Governo Truce-La Malfa
Liberalizzare gli appalti è un po’ come mettere Palamara al posto di Cantone. Pazzia, ma è un’idea: ce ne sono altre?
Per il governo in deficit del governo Salvini-La Malfa, con il macroeconomista del Fmi Blanchard all’Economia, flat tax no Iva e ancora un condono pacificatore, e come ha detto a Trento il superkeynesiano “chissenefrega del debito”, ho qualche dubbio bocconiano, e i mercati alzano il sopracciglio, ma non mi scandalizzo. Per anni, quando era più che possibile e allo strumento ricorrevano francesi e tedeschi, abbiamo qui sostenuto il governo in deficit. Il che certo ci mette in conflitto con l’agenda Giavazzi e la lettera della Bce, manifesti di cui pure siamo stati e siamo militanti fervorosi, ma come scritto ieri non si può avere tutto nella vita: io vorrei Carlo Bonomi al Quirinale o a Palazzo Chigi, ma lui ha da lavorare in Lombardia. Se i capitalisti e gli economisti vanno con il Truce, fascismo e antifascismo sono fottuti. Ieri vi avevamo avvertiti: la City tifa Truce, e l’America pure, e Putin di rincalzo. Questa storia della liberalizzazione degli appalti, primo atto di rilancio degli investimenti produttivi in infrastrutture, diciamo così, ha però un lato in ombra: è come mettere Palamara al posto di Cantone, che è pur sempre una scelta politica. Non so i miei amici bocconiani, certo i grillini non si opporranno. Il partito dell’onestà-tà-tà vorrà ben raccogliere il frutto della sua lunga predicazione: hanno dimezzato i vitalizi e intaccato le pensioni del ceto medio, distribuendo mance e ricevendone in cambio risposte scortesi, ora triplichino tranquilli il libero sistema degli appalti, con o senza le cautele della licitazione privata.
Quando distribuivano soldi a gratis, disoccupazione e pensione, i gialloverdi erano grotteschi e basta; ma i mercati hanno tardato a punirli, ’sti infami, e gli elettori di Strasburgo hanno fatto metà del lavoro di castigamatti, solo metà. Ora che rinunciano a incassare, e vogliono spendere quello che non hanno in grandi e piccole opere, nel bel paese dove dopo il voto finalmente il sì suona, sempre grotteschi risultano, keynesiani a parte, ma chissà, forse in una direzione giusta. I mercati generosi non resteranno per sempre impuniti. Ho idea che anche la deregolamentazione, vecchio sogno reaganiano e incubo trumpiano, faccia parte del gioco. Dobbiamo aspettarci buchi, finanziari e montani, trivellazioni, costruzioni, quand le bâtiment va, tout va, occupazione, produttività, fiducia, finalmente un po’ di cementificazione, Italia eccezione giapponese in Europa. L’austerità è per i greci e per i tedeschi, che ci hanno guadagnato, non per i romani, che si sono sempre occupati di diritto.
Ma c’era una volta il partito del nord, e c’era il partito del pil, addirittura. Repubblica è in clandestinità, ma il Corrierone vorrà dire la sua, immagino. A sentire Carlo Bonomi veicolato dal direttore qui ieri, e Visco, e i tassi, e Lady Spread, quella del governo Truce-La Malfa non è una via praticabile. Certo bisogna osservare che col casino che c’è in giro non si può affidare la difesa dei famosi valori alle lettere da Bruxelles o non solo alle lettere e alle multe. Che l’Italia sia in flagrante infrazione si era capito da un anno e mezzo. Che il costo della medesima sia alto, ce ne siamo accorti. Ma anche a sinistra occorre si facciano venire un’idea: per ora a Trento ha parlato in modo che si sentisse il solo Blanchard, salvinien.