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Le affinità parlamentari tra M5s e Pd

Valerio Valentini

Rai, autonomia, sblocca cantieri: tutte le volte che in Aula e in commissione i due partiti complottano contro la Lega

Roma. Che ci sia davvero una strategia, dietro al cambio di atteggiamento, è ancora presto per dirlo. “Diciamo semmai che non ci considerano più indegni di una stretta di mano, e ogni tanto cominciano a cercarci, anche se in maniera abbastanza scoordinata”, dice Enrico Borghi, renziano del Pd, che insieme ad altri colleghi della commissione Difesa giovedì scorso, al quarto piano di Montecitorio, s’è visto avvicinare dai deputati dal presidente grillino Gianluca Rizzo e dal suo compagno di partito Giovanni Aresta, in cerca di un aiuto su una questione, quella della rappresentanza sindacale nelle Forze armate, fortemente volute dal M5s, ma assai osteggiata, oltreché dalla Lega, da larga parte delle gerarchie militari.

 

E non è stato un caso isolato, visto che due giorni prima, durante la riunione della Vigilanza Rai che discuteva del doppio incarico di Marcello Foa, il grillino Primo Di Nicola, che pure nulla aveva avuto da ridire a metà gennaio, quando la polemica deflagrò, ha di fatto lasciato intendere a Michele Anzaldi e Davide Faraone che sì, se il gruppo del Pd avesse chiesto di votare una risoluzione contro Foa, presidente in quota Lega sia di Rai sia di RaiCom, il M5s avrebbe sostenuto, come poi è stato, l’iniziativa.

 

 

   

Prove tecniche di un’intesa che mai ci sarà, probabilmente, ma che pure Luigi Di Maio ha bisogno di additare come credibile, per dissuadere Matteo Salvini dalla tentazione della rottura all’indomani del 26 maggio. Irritare l’alleato nelle sue paure più ricorrenti, prefigurare la palude parlamentare che dal 2008 in poi rende impensabile qualsiasi fine anticipata di legislatura, lasciare intendere, insomma, che se davvero la Lega volesse provocare la crisi di governo, dopo le europee, una maggioranza alternativa sarebbe facile da costruire intorno a quell’asse sbilenco che unisce M5s e Pd. Questo, in sostanza, è ciò che lo stato maggiore grillino vuole ottenere, ben sapendo che l’indomito Salvini più d’ogni altra cosa teme di finire “nella trappola di Mattarella”: un’immagine che il “Capitano”, dicono i suoi confidenti, ossessivamente evoca per respingere le esortazioni con cui tutti i colonnelli leghisti lo invitano a porre fine all’agonia del cambiamento.

  

 

E allora ecco che il cercare nel Pd una sponda finora ripudiata diventa prezioso per fare ostruzionismo nei confronti di un alleato sempre arrembante, nelle trattative parlamentari. E così, sullo “sblocca cantieri” la sostanziale sintonia di buona parte degli emendamenti presentati dal gruppo del M5s con quello dei democratici è saltata all’occhio subito, a chi segue il dossier. E anche ai distratti è divenuta evidente quando il relatore grillino del provvedimento, Agostino Santillo, su indicazione del capogruppo Stefano Patuanelli è andato a discutere col gruppo del Pd di alcune proposte che accogliessero le raccomandazioni alla cautela fatte dall’Anac di Raffaele Cantone. E così, nel tentativo di fermare quella che la grillina Lucia Azzollina definisce “l’insopportabile propaganda leghista su grembiuli e educazione civica”, i deputati del M5s sono arrivati perfino a rivalutare la tanto bistrattata Buona scuola. “Non tutto è da buttare”, dice Azzollina, in predicato di venire scelta quale responsabile del settore Istruzione del suo partito, “e del resto non è un mistero che sulla scuola ci sia spesso una maggiore sintonia col Pd, che non con la Lega. Basta pensare all’autonomia”.

 

L’autonomia, appunto. “Se fossi nei grillini, cercherei una convergenza con gli altri gruppi, per correggere il disegno leghista”, diceva giorni fa Fabio Rampelli, braccio destro di Giorgia Meloni. E i grillini devono avere recepito il consiglio, a giudicare dalla fermezza con cui Vincenzo Presutto, senatore campano del M5s a cui il suo gruppo ha delegato la supervisione sulle manovre parlamentari legate all’autonomia, afferma che “trattandosi di una riforma così impattante, sarebbe bene lavorare per approvarla con una maggioranza parlamentare molto ampia, al di là del perimetro gialloverde, come avviene per le modifiche costituzionali”. Che è in fondo un modo, pure questo, di ipotizzare geometrie variabili. La deterrenza grillina nei confronti di Salvini, passa anche da qui.

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