Salvini dice che i migranti devono sbarcare a Tripoli. Sea Watch: "Non è porto sicuro"
"Siamo obbligati a rispettare le leggi", è la risposta dell'ong al ministro dell'Interno, che sfida ancora una volta le convenzioni internazionali e definisce "illegale" la nave umanitaria
È il solito gioco riproposto ormai da oltre un anno: il Viminale continua a fare finta che le regole sui salvataggi in mare non esistano e a dare risonanza a notizie non verificate. Funziona così: le convenzioni internazionali siglate dall’Italia vietano il rimpatrio dei migranti in Libia perché è un porto non sicuro, ma su Twitter Matteo Salvini intima comunque alla nave dell’ong Sea Watch di fare sbarcare a Tripoli i 53 salvati ieri. Non esistono prove, né tantomeno sentenze, per definire “illegali” le navi umanitarie, ma Matteo Salvini nel suo tweet di stamattina lo fa lo stesso, in barba a ogni principio dello stato di diritto. E ancora, l’equipaggio della Sea Watch 3 afferma che il salvataggio avvenuto ieri – 44 uomini, 9 donne, 4 minori di cui 2 non accompagnati – non sia stato coordinato dai libici che non hanno mai risposto alle richieste di aiuto, ma Matteo Salvini afferma il contrario e dice che le autorità di Tripoli ora hanno assegnato il loro porto come “più vicino allo sbarco”.
Dopo qualche ora Sea Watch diffonde la risposta inviata alla cosiddetta "Guardia costiera" libica: "Siamo obbligati a rispettare le leggi e non possiamo fare sbarcare le persone salvate in un porto libico" perché "la Libia non è considerato un porto sicuro". Così Sea Watch 3 resta al largo della Libia, in attesa di ricevere un nuovo POS (place of safety).
Le autorità libiche hanno assegnato ufficialmente Tripoli come porto più vicino per lo sbarco.
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) June 13, 2019
Se la nave illegale Ong disubbidirà, mettendo a rischio la vita degli immigrati, ne risponderà pienamente. #portichiusi
Il ministro dell’Interno meno interessato a risolvere il problema dell’immigrazione lì dove conta, cioè attorno ai tavoli diplomatici di Bruxelles – zero presenze per lui finora ai vertici ufficiali europei, a parte una per un incontro informale –, continua ad affidare a Twitter la sua politica temeraria dei porti chiusi. E così Sea Watch, l’ong tedesca che da un anno è in guerra aperta col Viminale, ora annuncia querele per le “dichiarazioni diffamatorie” del ministro. “Le autorità libiche – scrivono in un comunicato i legali Alessandro Gamberini e Leonardo Marino che rappresentano l’organizzazione non governativa – non hanno dato alcuna indicazione alla nave della ong da noi rappresentata la quale ha rispettato la vigente normativa internazionale che, come oramai noto, vieta il trasbordo e lo sbarco in territorio libico”. “Utilizzare l’importante ruolo istituzionale di capo del Viminale, in assenza di elementi oggettivi a supporto delle proprie asserzioni, costituisce violazione delle proprie competenze”.
Che l’energia riversata da Salvini sull’attività delle ong sia spropositata, continuano gli avvocati, è un dato di fatto provato dai numeri e dalle cronache recenti degli sbarchi avvenuti nel nostro paese. I legali di Sea Watch si dicono “perplessi sull'attenzione e le energie che il ministro ripone sull'attività svolta dalle ong che oggi ha soccorso solamente 53 naufraghi quando, ricordiamo, ogni giorno arrivano decine e decine di persone a bordo di barche fantasma nonché, come nelle ultime settimane, di navi militari e mercantili”.
In effetti gli sbarchi fantasma, quelli che avvengono sulle nostre coste sfuggendo ai controlli alle frontiere, continuano a ritmi elevati e comportano potenzialmente un problema per la sicurezza del nostro paese. Un rischio che però il governo libico tende a sopravvalutare per porsi come interlocutore indispensabile per la politica dei porti chiusi del nostro governo e ottenere in cambio il sostegno dell'Italia nella guerra contro la Cirenaica. Anche oggi, in un'intervista a SkyTg24, il presidente di Tripoli Fayez al Serraj è tornato a dire che in Libia "al momento ci sono 800 mila migranti". "Ricordiamoci anche il problema della sicurezza, – ha detto il nostro alleato – tra questi possono nascondersi terroristi e fuorilegge, ne abbiamo avuto conferma dalla nostra intelligence. E se faranno azioni criminali, potranno farle anche in Europa”.
Sebbene i numeri degli arrivi ufficialmente non raggiungano quelli degli anni passati, il bel tempo e il mare calmo favoriscono le traversate del Mediterraneo. A testimoniarlo sono i dati forniti dallo stesso Viminale: dall’inizio dell’anno gli sbarchi di migranti arrivati in autonomia sulle nostre coste sono stati 737. Sono numeri lontani da quelli registrati nel 2017 (quando furono 5.371) o nel 2018 (3.668) ma l’inizio della stagione estiva rischia di farli aumentare fino quasi ai livelli degli anni precedenti. Ma di questi sbarchi fantasma Salvini non parla mai nei suoi video o nei suoi post sui social network. La sua unica ossessione restano le ong.