Il Terni al Lotto del 26 maggio
Lo stato di salute dell’opposizione, l’espansione della Lega, la rabbia degli elettori e le altre elezioni. Viaggio a Terni, città chiave per capire il nuovo bipolarismo italiano
Terni. Via Eugenio Chiesa, circolo del Pd Ludovico Montani. Una targa con la falce, il martello e la scritta “Partito Comunista Italiano sezione 7 novembre” ricorda antiche origini. Una bacheca e un foglio stampato hanno radici più contemporanee: “Il ministro Matteo Salvini vuole ripristinare la leva militare obbligatoria. Tu giovane cosa ne pensi? Noi del Pd diciamo no”. “Così diventano cojoni come voi”, ha aggiunto a penna un’anonima mano.
Viene facile, oggi, nella Terni un tempo culturalmente operaista – ma che già negli anni Novanta fu governata dal professor Gianfranco Ciaurro, tessera numero tre di Forza Italia – far ricorso allo sberleffo contro gli ex governanti. Qua la sinistra ha perso tutto. Ha perso le elezioni nel 2018 – dopo il dissesto del Comune e un breve commissariamento – e il contatto con se stessa. Nel frattempo è arrivata la Lega. Ventinove per cento alle elezioni del 2018, pari a 14.667 voti. A Forza Italia appena il 9,25 per cento (4.667 voti). Il Pd non è nemmeno andato al ballottaggio; ad affrontarsi sono stati Leonardo Latini, attuale sindaco di centrodestra, avvocato alla prima esperienza in una carica elettiva, e Thomas De Luca del M5s, che viene da sinistra (coté Rifondazione Comunista, il padre era socialista).
Alessandro Portelli: “Oggi la gente che prima era incazzata e votava Pci, adesso è ancora incazzata e vota Lega”
Antonio Alunni: “Si è finalmente rotta un’appartenenza a prescindere. La politica torni a essere pesata per quel che fa”
Non è la prima volta per un partito non di sinistra, come detto, perché sull’onda di Tangentopoli arrivò il professor Ciaurro, che vinse le elezioni nel 1993, poi fu rieletto nel 1997 e governò fino al 1999. Altri tempi. La Lega ancora non era scesa da queste parti, adesso invece c’è. O meglio, c’è un elettorato che la vota; che ci sia anche la classe dirigente è un altro discorso. Emanuele Fiorini, ex operaio alle acciaierie AST, fondatore della Lega in Umbria, consigliere leghista più votato a Terni e consigliere regionale, ha lasciato il suo partito a marzo di quest’anno. Il sindaco viene dalla tradizione post-missina e ha vivaci simpatie per la destra. La Lega è stata commissariata a gennaio, a guidarla c’è la deputata Barbara Saltamartini, che in certi casi risponde alle critiche dell’opposizione al posto del sindaco, ragion per la quale il centrosinistra dice che il commissariamento è stato esteso anche alla giunta. L’assessore più fattivo “e pragmatico”, gli riconoscono gli avversari, è quello ai lavori pubblici, Enrico Melasecche, ma negli anni Novanta era di Forza Italia poi è passato all’Udc nei Duemila e ora è della Lega ma difficilmente uno lo inquadrerebbe come leghista doc. Insomma la Lega in Umbria ha un problema di classe dirigente, ma nonostante questi limiti, è riuscita ad affermarsi laddove un tempo neppure esisteva (e vediamo quanto prenderà alle elezioni europee di domenica prossima, per non parlare degli oltre sessanta comuni al voto in Umbria, tra cui una ventina proprio nel Ternano).
