che ha innovato profondamente tutti i settori ai quali si è dedicato, dall’edilizia all’informazione allo sport; ha una grande esperienza politica internazionale ma non è mai diventato un professionista della politica, ed è uno dei pochi ad avere le idee chiare sul futuro. Sono convinto che al Parlamento europeo avrà le idee giuste, i rapporti giusti e la giusta autorevolezza per cambiare l’Europa per costruire un’Europa forte e libera, fiera delle sue radici e dei suoi valori, capace di trattare alla pari con gli alleati americani, di riprendere un rapporto costruttivo con la Russia, di affrontare la grande sfida del XXI secolo, la sfida con la Cina, che non è soltanto economica o commerciale, è una sfida di modelli di civiltà. Vuole sapere il suo nome? Silvio Berlusconi, naturalmente!”.

 

Presidente, è corretto dire che sulle partite legate all’immigrazione l’Italia del cambiamento ha mostrato tutta la sua impotenza, dimostrando di non essere stata capace di cambiare nulla in Europa in termini di sostegno all’Italia e di maggiore solidarietà sul tema della ripartizione dei rifugiati? “Il cosiddetto governo del cambiamento non ha capito una cosa piuttosto semplice: i paesi ‘sovranisti’ con i quali ha cercato di fare sponda sono interessati alla tutela delle loro frontiere nazionali, non delle nostre, così come – in altra materia – sono i più rigoristi in materia di bilanci e quindi i meno tolleranti nei confronti delle nostre pretese di aumentare il deficit. Non ha neppure capito un’altra regola fondamentale: in politica estera devi costruire alleanze, non conflitti, cercare amici, non fabbricare nemici per farti propaganda in casa. Il governo gialloverde, un po’ per ingenuità, un po’ per cinismo, ha isolato l’Italia e ha lasciato costruire intorno a noi una barriera di ulteriore diffidenza che ogni giorno è più difficile da superare”.

 

Il Movimento 5 stelle, nel giro di un anno, rispetto alle elezioni del 4 marzo, ha perso venti punti nelle regioni dove si è votato negli ultimi mesi, e ogni mese perde un punto percentuale. Ha l’impressione che il movimento farà la fine dell’uomo qualunque? “Non denigrerei così l’Uomo Qualunque: il suo fondatore, Guglielmo Giannini, era un uomo stravagante ma colto, di formazione strettamente liberale, ostile allo statalismo. I Cinque stelle sono tristi e mediocri epigoni della peggiore sinistra del ’900, sessantottini in ritardo che hanno intercettato uno scontento legittimo verso la politica, e lo hanno gestito nel modo più volgare e più rozzo. Giannini odiava la politica perché odiava lo statalismo, i Cinque stelle parlano di nazionalizzazioni, sognano lo stato imprenditore. Il Qualunquismo è stato un fenomeno effimero ma dignitoso, i Cinque stelle finiranno nella spazzatura della storia, come il nazismo e il comunismo”.

 

Se rimpatriamo 5.000 irregolari ogni anno, come sta facendo il governo gialloverde, ci vorranno 120 anni per risolvere il problema

Forza Italia ripete spesso che Salvini dovrebbe rompere con il M5s per fare un governo con il resto del centrodestra. Lei crede che in questo Parlamento, a differenza di un anno fa, ci sia spazio per trovare i numeri per dar vita a un governo del centrodestra? “Io credo che i numeri ci fossero anche un anno fa. Oggi a maggior ragione, perché anche fra gli eletti Cinque stelle vi sono molte persone oneste e in buona fede che si stanno rendendo conto che l’Italia non può andare avanti così. Per motivi nobili e altri meno nobili, i parlamentari disponibili a sostenere una maggioranza diversa dall’attuale – per sostituirla con la maggioranza scelta dagli italiani – non soltanto ci sono ma crescono ogni giorno di più. Dopo le europee saranno una valanga”.

 

Il Movimento 5 stelle ha verificato con gli uffici della Camera che l’ultima finestra per votare prima della legge di Stabilità è il 22 settembre: lei si augura di votare in quella data? “Lo ripeto, io credo che si possa cambiare il governo in questo Parlamento, senza tornare al voto. Ma se votare fosse l’unico strumento per fermare gli irresponsabili che ci governano, noi siamo pronti a tornare alle urne anche domani mattina”. A proposito di Movimento 5 stelle. Che cosa pensa del fatto che il garante per la privacy abbia segnalato la possibilità che la democrazia grillina sia manipolabile? “E’ l’ennesima conferma del fatto che i grillini perseguono un disegno pericoloso, e persino dichiarato, di sovvertimento della democrazia rappresentativa. Non ho alcun dubbio sul fatto che la piattaforma Rousseau sia facilmente manipolabile da chi la gestisce, ma se anche non lo fosse, cambierebbe poco. Poche migliaia di militanti, facilmente orientabili dai loro leader, dovrebbero decidere su scelte che riguardano tutti gli italiani, imponendo la loro volontà a parlamentari scelti da milioni di elettori. I totalitarismi moderni sono nati esattamente in questo modo. Basta sostituire il concetto di ‘popolo della rete’ a quello di ‘classe’ o di ‘stirpe ariana’ e si trovano la stessa logica e lo stesso linguaggio”. Nella storia politica italiana c’è qualcuno che le ricorda Luigi Di Maio? “Non cercherei paragoni nella politica, ma piuttosto nelle maschere della Commedia dell’arte. Lo considero un ragazzo furbo e un abile manipolatore, del tutto privo di contenuti”.

