Matteo Salvini e Danilo Toninelli (foto LaPresse)

La commedia dell'assurdo della Sea Watch 3

Luca Gambardella

Sullo sbarco dei migranti a Lampedusa Salvini ce l'ha con tutti, da Toninelli alla magistratura. La loro colpa? Hanno applicato la legge

Da Lampedusa agli studi televisivi di Massimo Giletti, l’ultimo capitolo della saga della Sea Watch 3 somiglia tanto a una commedia dell’assurdo. C’è il ministro dell’Interno Matteo Salvini che ripete che i porti sono chiusi ai migranti, ed è falso, e che si lamenta col collega di governo, il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, di avere improvvisamente aperto i porti, che però erano già aperti.

 

Il ministro dell’Interno è arrabbiatissimo perché qualcuno ha applicato le norme che proprio lui, per primo, voleva applicare. Salvini allora se la prende anche con il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio, che ha autorizzato lo sbarco a Lampedusa dei 47 migranti da giorni a bordo della nave umanitaria Sea Watch 3. Quanto avvenuto è inammissibile e il pm è colpevole, dice il titolare del Viminale senza rendersi conto di innescare così una sceneggiatura grottesca, se non fosse che sullo sfondo restano le vite disperate di qualche decina di persone. E quindi il pm, dice Salvini, è colpevole di volere applicare una misura restrittiva voluta, per inciso, proprio dal ministro dell’Interno. Strano, verrebbe da pensare, perché il Viminale sembra tenerci proprio a sequestrare le navi delle ong e ad applicare quanto previsto nelle tante direttive spedite in questi mesi a chi difende le frontiere italiane, dalla Guardia costiera ai carabinieri alla Guardia di Finanza.

 

Ma in tv, ospite della trasmissione di Massimo Giletti, il ministro fa capire, rosso dalla rabbia, che quello della procura è stato solo un trucco, un espediente usato dalla magistratura politicizzata per fare sbarcare tutti. Interviene allora l’alleato, Luigi Di Maio, che non vedeva l’ora di sollevare anche lui un po’ di polvere e di fare notare a tutti la contraddizione in cui era caduto Salvini. Così Di Maio invita Salvini alla calma, che c’è una spiegazione a tutto: “Si legga le leggi, quando c'è un sequestro è obbligatorio far scendere le persone". Ma per Salvini è un attacco personale, altro che leggi. E’ anche questo favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, avvisa il capo del Viminale. E allora verrebbe da chiedersi se anche il procuratore preferito del ministro, quello di Catania Carmelo Zuccaro, quello che vedeva ovunque rapporti illeciti tra ong e criminalità senza averne le prove, ha favorito l’immigrazione clandestina quando la settimana scorsa ha archiviato le accuse sui cosiddetti “taxi del mare”.

 

Secondo il ministro dell’Interno, i migranti dovevano restare al largo, in mezzo al mare per un tempo indefinito. Ma allora come si sarebbe potuto procedere al sequestro della nave? E gli inquirenti come avrebbero potuto svolgere le loro indagini? Non si sa. Le direttive emanate dal ministro dicono che bisogna fare la guerra alle ong, ma evidentemente non così – realizza ora Salvini – visto che i migranti sbarcano lo stesso. E’ un bel dilemma, una commedia piena di paradossi. Al ministro non resta che accusare il procuratore Patronaggio: “Se vuole fare politica si candidi”, dice. Perché la scelta è evidentemente politica, secondo il Viminale. Ma forse no, se si guarda meglio ai fatti. Il pm ha ipotizzato un reato a carico della nave dell’ong, quello di violazione dell’articolo 12 del Testo Unico sull’immigrazione. E per verificarlo vuole interrogare il comandante, ha bisogno di raccogliere le prove, deve ispezionare l’imbarcazione e, quindi, non deve esserci nessuno a bordo. Per questo ha fatto sbarcare i migranti.

  

La politica sembra non entrarci nulla. E invece no, attacca ancora il ministro dell’Interno, perché “la magistratura impone la sua legge”. Già, la legge. L’Anm interviene per difendere il procuratore di Agrigento e ricorda a tutti la Costituzione: “Agiamo in nome del popolo italiano non secondo investitura elettorale, ma in forza di una legittimazione tecnica, fortemente voluta e perseguita dai costituenti”. E allora, che non sia colpa dei padri costituenti se in Italia c’è ancora qualcuno che questa legge si permette di applicarla.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.