Terni come l’ex progressista Pisa, dunque. Come è accaduto? “Ci sono due elementi da tenere in considerazione”, dice al Foglio Alessandro Portelli, storico e autore di “La città dell’acciaio. Due secoli di storia operaia” (Donzelli). “Uno è il cambiamento radicale della composizione sociale. A Terni le acciaierie occupavano 15-20 mila persone, più l’indotto, oggi la presenza operaia si è ridotta notevolmente, anche perché la composizione stessa della forza-lavoro è molto più frammentata rispetto a un tempo. Oggi si lavora molto in subappalto. L’altro elemento riguarda i rapporti di forza; sono state combattute da parte del sindacato grandi battaglie difensive, ma tutte si sono concluse, nel migliore dei casi, con un compromesso”. I sindacati, insomma, come i partiti tradizionali, hanno perso capacità di rappresentanza. “Ma la vittoria della Lega non arriva all’improvviso. C’è da tenere conto del clima nazionale; già dal 2004 al 2008, quando svolgevo alcuni progetti di ricerca a Terni, registravo sentimenti ostili nei confronti degli immigrati”. Quindi, spiega Portelli, “direi che le cause sono molteplici: l’ondata nazionale della Lega, un aggravio delle responsabilità della sinistra politica e un senso di disillusione da parte della componente operaia nei confronti della sua rappresentanza. Quando ci furono le grandi battaglie sindacali, tra il 2004 e il 2007, tra tutte le persone che intervistai non sentii nessuno fare riferimento ai partiti politici della sinistra; non che fossero di destra, queste persone, ma i partiti di sinistra erano diventati irrilevanti”.
Questo sentimento di disillusione è molto forte nei romanzi di Eugenio Raspi, ex operaio delle acciaierie diventato scrittore, che per Baldini & Castoldi ha pubblicato “Inox”. “Alla crisi generale della sinistra si sono aggiunti problemi specifici in tutta l’Umbria”, aggiunge Portelli. Problemi che continuano come dimostra la vicenda di Catiuscia Marini, costretta alle dimissioni da presidente della regione. Terni stessa è stata commissariata prima delle elezioni del 2018 per il buco del Comune. Di nuovo: le cose non accadono per caso. “Aggiungerei un altro elemento più generale: comunismo e socialismo erano visioni del futuro, immaginavano una società del futuro. Oggi tutto questo non esiste più; neanche il miglior riformismo ti parla di un’altra società possibile, semplicemente cerca di rendere più vivibile quella attuale. Questo a Terni si vede molto bene. Nelle grandi lotte del 2004-2005 e ancora nel 2014, quando gli operai fecero il più lungo sciopero della storia, due mesi e mezzo di blocchi, le azione erano le stesse degli scioperi di cinquant’anni prima, ma gli slogan e i discorsi erano diversi: negli anni ’50 la lotta contro i licenziamenti era vista come un passo verso una società futura, oggi di futuro non si parla e le lotte sono solo una eroica battaglia per sopravvivere; questo significa che le forze che un tempo lo rappresentavano oggi non lo fanno più”.
La biblioteca all'interno del Circolo Lavoratori Terni (foto David Allegranti)
Per capire che fine abbia fatto quell’ansia di futuro e chi oggi cerchi di dare rappresentanza a quel malessere, bisogna farsi un giro alla mensa dell’AST, dove trovare un operaio che vota Pd è un’impresa. “Il voto per la Lega è stata una reazione, dopo tanto tempo. C’era bisogno di cambiare”, dice Riccardo, tuta blu e passo svelto. “La sinistra ha disatteso le aspettative quando ha governato, con il jobs act e l’abolizione dell’articolo 18. Non dico che dovesse aumentare le tutele per i lavoratori, quantomeno mantenerle sì. La sinistra non ha fatto la sinistra”, aggiunge Gianni. “Io ho sempre votato Rifondazione e voterò per sempre Rifondazione”, dice Roberto, secondo cui la tv ha fatto un sacco di danni ma pure le divisioni a sinistra non hanno aiutato: “Anziché fare un partito solo, a sinistra fanno 50 partiti e tutti dal 2 per cento. Ci credo poi che non si