Alberto Bagnai, 56 anni, è economista (e musicista). E’ stato eletto nel 2018 al Senato con la Lega di Salvini (LaPresse)

Bagnai, il Signor No

Marianna Rizzini

Lessico famigliare dell'antieuropeista che la Lega vorrebbe vedere ministro per la Ue

Nel marzo del 2013, quando ancora il governo gialloverde era di là da venire ma già lo Tsunami Tour aveva portato un esercito grillino in Parlamento, il professor Alberto Bagnai, economista, l’uomo che oggi la Lega di Matteo Salvini vorrebbe vedere sulla poltrona di ministro degli Affari Ue (e ci si vedrebbe bene anche lui, Bagnai, come ha detto a Repubblica qualche giorno fa), così discettava di “insostenibilità” dell’euro in un’intervista pubblicata da Scenarieconomici.it: “Non per fare il precisino, ma vorrei chiarire subito che quelle che in Italia sono indicate come le mie tesi sull’euro in realtà di mio hanno ben poco. Ci tengo sia per onestà intellettuale (non sarebbe bello attribuirsi idee altrui), sia per far capire quanto sia indietro il dibattito in Italia (dove tesi comunemente accettate all’estero ancora sembrano rivoluzionarie). L’insostenibilità di una moneta unica in Europa era un fatto ben noto alla scienza economica e agli stessi politici che hanno promosso il progetto di unione monetaria. […] Sono stati del resto i politici stessi a dire che l’euro sarebbe servito a governare i popoli europei a colpi di crisi. […] Non è una sorpresa, non c’è nulla di originale, né di complottistico”. Il complottismo, convitato carsico che oggi appare e scompare delle discussioni truculente su Twitter che impegnano Bagnai, senatore della Lega e presidente della Commissione Finanze del Senato, e i suoi seguaci e nemici interniattiani, non era ancora uno dei personaggi principali della tragicommedia “Italia contro Europa” che da qualche tempo preoccupa gli osservatori esterni e interni. Ma, a quei tempi, Bagnai, professore ma anche suonatore di clavicembalo presso alcuni festival di musica barocca, aveva già scritto “Il tramonto dell’euro” (ed. Imprimatur), cioè il libro che avrebbe fatto di lui un punto di riferimento per gli scettici della moneta unica. Veniva già invitato a convegni e talk show, Bagnai, e la sua dissenting opinion sull’euro faceva in alcuni casi scalpore, in altri folclore. Si era anche già polemicamente scontrato, l’uomo che ora potrebbe portare le sue tesi direttamente in casa dei non euroscettici, con gli autori della trasmissione “La gabbia”, condotta da un futuro parlamentare del partito dei futuri alleati di governo, il senatore a Cinque stelle Gianluigi Paragone, che pure aveva lanciato Bagnai come ospite “strano ma vero” nel talk “Ultima parola”.

 

Senatore, presidente di commissione, suonatore di clavicembalo, animatore di truculenti duelli sui social

E in quell’antica polemica, vista da oggi, c’era forse già tutto. A partire dal “lessico famigliare” da web, quello diventato tristemente celebre per il tweet lanciato anni fa contro il collega economista Tommaso Monacelli – cui Bagnai, vista la divergenza di vedute, avrebbe riservato un “cappottino di abete” (o bara che dir si voglia). Ma allora, ai tempi della lite con gli autori de “La gabbia”, Bagnai ancora si manteneva a livello di turpiloquio base: “La prima coordinata è questa, caro autore: stampati bene in testa che a me se non mi invitate più non me ne frega un beneamato c@zzo: siete voi che avete chiamato me, non io voi. Non è un dettaglio: è l’asse delle ascisse. La seconda coordinata è questa, caro autore: non sopravvalutare il potere del tuo mezzo. Se non me ne frega un c@zzo di essere invitato da voi, è perché in due anni, da dietro una scrivania e con la forza della parola e della verità, sono riuscito a portare sui media un dibattito che era tabù da decenni”. E spiegava, Bagnai, di non voler essere “sempre presentato come l’economista ‘eretico’, ‘rivoluzionario’, ‘strambo’ … diciamo che c’è uno che ha il coraggio di dire in Italia quello che nel resto del mondo è common sense. Avrei quindi preferito non essere collocato su alcun pulpito, e avere la possibilità di interloquire. Basta con gli ‘uno contro tutti’, o, se vogliamo farli, facciamoli come vanno fatti: io seduto da una parte, tutti dall’altra, gli altri fanno domande e io rispondo. Visto che le tesi che si confrontano sono due, in questo modo le due tesi hanno spazio paritario”. Era parso invece al futuro senatore che le cose fossero andate “esattamente al contrario”: “Mi hanno messo sul pulpito, da dove la regia mi toglieva il microfono privandomi della possibilità di interloquire, e non solo non hanno dato spazio paritario alla ‘mia’ tesi, dopo averci scaltramente costruito la campagna di lancio della trasmissione con quella che è stata di fatto una pubblicità ingannevole, ma mi hanno dato proporzionalmente meno spazio che a tutti gli altri”. E insomma il tono si vedeva dal mattino, ma non si poteva immaginare che Bagnai, assieme a Claudio Borghi, ora deputato e presidente della Commissione Finanze della Camera, e ad Antonio Maria Rinaldi, consigliere di Salvini anche detto da alcuni colleghi (non senza suo disappunto) “Bombolo” (da cui la sigla “BBB” che i cultori della materia usano per designare il trio), sarebbero arrivati così vicini alle stanze del potere. E invece.

