Toh! Adesso si scopre che “l'Italia è verde”
Titoloni che smentiscono di colpo mille prediche sulla criminalità ambientale
Uno si sveglia al mattino e legge un titolone di Repubblica: “L’ITALIA E’ VERDE”. Accipicchia, che vorrà dire? Che gli eredi di Pecoraro Scanio, arciprete del verdismo di lotta e di governo, sono al 20 per cento, come in Germania, e promettono di crescere? No. Lo scetticismo realista degli italiani, che ha temperato il loro romanticismo, impedisce di guardare alberi e macchia con sentimentalismo e corruccio apocalittico: da noi l’ideologia Verde non ha mai attecchito. Ho visto al Café Einstein di Berlino, tanti anni fa, una coppia che guardava compassionevolmente e ansiosamente un tiglio del giardino piangendo commossa per la sua imminente scomparsa a causa delle piogge acide. Le conversazioni italiane da Café sono alquanto differenti.
Ma allora che cosa vuol dire quel titolo? Che abbiamo un paese non cementificato né cementificabile, e il paesaggio tradizionale, quello che ha generato la pittura en plein air, lo stordimento lirico dell’Ottocento, e perfino l’ermetismo dei muri sbrecciati e dei campi di limoni, è intatto. Anche questo non è proprio esatto, come giudizio. Da noi, mentre continua la saga della Tav, chiunque non abbia alcunché da dire in economia sociale e investimenti dice subito che ci vuole un piano per le infrastrutture. La nostra rete è invero precaria e ha bisogno di manutenzione e nuove realizzazioni, come l’equilibrio idrogeologico ha da essere protetta e difesa da argini robusti per mano dell’uomo civilizzato, progredito, in sviluppo. Eppure con le autostrade abbiamo tagliato in due, e poi in tre in quattro in cinque, la penisola, e abbiamo costruito porti, che poi vorremmo chiusi, ma alla fine da una ricerca scientifica, mi si passi il termine, si scopre che “L’ITALIA E’ VERDE”.
Un altro titolo o sommario di uno o due giorni dopo, sempre su Repubblica, ci informa che il 97 per cento dei nostri mari da spiaggia, avete letto bene, il 97 per cento, è in stato ottimo, non c’è inquinamento. Per la plastica, la radioattività, il depauperamento delle specie biologiche marine, gli effetti letali di sversamenti e ricicli, bè, bisogna ripassare tra mezzo secolo e rivedere le cose, perché a oggi sembra che i mari, con tutto quello che questo significa anche in fatto di clima, di meteo o quel che volete, sono un bell’aiuto a vivere più che decentemente nel bel mezzo del Mediterraneo. A volte ci si trova nella situazione di Candide, l’eroe del racconto di Voltaire, molto più che nella situazione di Al Gore e della sua “scomoda verità”: tutto va per il meglio nel migliore dei mondi possibili. Sembra un’assurdità, viste le previsioni del Club di Roma sessant’anni fa, dovrebbe essere mancata l’acqua da vent’anni, vista la mobilitazione delle coscienze intorno alla scomoda verità del nostro inabissamento progressivo in ragione del surriscaldamento globale. Sembra un’assurdità anche in ragione di serie percezioni: c’è molto sporco in giro, miasmi non mancano nelle città, e nessuno scommette un soldo sul rispetto delle legislazioni a custodia che si sono moltiplicate, e giustamente, negli ultimi decenni, ma spesso senza effetto.
L’Italia dunque è verde, “L’ITALIA E’ VERDE”, un’informazione davvero sorprendente, così com’è messa, in un titolo-verità che ha il sapore di una tautologia, che smentisce mille altri titoli e sermoni di vario conio e ramanzine e prediche e sensi di colpa e processi per criminalità ambientale. E allora si pensa alla caduta dell’Impero romano, tra pandemie e altri collassi naturali derivati da un ciclo di glaciazione in mezzo a vulcani che eruttano, e si ricorda che allora l’industria c’era e non c’era, e che anche a quel tempo l’Italia era verde, forse ancora più verde, ma i colori della natura entro certi limiti sono indipendenti da una civilizzazione.