vince!”, dice prima di montare su una vecchia Panda. Paolo inforca la bicicletta e va in controtendenza dicendo che “votare per la Lega è una moda, come è stato votare per il M5s ma anche quella è passata. Le persone sono credulone, basta che arrivi uno con un minimo di credibilità e lo votano. Certo, la sinistra a Terni ha responsabilità grandissime. Anziché rimettersi in gioco, s’è accontentata dei successi di un tempo”. Michele ha votato 5 stelle “per il cambiamento, sono tutti politici giovani. La Lega prende voti perché qua ci sono un sacco di immigrati e su 10 solo il 2 per cento si comporta bene”. In realtà – dati del 2017 dell’ufficio statistica del Comune – gli stranieri sono 13.191 su 111.189, pari all’11,8 per cento, poco sopra la media nazionale. Michele corrobora la sua tesi ricordando un episodio tragicamente noto a Terni: l’omicidio di un ventisettenne, David Raggi, ucciso da un marocchino con un collo di bottiglia nel 2015. “Ci sono stati alcuni episodi che sono stati utilizzati, come l’omicidio di questo ragazzo avvenuto in una delle piazze della movida”, dice al Foglio Attilio Romanelli, segretario della Cgil di Terni, studi in filosofia a Siena, seduto al tavolo del suo ufficio. “La Lega è stata bravissima sulla pars destruens, ma è sulla costruens che hanno qualche difficoltà oggettiva. C’è un problema di classe dirigente a livello regionale e cittadino. Hanno riciclato personaggi da altre esperienze e i nuovi innesti, quelli provenienti dalla società civile, hanno difficoltà a far funzionare la macchina pubblica, che è complessa”. I problemi per l’amministrazione di centrodestra ternana non sono mancati in questi mesi. A marzo l’assessore al bilancio Fabrizio Dominici è stato cacciato dopo aver perso una battaglia interna al centrodestra. Otto consiglieri comunali, un ex consigliere e un assessore sono stati rinviati a giudizio per falso (l’accusa è di aver aver dichiarato e autocertificato di non aver debiti verso l’amministrazione comunale, mentre invece erano morosi; quattro di loro però sono stati assolti martedì scorso).
“Qual è l’idea di visione per il futuro della città? Io non la vedo”, dice Romanelli. Nel primo anno di amministrazione il centrodestra ha inaugurato progetti e lavori avviati dalla precedente giunta, che erano stati calcolati proprio per essere esibiti nella campagna elettorale che si sarebbe dovuta concludere adesso (Terni sarebbe dovuta andare al voto in questa tornata elettorale). A beneficiarne, però, è stata l’amministrazione guidata dalla Lega. “Qui non ha vinto la Lega, ha vinto Salvini”, dice al Foglio Valdimiro Orsini, ex operaio dell’AST, uno dei tre consiglieri comunali superstiti del Pd e autore dell’esposto dal quale sono partite le indagini per i consiglieri del centrodestra indagati. “In campagna elettorale il segretario della Lega è venuto tre volte a parlare non dei temi della città o del pre-dissesto. Non ha parlato insomma dei fenomeni di inquinamento o degli inceneritori, ma di temi di carattere nazionale, come i suoi cavalli di battaglia: sicurezza e immigrazione”. Eppure qua i problemi locali non mancano. “Tutto qui è legato alla grande fabbrica: è andata in crisi la grande fabbrica è andato in crisi tutto. Il polo siderurgico e il polo chimico stanno vivendo una crisi pesante, qui c’è poco spazio per il futuro dei giovani. Quindi quei cittadini che vivono nei quartieri popolari, i cui figli magari non lavorano, hanno deciso di cambiare dando fiducia alla Lega, un partito ‘nuovo’ che poteva dare una prospettiva su questi problemi”, dice Orsini. Per sfuggire alla crisi, la città ha provato a inventarsi nuove vie, “negli anni Novanta si tentò un nuovo modello di sviluppo, con gli studios di Papigno”, frazione di Terni dove Roberto Benigni ha girato “La vita è bella” e “Pinocchio”, e il centro multimediale, “ma alla fine ci siamo resi conto che è stato un flop. Quei contenitori sono inutilizzati da 10 anni”.