 

Quando il New York Times parla di lui e quando, in epoca montiana, si faceva profeta di tesi eurocatastrofiste

Invece non è detto che tutti si rendano conto che, dietro al Salvini tuonante, c’è qualcuno che, tuonando ancora più forte magari su Twitter e non in piazza, costruisce le basi e alimenta il fiume di polemiche che rende possibile la diffusione di un pensiero no-euro a tratti ossessivo (magico?, fanatico?). Scrive allarmato Fabio Sabatini, professore di Politica economica alla Sapienza: “Forse ai non addetti ai lavori sfugge il significato politico di proporre Alberto Bagnai quale nuovo ministro degli Affari europei”. Magari non tutti sanno quello che scrive sui social network il Bagnai, che secondo il ministro leghista dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio “sarebbe la persona giusta” da inviare a Bruxelles”, e come ha detto sempre Centinaio a “Circo Massimo”, una persona con “competenze professionali e umane”. Il suo antieuropeismo? Nessun problema, per il ministro: “Quando in passato in queste posizioni abbiamo messo europeisti convinti non è che hanno fatto bene, magari un euroscettico va in Europa con una forza diversa rispetto agli euroservi che abbiamo avuto finora”. “Se Salvini vi sembra un rozzo estremista votato a sfasciare la Ue”, scrive Sabatini, “è perché non conoscete il suo ideologo Bagnai, professore associato di Politica economica presso l’università di Chieti-Pescara. L’opera più significativa di Bagnai è il libro divulgativo contro l’euro, scritto in italiano, che l’ha reso famoso. Da un certo momento in poi, infatti, il ministro in pectore ha dedicato ogni energia a propagandare la sua convinzione che l’Italia dovesse uscire dall’euro. […] Non è solo grazie all’indubbia abilità oratoria che le sue tesi sono diventate molto popolari. La loro forza consiste nel dire al popolo esattamente ciò che il popolo vuole sentirsi dire: in parole povere, l’Italia non è responsabile dei propri mali, sostanzialmente causati dall’Europa cattiva, e basterebbe tornare alla lira per rispolverare la nostra potenza e godere di una prosperità senza precedenti”.

 

Ma chi è Bagnai nel mondo accademico? C’è chi lo considera un “revanscista”, uno che ora, con l’ingresso in politica, parla da scettico dell’euro non più da una posizione di debolezza. E c’è chi, come Sabatini, parla con preoccupazione del suo “linguaggio volgare e minaccioso”. E se è vero che una forza no euro può proporre legittimamente un no euro per la poltrona del “dialogo” con la Ue, è anche vero che le armi spiegate quotidianamente su Twitter contro gli economisti favorevoli all’euro o contro i critici del trio “BBB” non fanno presagire, per Bagnai, un comportamento da pacato uomo delle istituzioni. Ma c’è anche chi dice che molto del Bagnai di oggi svanirebbe come d’incanto domani, com’è svanita in parte anche la sua (autoalimentata) nomea originaria di economista di sinistra (esiste però uno scambio di cordialità euroscettiche tra Bagnai e la sinistra a sinistra del Pd, fino alle estreme propaggini neocomuniste con falce e martello).

