Profughi e migranti in zona Porta Venezia, a Milano (foto LaPresse)

La sentenza di Bologna è solo l'inizio. La bomba del decreto Sicurezza deve ancora esplodere

Luca Gambardella

Dalla registrazione all'anagrafe alla protezione umanitaria. Il vicepresidente dell’Associazione per gli Studi giuridici sull’Immigrazione ci spiega perché il provvedimento di Salvini sarà smontato

Dopo l’ordinanza del tribunale di Firenze, ecco quella del tribunale di Bologna: il divieto di registrazione dei richiedenti asilo all’anagrafe, uno dei tasselli più contestati del decreto Sicurezza, è stato smontato ancora una volta, suscitando tutta l’irritazione di Matteo Salvini. “Una sentenza vergognosa – ha detto il ministro dell’Interno – Se qualche giudice vuole fare politica e cambiare le leggi per aiutare gli immigrati, lasci il tribunale e si candidi con la sinistra”.

 

Che il decreto voluto dal vicepremier leghista si reggesse su basi giuridiche troppo fragili era chiaro da mesi. Da Leoluca Orlando a Palermo, fino a Dario Nardella a Firenze, diversi sindaci italiani avevano sottolineato l’intento discriminatorio di alcuni articoli contenuti nel provvedimento. Ora anche il primo cittadino di Bologna esulta. “Saluto questa sentenza con soddisfazione, il Comune la applicherà senza opporsi”, ha scritto su Facebook Virginio Merola. Il Viminale incassa quella che potrebbe essere solo la prima di una lunga serie di sconfitte annunciate. “In questo caso il giudice ha deciso di non fare ricorso alla Consulta, ma mi aspetto che prima o poi qualche tribunale lo faccia, rimettendo in discussione la costituzionalità di altri articoli”, spiega al Foglio Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Associazione per gli Studi giuridici sull’Immigrazione. Nel caso di Bologna, infatti, il tribunale ha optato per una soluzione più morbida, proponendo una “lettura costituzionalmente orientata” dell’articolo 13 del decreto, quello che esclude dal registro anagrafico i richiedenti asilo. “Si tratta di un espediente che permette di salvare una norma, scritta comunque in modo volutamente ambiguo, e di applicarla trovando un compromesso nel rispetto della Costituzione, senza sollevare il caso davanti alla Corte costituzionale”, dice il vicepresidente dell’Asgi, associazione che ha curato il ricorso presentato da uno dei due richiedenti asilo al tribunale di Bologna. “Gli stranieri hanno il diritto-dovere di richiedere la registrazione all’anagrafe. E poi un decreto del 1998 impone che le iscrizioni all’anagrafe avvengano alle medesime condizioni sia per i cittadini italiani sia per gli stranieri che soggiornano regolarmente nel paese. Quindi, secondo il giudice, non serve un permesso di soggiorno. Prima del decreto un richiedente asilo non poteva registrarsi all’anagrafe in modo autonomo, ma era una competenza del responsabile del centro d’accoglienza dove viveva il cittadino straniero. Col decreto Sicurezza, invece, è il singolo a dovere fare richiesta al Comune, senza l’intervento di terze persone, ma deve essere in possesso del permesso di soggiorno. Il giudice ha rilevato questa incongruità”. Con l’ordinanza del tribunale di Bologna si è ribadito quanto aveva detto anche quello di Firenze: nel momento in cui si fa richiesta di asilo, il soggetto va considerato soggiornante nel paese in cui l’ha presentata e quindi deve essere iscritto all’anagrafe. “C’è un grande dibattito attorno all’interpretazione della norma – continua Schiavone – C’è anche chi, tra i giuristi, vede la decisione del tribunale di Bologna al limite, o chi mette in dubbio la sua costituzionalità. Ma su un punto sono tutti d’accordo: l’iscrizione all’anagrafe va fatta e il Viminale su questo ha torto comunque”. Tra gli aspetti più contestati della norma c’è anche la durata di tempo durante la quale il richiedente asilo, impossibilitato a chiedere la registrazione all’anagrafe, sarebbe stato privato indirettamente di altri diritti essenziali, come quello di aprire un conto corrente e quindi di trovare un lavoro. “Le richieste di asilo impiegano un lasso di tempo di 3 o 4 anni in media per essere valutate – dice il giurista – Significa che durante questo lungo periodo il richiedente asilo non avrebbe potuto beneficiare di diritti essenziali”.

 

Così il provvedimento cardine del ministro Salvini prosegue nella sua lenta agonia e, auspicano molti esperti, il suo impianto discriminatorio si svuoterà lentamente scontrandosi con la dura realtà dettata dalla Costituzione. “Questo provvedimento è stato pensato dal Viminale col chiaro intento di ostacolare l’inclusione sociale. Al momento sono già stati presentati ricorsi alla Consulta da parte di otto regioni italiane, sia per quanto riguarda l’abolizione della protezione umanitaria sia per l’eliminazione della residenza anagrafica”, ricorda Schiavone, che prevede un impatto dirompente per diverse altre norme contenute nel decreto Sicurezza e ancora rimaste inapplicate. “Molti articoli sono stati pensati per avere un forte impatto ideologico e propagandistico nell’immediato, ma la loro liceità sarà impossibile da sostenere nel medio e lungo periodo. Parlo per esempio della protezione umanitaria. Oggi le commissioni territoriali devono ancora finire di valutare i casi antecedenti al decreto (che risale al 4 ottobre 2018, ndr). Ma quando ci si troverà a prendere in considerazione le domande di asilo successive a quella data, dovendo applicare le misure restrittive previste da Salvini, allora inizieranno problemi dirompenti per il Viminale e deflagrerà la bomba”.

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.