Attilio Romanelli è convinto che non sia stato il dissesto del Comune a pesare di più sulla sconfitta, perché la “connessione sentimentale” fra sinistra e città era finita da tempo. “Più che per il dissesto, la frattura che si è determinata rispetto alle tradizioni storiche della sinistra ternana è stata la separazione pesantissima fra il comune e la città. Non è un caso che nelle periferie, dove è presente o meglio era presente una forte espressione elettorale di consenso alla sinistra, c’è stato il crollo. Borgo Bovio, Borgo Rivo, Cospea San Giovanni. Questi tre quartieri danno l’idea di che cosa è avvenuto in quella rottura che c’è stata tra popolo della sinistra e amministratori”. I numeri lo confermano. Il candidato di centrodestra nelle famose periferie è andato fortissimo. In alcune sezioni di Borgo Bovio, l’attuale sindaco ha preso il 48,4 per cento e 52,9 per cento (un po’ meno la Lega come lista: 30,8 e 31,8, segno che c’è stato molto voto disgiunto). “Gli errori – dice Romanelli – sono tutti imputabili alla sinistra in questi anni. Un tempo Terni era la Milano del centro sud, poi le cose sono molto cambiate e la sinistra non ha colto le sofferenze della crisi economica, non è un caso che si prende voti nei quartieri centrali della città e si perde nelle periferie. C’è insomma un partito della Ztl anche a Terni. E la Lega interpreta questo disagio trasformandolo in iniziativa politica”.
Attilio Romanelli: “Più che per il dissesto, la frattura c’è stata per la separazione pesantissima fra il comune e la città”
Non è però tutto oro quel che luccica. Il consigliere più votato, un ex operaio, ha lasciato la Lega, il partito è stato commissariato
Gli imprenditori, in una città che ha la maggior concentrazione di multinazionali d’Italia in rapporto alla popolazione (17), osservano il “governo del cambiamento” ternano con grande attenzione. “La Lega è stata vista come un’alternativa di cambiamento credibile. Sa, le cose avvengono anche per motivi semplici”, dice al Foglio Antonio Alunni, presidente di Confindustria Umbria e ternano (è amministratore unico della Fucine Umbre, azienda produttrice di componenti stampanti a caldo). “Per noi è importante che Terni ritrovi un disegno di medio-lungo periodo e quella serenità non conflittuale continua che ha paralizzato le scelte, che non possono essere solo della maggioranza, al di là di qual è la maggioranza. Non si può andare avanti solo con la conta. C’è bisogno di una sintesi politica che faccia sì che tutto il corpo sociale si possa sentire quanto più coinvolto in un disegno. Dunque, il cambiamento lo salutiamo in modo positivo se mette all’ordine del giorno questo aspetto metodologico, che adesso stiamo misurando. D’altronde il centrodestra qui è da poco tempo al lavoro”. Alunni ecumenicamente sottolinea quanto la “concordia” tra maggioranza e opposizione sia importante dopo un periodo non facile per la città, così come quella fra popolazione e le sue industrie, spesso al centro di critiche per questioni ambientali (il tema dell’inquinamento a Terni è stato più di una volta oggetto di indagini giornalistiche). “L’industria è sempre vista come da sopportare più che da supportare. Lo dico con dispiacere. Tuttora registriamo da parte della comunità della città una sorta di spirito critico a prescindere su questa presenza, che però ha rappresentato la modernità e lo sviluppo economico non solo di Terni ma di tutta l’Umbria e di un pezzo del paese. E’ importante che si continui così”. Senta presidente Alunni, ma com’è che si diventa leghisti a Terni? C’è un problema di immigrazione? “Penso che ci sia come dappertutto. Io per metà sono italiano, per l’altra metà caldeo, ma mi sento pienamente