 

Ma c’è bisogno, per essere Bagnai, di esprimersi come Bagnai? Certo è che, su Twitter, tanti sono gli esempi di intolleranza verbale disseminati dal presidente della Commissione Finanze e possibile ministro che, con Borghi, aveva firmato “il Manifesto di solidarietà europeo”, testo che prevedeva lo smantellamento concordato dell’area euro e un nuovo accordo di gestione valutaria in Europa: tesi espresse anche da altri economisti in altri paesi, ma che in Italia, già prima dell’arrivo al governo della Lega e dei Cinque stelle, sono diventate canovaccio per l’avvitamento lungo la via della metamorfosi in “setta internettiana”. Intervistato da Repubblica, Bagnai dice con noncuranza che la mattina dopo l’uscita dall’euro potremo “farci un caffè”, e fuor di noncuranza, sul web, diventa una sorta di Mr Hyde che può litigare tutta la notte con l’attore e comico Luca Bizzarri per via della critica di Bizzarri al tweet di Bagnai (poi cancellato) contro il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Bizzarri aveva risposto con un cenno ironico al “suffragio universale”. Seguivano frasi non proprio amichevoli del professore, tuttavia mai arrivato, in quel frangente, alle vette di orrore del suddetto tweet del “cappottino di abete”.

 

Quando faceva l’ospite “strano ma vero” presso le trasmissioni di Paragone, quando silenzia i critici con immagini macabre

Negli anni, il Bagnai telematico si è scagliato anche contro l’Anpi (“pro euro… da antifascisti a piddini il passo è breve, per gli amabili vegliardi”), contro le “merde esterofile” e “porci ignoranti traditori pisciapenne” e contro chi, portatore di un punto di vista divergente, si sentiva rispondere: “Te lo dico con affetto: non ce ne frega un cazzo di discutere. La discussione tra incompetenti è il cancro della nostra democrazia, e chi si rotola come un maiale nel suo brago viene da noi visto con estremo sospetto”. L’idea è – metaforicamente – vedere il sangue del nemico, subissato da tweet avversi (e c’è stato un tempo in cui Bagnai diceva che “il sangue si vede meno sul grembiulino rosso”, alludendo al fatto che le politiche a suo avviso messe in atto contro i lavoratori venivano più facilmente accettate se provenienti da un partito di sinistra). E però il Mr Hyde-Bagnai che detesta i radical chic, in versione Dr. Jekyll, è un signore che conduce una vita molto simile ai detestati medesimi – e chissà se l’Hyde no euro, in versione Jekyll ministeriale, potrebbe riposizionarsi al punto da diventare un antisovranista che deve pur sempre cedere un pezzetto di sovranità. Fatto sta che oggi la tempesta verbale internettiana scatenata contro i pro-euro non accenna a scemare. Se n’è accorto anche il New York Times, che qualche giorno fa ha intervistato uno dei critici di Bagnai, il professor Riccardo Puglisi, sul tema dei mini bot come possibile “primo step” verso l’eurexit. Sempre Puglisi, sul suo blog, qualche giorno fa parlava di “vero rischio per i conti pubblici” proveniente dall’“influenza malefica” di Borghi e Bagnai su Salvini: “Se ci pensate bene, è un meccanismo paragonabile alle scatole cinesi nei rapporti tra società controllante e società controllata: se la società Lega prende il controllo della società ‘governo’ a discapito della società ‘Grillolandia’ che prima deteneva la maggioranza assoluta, diventa ancora più rilevante capire chi controlla la società Lega”.

 

Ma che cosa fa Bagnai, nell’attesa che si capisca qualcosa della sua sorte eventualmente europea? Dice quello che diceva poco più di un anno fa, prima delle elezioni del marzo 2018, nelle interviste televisive in cui si mostrava cortese e quasi dimesso dietro agli occhiali (e cioè che i cittadini “hanno bisogno di cose concrete”, un fisco non opprimente, la sicurezza e nessun cedimento al “ricatto” dello spread). Si occupa di “a/simmetrie”, associazione sulle asimmetrie economiche da lui fondata. Scrive su Goofynomics, il blog su cui, nel 2011, è apparso il famoso post “I salvataggi che non ci salveranno”: c’è chi dice, tra i suoi fan, che sul dopo-Monti Bagnai sia stato profetico (per i detrattori: “Incendiario”). A volte suona il clavicembalo: “I concerti”, ha scritto sul blog, “sono il vincolo esterno che mi riavvicina alla durezza del vivere, cioè alla necessità di sederti di fronte a un pubblico e arrivare in fondo a un pezzo senza fare figure di merda, e anzi, possibilmente, cercando di gestire e trasmettere emozioni, dopo che nei mesi precedenti ti sei dovuto occupare di tutt’altro”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.