Guerini ci spiega perché il Pd deve puntare all'elettorato moderato
Il presidente del Copasir al Foglio (perché Zingaretti intenda): “Senza la cultura politica riformista il Pd non c’è più”
Roma. Lorenzo Guerini, deputato, presidente del Copasir e co-fondatore di “Base Riformista”, la componente del Pd che al congresso ha sostenuto Maurizio Martina, assiste all’evoluzione del suo partito a qualche settimana di distanza dalle primarie che hanno portato Nicola Zingaretti alla vittoria.
Il suo è un osservatorio privilegiato per capire gli umori dei democratici, visto che con oltre ottanta fra deputati e senatori l’area Guerini-Lotti governa di fatto il gruppo parlamentare del Pd. Le prossime settimane, a elezioni europee ultimate, diranno qualcosa sul futuro del centrosinistra, ma intanto si fa già un gran parlare di dialoghi e convergenze. Con il M5s, per esempio. Un esperimento – diciamo così – che a Guerini non piace. “La premessa da fare è che siamo impegnati in una battaglia elettorale importantissima, le Europee, e quindi come partito dobbiamo stare concentrati su quell’appuntamento. E’ importante non tanto per noi ma per l’Europa e per l’Italia che dalle elezioni emerga intorno al Pd una forte alternativa reale al governo Cinque stelle-Lega, un’alternativa che sia cioè in grado di contrastare i populismi che soffiano forte nel nostro paese e in tutta Europa”. Dunque, dice Guerini, “mi sembra singolare che si possa anche solo immaginare di avviare un confronto con il M5s, una forza che rappresenta la maggioranza relativa del governo, nei giorni in cui abbiamo presentato, sia alla Camera che al Senato, una mozione di sfiducia proprio contro quel governo”. E’ del tutto “evidente”, aggiunge, che “la mozione di sfiducia è un atto politico che implica un netto giudizio negativo nei confronti dell’esecutivo e delle forze che lo sostengono. Mi consenta la battuta: presentare la mozione di sfiducia e nel contempo aprire confronti e dialoghi mi sembrerebbe francamente un po’ schizofrenico. Ma non mi sembra che questo dibattito sia all’ordine del giorno del Pd. Insomma, “per me 5 stelle e Lega pari sono”. Rapporti con il M5s “non esistono e non possono esistere”. C’è però un tema di prospettiva per il Pd, dice Guerini. Solo che la prospettiva sembra essere diversa rispetto a quella immaginata da qualche suo compagno di viaggio. “Qual è la funzione storica di questo partito nel momento che stiamo vivendo? Essere il perno dell’alternativa politico-culturale alla deriva, contraddittoria e inefficace, del nazional-populismo rappresentato da M5s e Lega, che hanno speculato sulle difficoltà delle persone, sulle loro paure e sull’antipolitica. Noi dobbiamo essere un’alternativa forte e chiara a tutto ciò”. Peraltro, altrove si stanno aprendo spazi politici nell’elettorato, avendo la Lega ormai colonizzato gran parte del centrodestra. Basta leggere le interviste di alcuni esponenti di Forza Italia in questi giorni (una di ieri del Foglio a Gianfranco Miccichè) per capirlo, ma non solo. “La parte più moderata che tradizionalmente ha guidato il centrodestra si trova in profondo disagio rispetto alla fase politica attuale”, osserva Guerini. “Lo spostamento verso una destra sovranista, compiuto da Salvini, provoca un evidente disagio nell’elettorato centrista, come si capisce da tutte le recenti indagini demoscopiche. E’ chiaro che il Pd deve guardare a quell’elettorato moderato; non è nel nostro interesse, né credo in quello del paese, considerarlo perduto e consegnarlo ai Cinque stelle e alla Lega”. Due partiti uguali, dice Guerini, “al di là delle differenziazioni strumentali di questi giorni e che nascono dalla paura del M5s dei risultati delle prossime europee. Il contratto di governo e la loro alleanza sono stati costruiti in realtà su una base culturale comune”. Naturalmente, aggiunge il presidente del Copasir, un conto è cercare “alleanze con il M5s, impossibili e incomprensibili”, un altro conto è “parlare agli elettori che alle ultime elezioni hanno scelto i Cinque stelle e che oggi si vedono traditi”.
Insomma, dice Guerini, ci sono alcune cose sulle quali non si può transigere. Dal rapporto con il M5s alla riedizione della ditta. “Il Pd è casa mia, anzi senza la cultura politica che rappresentiamo noi, il Pd non c'è più. Se il Pd smette di essere la fusione tra storie e culture politiche differenti unite da una visione riformatrice per il paese, semplicemente smette di essere sé stesso. E il problema non sarebbero eventuali fuoriuscite, ma il fatto che non esisterebbe più il Pd. Mi spiego?”. Guerini aggiunge però che alcune dinamiche sono fisiologiche: “In tutti i partiti, dai democratici americani ad altre forze di sinistra in giro per l’Europa, ci sono dei cicli politici che si alternano. Ci sono momenti in cui la sinistra diventa più radicale, altri in cui prevale una visione più riformista. Ma ‘Base Riformista’ esiste anche per questo, per confermare piena cittadinanza e forza alla tradizioni cattolico-democratica e liberal-democratica del Pd. Se tutto questo non ci fosse più sarebbe un tragico errore, perché il Pd verrebbe superato e si aprirebbe una fase diversa”. In quel caso Guerini e i suoi si sentirebbero ancora a casa? “Io non ragionerei per ipotesi ma per fatti. Sinceramente non vedo simili intenzioni da parte di Zingaretti e per quanto mi riguarda, insieme a tanti altri, continuerò a lavorare perché quelle culture siano protagoniste oggi e domani nel Pd”.