italiano. La multietnicità è un valore nella legalità. La Lega va a toccare dei temi che sono molto vivi e per i quali la popolazione è molto sensibile. Se poi mi chiede ‘Terni è meno sicura’? Le dico di no. Però la percezione della sicurezza è anche fatta di elementi intangibili. Tutti si sentono meno sicuri nel momento in cui c’è l’economia debole, c’è crisi e c’è un momento di non occupazione piena”. Ad Alunni non dispiace che un modello politico che governava da anni l’Umbria sia entrato in crisi. “Le regioni rosse hanno avuto alla base un’idea della politica molto forte, molto ‘a prescindere’. E tutte le cose ‘molto a prescindere’ cambiano facilmente verso, perché sono assolute. Gli assolutismi portano a un cambio di posizione più rapido rispetto a una predisposizione politica più moderata. Questo blocco, in Umbria, s’è spezzato e mi permetta di dire che da democratico quale sono, considero un valore positivo che non ci sia più un’appartenenza a prescindere, che si è finalmente rotta. Significa che nel medio-lungo periodo si torna a pesare la politica per i progetti e per i risultati che porta. La politica dovrebbe tornare a essere questo: essere pesati per quello che si fa e non si fa”.
Resta da capire perché, una volta spezzato il blocco e finito l’incanto, poi sia la Lega a guadagnare quei consensi che un tempo andavano a sinistra. “Ecco, questo è ancora da capire”, riprende lo storico Alessandro Portelli. “Ho l’impressione che quando scivoli vai fino in fondo. Forse pesa l’elemento dell’estremismo. Non è un caso che negli Stati Uniti gli elettori operai non fossero incerti fra Clinton e Trump, ma fra Sanders e Trump. Quando non ti riconosci nello stato di cose esistenti, passi da un’alternativa all’altra”. E qui per alternativa si intende proprio da un estremo all’altro. “La Lega ha un argomento forte, falso ma forte, secondo cui è tutta colpa degli immigrati. Lo hanno alimentato anche a Terni, che francamente è una delle città più tranquille d’Italia. Dall’altro lato, è venuta meno la funzione didattica della sinistra. Il Pci insegnava che il razzismo era una brutta cosa, che la solidarietà è meglio della competizione. Competizione che oggi è invece fortissima tra gli operai, per ottenere piccolissimi vantaggi. Tutti, sinistra, socialisti – finché aveva senso questa parola – e anche la stessa Democrazia Cristiana, hanno sempre avuto un’etica solidaristica. Un insegnamento prezioso scomparso con queste forze. Quindi, per semplificare molto, oggi la gente che prima era incazzata e votava Pci, adesso è ancora incazzata e vota Lega. D’altronde, il Pd ha fatto di tutto per identificarsi come partito istituzionale e come establishment. Ci è riuscito. Anche a Terni è percepito come il partito di quelli che comandano e se tu, elettore, senti di non avere il potere, non voti per quelli che si identificano con il potere. Quindi a un certo punto le persone hanno deciso di cambiare, di provare qualcosa di nuovo. La Lega, pur essendo il partito più antico d’Italia, qui è considerata una novità”. Insomma, sintetizza il consigliere Valdimiro Orsini, “abbiamo perso per la crisi economica. Gli operai in larga parte hanno votato per Lega e M5s. L’altra volta per i Cinque stelle, stavolta per Salvini. La sinistra, invece, non ha fatto la sinistra. Nemmeno a livello nazionale. Si dà spesso la colpa a Renzi, ma i problemi c’erano già prima. Già dal Pd di Bersani”. Insomma, un certo modello è finito, anche in Umbria? “Sì, è finito. Ma il modello alternativo, quello della Lega, qual è? La gente ha risposto di pancia, c’era bisogno di liberarsi. Ma poi?”. Già, ma poi? A furia di votare di pancia, si rischia di ottenere soprattutto qualche effetto digestivo.