 

Eppure, facciamo notare a Berlusconi, può piacere o no ma la politica italiana negli ultimi anni ha dimostrato di aver bisogno di volti capaci di intercettare il rinnovamento. Il Cav. davvero pensa che sia sufficiente quello che sta facendo il suo partito in termini di rinnovamento? “Forza Italia si rinnova continuamente dal 1994: di quella stagione sono rimasti in tutto due o tre parlamentari, su 170. Solo alle ultime elezioni, i nostri gruppi parlamentari si sono rinnovati per il 70 per cento. A parte Antonio Tajani, con me dalla fondazione di Forza Italia, le figure apicali del nostro movimento – che sono in larga maggioranza donne – nel 1994 erano lontanissime dalla politica, anche per motivi generazionali”.

 

Presidente, che cos’è che l’ha delusa maggiormente in questi nove mesi di governo da parte del suo alleato? “Nessuna delusione perché non ci siamo mai fatti illusioni. Il governo gialloverde sta facendo l’opposto del programma del centrodestra, che ha ottenuto la maggioranza dei voti degli italiani, e che rimane anche oggi il solo programma possibile per fermare la crisi nella quale il paese si sta avvitando, dal fisco alla giustizia”. Se il governo resterà in piedi ancora a lungo, secondo lei in che modo la maggioranza andrà a sterilizzare i 52 miliardi di clausola di salvaguardia? “Con questa politica, fra poco saranno costretti a scegliere fra l’aumento dell’Iva per le clausole di salvaguardia, oppure la patrimoniale e altre misure fiscali feroci, per esempio sulla casa, secondo il modello francese. In entrambi i casi, un disastro per l’economia, un salasso per gli italiani, e tutto questo per finanziare spese improduttive e assistenziali come il reddito di cittadinanza”.

 

L’Italia, lo sappiamo, non è un paese razzista, ma possiamo dire che il governo ha scelto di giocare con troppa frequenza con la grammatica della xenofobia? “Le xenofobia è alimentata da parole d’ordine sbagliate ma soprattutto da 600.000 irregolari che vivono ai margini della legge nelle nostre periferie più degradate. E’ molto facile non essere razzisti se si abita in piazza di Spagna a Roma o in via della Spiga a Milano. E’ molto più difficile non esserlo quando nelle periferie si deve convivere ogni giorno con irregolari, costretti a delinquere. Spacciatori, prostitute, lavoro nero, campi rom fuori dalla legalità. Se rimpatriamo 5.000 irregolari ogni anno, come sta facendo il governo gialloverde, ci vorranno 120 anni per risolvere il problema”.

 

Che cosa ne pensa Berlusconi del Pd di Nicola Zingaretti? “Il fratello del Commissario Montalbano ha riportato il Pd alle sue origini: un partito di sinistra che contende gli elettori ai Cinque stelle e che è del tutto invotabile per un liberale o un riformista”. Facciamo un gioco: se fosse un calciatore, chi le ricorderebbe? “Più che un calciatore mi ricorda certi allenatori

Zingaretti mi ricorda certi allenatori chiamati a metà campionato per risollevare le sorti di una squadra destinata alla serie B

chiamati a metà campionato per cercare di risollevare le sorti di una squadra destinata alla serie B. Al loro arrivo ottengono un paio di vittorie, ma poi il declino continua inesorabile. Il Pd ha già ricominciato a scendere nei sondaggi”. In conclusione, presidente, che cosa insegna il disastro della Brexit alla classe dirigente politica italiana? “Ci sono almeno due insegnamenti importanti. Il primo è che la democrazia diretta non basta a governare una grande nazione, né a trovare soluzioni a problemi complessi. Il secondo è che non cambiare l’Europa è il modo perfetto per farla fallire. Ricordo un bellissimo discorso di una grande statista che mi onorò della sua amicizia, la signora Thatcher, ingiustamente accusata di antieuropeismo. Il premier britannico nel 1988 disse: ‘(costruire l’Europa) non richiede che il potere sia centralizzato a Bruxelles o le decisioni siano prese da una burocrazia designata. Noi in Gran Bretagna sappiamo che senza l’eredità delle idee politiche europee non avremmo potuto mai raggiungere i traguardi cui siamo giunti. Dal pensiero classico e medievale abbiamo preso in prestito il concetto di stato di diritto, che separa una società civile dalla barbarie. E sull’idea della cristianità – cristianità per molto tempo sinonimo di Europa – noi ancora basiamo la nostra fede nella libertà personale e negli altri diritti umani’. Credo che se tutti le avessimo dato ascolto, se avessimo costruito l’Europa su queste basi, oggi la Brexit non ci sarebbe”.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.