Marco Minniti (foto LaPresse)

Il Pd e la Libia

David Allegranti

Cosa c’è dietro lo scontro politico sulla linea Minniti. Quartapelle ci spiega perché il Pd deve incalzare il governo

Roma. La proroga delle missioni internazionali in Libia continua ad agitare il Pd, impegnato da giorni in una movimentata discussione interna. Ufficialmente, la linea del partito – votata in entrambe le commissioni competenti di Camera e Senato – è per il sì al prolungamento degli accordi siglati dal governo Gentiloni, con Marco Minniti ministro dell’Interno. Oggi una parte del gruppo parlamentare vuole rimettere in discussione quei patti. Non solo alla Camera, come raccontato dal Foglio, ma anche al Senato, dove sono pronti a votare no i senatori del Pd Francesco Verducci, Vincenzo D’Arienzo, Valeria Valente, Monica Cirinnà. Anche Tommaso Nannicini e Teresa Bellanova ci stanno pensando. Insomma, a leggere i nomi dei “dissidenti”, la questione riguarda i Giovani turchi ma anche altri. Gennaro Migliore alla Camera, per dire, Nannicini e Bellanova al Senato. 

 

E forse non è un caso che un tempo questi parlamentari fossero vicini a Matteo Renzi e oggi sono critici della linea Gentiloni-Zingaretti. In mezzo a questo duello interno al Pd resta da capire però quale sia la questione, cioè in che cosa consistano le missioni in Libia da rifinanziare. Le missioni sono 4, con caratteristiche differenti e gradi di complessità sensibilmente diversi. Due sono multilaterali: 1) la missione Unsmil, sotto la direzione del Rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu, è finalizzata a sostenere il processo di dialogo politico libico; 2) Eubam Libya, è la missione dell’Unione europea di assistenza ai confini. Due sono quelle bilaterali: 3) la missione di assistenza e di supporto in Libia che include soprattutto la gestione dell’ospedale di Misurata, impiega circa 400 persone e assorbe la maggior parte delle risorse; 4) la missione a sostegno della Guardia costiera libica, con 25 uomini impegnati essenzialmente nell’addestramento del personale e nella manutenzione delle motovedette donate.

 

Insomma, osserva un parlamentare favorevole alla proroga degli accordi, “una delle missioni è il nostro ospedale militare in Libia, vogliamo dire di no anche a quello? Non credo, e non credo neanche Orfini, quindi bisogna entrare nel dettaglio”. Nel dettaglio entra deputata Lia Quartapelle, capogruppo in commissione Esteri alla Camera, che assicura: il Pd non è spaccato sulla Libia: “Sei deputati su 111 – dice al Foglio – hanno firmato una risoluzione sulle missioni internazionali diversa rispetto alla linea condivisa con il Pd nelle commissioni di merito. La loro è quindi una posizione di nicchia. Il Pd invece dice che dobbiamo incalzare questo governo perché non sta facendo abbastanza sulla Libia; vuole sigillarla e non ha alleanze. Noi quindi chiediamo maggiore presenza in Libia. Ognuno può valutare come vuole le politiche di Minniti ma se possiamo andare nei campi, giornalisti compresi, e valutare la situazione è per merito degli accordi fra Serraj e Gentiloni, senza i quali tutto questo non sarebbe stato possibile e avremmo avuto solo ricostruzioni frammentarie. Chiedere l’abolizione di quegli accordi significa far precipitare la Libia nel buio, che è esattamente quello che vuole Salvini. Dire no alla presenza dell’Italia significa chiudere la porta sulla Libia”.

 

Quella di Orfini e degli altri è solo dunque una questione politica? “Non lo so. Secondo me al momento ci sono tutti gli elementi per incalzare l’attuale governo – che è totalmente incapace di avere un’azione diplomatica sulla Libia e ha un atteggiamento persecutorio contro le ong – non i governi passati. E’ su questi temi che si può incalzare il governo, che non si sta occupando della situazione dei campi in Libia. Dovremmo per esempio insistere affinché realizzi i corridoi umanitari come previsto dal piano del governo Gentiloni. Se poi invece c’è il 5 per cento di un gruppo parlamentare che vuole rimettere in discussione l’operato di Minniti, faccia pure, ma mi sembra una scelta priva di efficacia per un partito d’opposizione”.

 

Quanto alle motovedette libiche, Quartapelle aggiunge: “Abbiamo presentato un’interrogazione e le risposte del governo fino a questo momento sono state inoppugnabili. Ma anche su questo punto dobbiamo incalzare il governo. Non penso che se togliamo la Guardia di Finanza accanto alla Guardia costiera libica improvvisamente i diritti umani vengono rispettati. Capisco che alcuni miei colleghi abbiano una sensibilità diversa ma vorrei anche che la discussione in questo partito si svolgesse nell’ambito del possibile: nessuno di noi è a favore dei lager in Libia ma non è che si chiudono con una risoluzione parlamentare. La risoluzione, pur legittima, non affronta il problema che riguarda appunto il governo e che noi dovremmo incalzare”. Il senatore Verducci, tuttavia, non cambia idea: “E’ una questione enorme, che riguarda il Dna del Pd. Occuparsi di Libia è doveroso, ma va fatto per impedire che i diritti umani vengano violati, non facendo accordi con chi è accusato di calpestarli brutalmente. Per questo il Pd deve dire no a missioni che sostengono la guardia costiera libica. Alla luce della guerra in corso e delle denunce Onu sulla violazione dei diritti, gli accordi del 2017 vanno revocati”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.