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Borghi e Bagnai, i soliti ignoti no euro

Luciano Capone

L’ambigua strategia della Lega sull’Eurexit mostra i suoi limiti logici e politici

Roma. L’uscita dall’euro è il fiume carsico dell’identità politica della Lega: scorre anche quando nessuno lo vede e ogni tanto riemerge in superficie. La posizione ambigua della dirigenza salviniana sul tema è ben descritta da un dialogo su Twitter tra il responsabile economico del partito, Claudio Borghi, e alcuni militanti che si sentono traditi dall’abbandono dell’Italexit: “Cerchiamo solo di scuotere la fazione della Lega che abbiamo votato per incitarla a richiedere la loro fetta di contratto: Minibot e abolizione del pareggio di bilancio”, dice l’utente. “Voi non scuotete proprio un cazzo. State solo a tirarmi la giacca mentre sto prendendo la mira. Immaginate l’utilità. Ma con che coraggio uno può credere che io abbia bisogno di essere ‘scosso’?”, risponde Borghi. Allora un altro militante della falange no euro lo incita con un messaggio in codice (ma non troppo): “Affili con calma le armi all’interno del cavallo, non appena i Troiani il 26 maggio l’avranno portato all’interno delle mura di Ilio, scateni l’inferno”. A quel punto Borghi sbotta, perché così viene svelato il piano segreto: “I geni col megafono: OOOOHHH ALLORAAAA COSA FATE NEL CAVALLOOOO NON SIETE ANCORA USCITIIII”.

 

Insomma, il presidente della commissione Bilancio – con una visibilità infinitamente superiore – rimprovera, pubblicamente e dall’interno del “cavallo di Bruxelles”, l’utente “@maxhorses1” per aver rivelato che la milizia leghista è nel cavallo. Ma non finisce qui, perché nella conversazione si inserisce Alberto Bagnai – l’altro presidente di commissione leghista e leader no euro – che difende, sempre su Twitter, la strategia segreta di Borghi: “Secondo lui dovresti bruciarti come quel venduto di Varoufakis”. E’ evidente che più che Ulisse e Neottolemo, i due condottieri della Lega sembrano Capannelle e Ferribotte de “I soliti ignoti”. Ed è altrettanto evidente che con strateghi del genere Ilio, ovvero Bruxelles, può stare tranquilla, mentre chi dovrebbe preoccuparsi sul serio sono gli Achei, ovvero gli italiani.

 

In ogni caso rispetto all’uscita dall’euro la Lega ha un atteggiamento così ambiguo che non si capisce se stia prendendo in giro gli elettori no euro (fingendo di preparare l’uscita di nascosto) oppure tutti gli altri (preparandola davvero). Questo rompicapo emergeva già in un post di qualche mese fa di Bagnai, in cui la Guida suprema dei no euro lanciava dal suo sacro blog una fatwa contro gli eretici “tuttosubitisti” che pretendono l’uscita immediata (ciò che è stato loro promesso per anni). E invece non è possibile, spiegava Bagnai, l’obiettivo è rinviato perché “non è nel contratto di governo per i noti motivi”: “la Lega alle politiche ha preso il 18 per cento, secondo i sondaggi ha il 32, ma per governare da soli serve il 51”. C’è però un dubbio: da un lato per ottenere la maggioranza assoluta la Lega deve convincere gli elettori con una proposta di Eurexit, dall’altro non può parlarne perché “non è nel contratto di governo” e perché poi lo spread si impenna. E quindi o non può convincere in maniera trasparente i cittadini, o deve tradirli attraverso un piano occulto.

 

Le elezioni europee sarebbero il palcoscenico ideale per parlare di Eurexit. Nel 2013 i tre moschettieri no euro – Bagnai, Borghi e Rinaldi (ora candidato con la Lega) – lanciarono il “Manifesto di solidarietà europea” che proponeva “una segmentazione controllata dell’Eurozona”: non un’uscita in solitaria, ma una separazione consensuale (una proposta perfetta per le europee). E nel 2014, per le europee, Borghi pubblicò il manualetto “Basta euro” con prefazione di Matteo Salvini. Stavolta sul tema la Lega non indica una linea, ma allude alla presenza dei suoi “soliti ignoti” in un cavallo. Resta il dilemma: prende in giro i propri elettori o tutti i cittadini?

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali