Matteo Salvini (foto LaPresse)

Tutte le sentenze che riportano la legge di Salvini con i piedi per terra

David Allegranti

Agrigento, Bologna, Firenze. Perché il governo non può giocare con lo stato di diritto e con la legge del mare

Roma. Il diritto felpastellato – tra confische preventive in stile Agenzia pre-crimine e arresti distribuiti a casaccio – è costantemente messo in discussione non dalle ong ma dai tribunali della Repubblica italiana. Tra i casi più recenti c’è l’ordinanza di scarcerazione del gip del tribunale di Agrigento Alessandra Vella, che ha stabilito un principio banale quanto importante di gerarchia delle fonti: la Costituzione italiana e il diritto internazionale prevalgono sui decreti che se ne infischiano sia della Costituzione sia del diritto internazionale. Decreti che, va precisato, affrontano una molteplicità di settori, dal contrasto dell’immigrazione illecita alla lotta alla violenza in occasione delle manifestazioni sportive. La settimana scorsa, il Tar della Basilicata ha ribadito, ancora una volta, l’irretroattività del decreto Salvini: il decreto sicurezza non si applica alle domande di riconoscimento di permesso di soggiorno per motivi umanitari avanzate prima dell’entrata in vigore della legge, vale a dire il 5 ottobre 2018. Il caso in questione riguarda una giovane cittadina nigeriana.

 

 

Giovane, già madre di una bimba nata in Italia e di nuovo incinta, che aveva presentato richiesta di protezione umanitaria il 23 novembre del 2016 e ricevuto poi un provvedimento di revoca dell’accoglienza. Giovane che – ha spiegato una nota della campagna “Lasciateci entrare” contro la detenzione amministrativa dei migranti – era stata “messa in strada senza nessuna alternativa con una bambina di appena un anno e in stato di gravidanza (al quinto mese, ndr). Senza parlare del fatto che è stata a lungo ‘ospitata’ in una struttura di certo non adeguata ad accogliere casi vulnerabili, quali una giovane mamma con minore”.

 

I decreti Salvini sono pieni di norme non solo politicamente ma giuridicamente discutibili. In questi mesi sono stati diversi i tribunali che hanno dato qualche dispiacere al ministro dell’Interno. Il 3 maggio il tribunale di Bologna ha accolto il ricorso di due richiedenti asilo ai quali il comune aveva negato l’iscrizione anagrafica in base al decreto sicurezza. Eppure il decreto, ha detto il tribunale, non impedisce ai richiedenti asilo di iscriversi all’anagrafe del comune, smontando così l’articolo 13 del decreto 113 del 2018. Come ha osservato il Centro immigrazione asilo e cooperazione internazionale di Parma e provincia (Ciac), si tratta di una sentenza importante. “In caso contrario la legge avrebbe dovuto andare a modificare l’articolo 6 del testo unico sull’immigrazione, ossia quella norma che prevede in generale per tutti gli stranieri regolarmente soggiornanti il diritto all’iscrizione anagrafica a parità di condizioni con il cittadino italiano. La legge anagrafica, infatti, non fa alcun riferimento ai titoli per l’iscrizione, essendo l’unico ‘titolo’ la dimora abituale unitamente alla regolarità nel soggiorno”. A marzo c’era stata, per un motivo analogo, la decisione del tribunale di Firenze, che ha obbligato il comune di Scandicci a registrare come residente un richiedente asilo somalo. “Ogni richiedente asilo, una volta che abbia presentato la domanda di protezione internazionale deve intendersi comunque regolarmente soggiornante”, hanno scritto i magistrati fiorentini nella sentenza di marzo, “in quanto ha il diritto di soggiornare nel territorio dello stato durante l’esame della domanda di asilo”.

 

In entrambi i casi, Salvini ha attaccato i giudici accusandoli di fare politica. “Sentenza vergognosa”, ha detto dopo la decisione del tribunale di Bologna. “Se qualche giudice vuole fare politica e cambiare le leggi per aiutare gli immigrati, lasci il tribunale e si candidi con la sinistra. Ovviamente faremo ricorso contro questa sentenza, intanto invito tutti i sindaci a rispettare (come ovvio) la legge”. Una linea “argomentativa”, si fa per dire, usata anche contro il gip di Agrigento che ha osato scarcerare la comandante della nave Sea Watch Carola Rackete: “Vorrei capirei questo giudice che ha liberato questa criminale a questo punto cosa fa. Se stasera una pattuglia dei carabinieri o della polizia intima l’alt a una macchina su una strada italiana a questo punto chiunque è legittimato a tirare dritto? Anzi, non solo a tirare dritto, ma a speronare la pattuglia dei carabinieri o della polizia?”. Salvini non l’ha presa bene, peccato che non sia un passante ma il ministro dell’Interno: “Pessimo segnale, signor giudice. Se qualche giudice vuole fare politica – l’abbiamo detto siamo in democrazia – si toglie la toga, si candida in parlamento con la sinistra e cambia le leggi che non gli piacciono. Non siamo un paese civile se si sovrappongono politica e magistratura, magistratura e politica”. Il discorso di Salvini si potrebbe ribaltare: se il ministro dell’Interno vuole fare il giudice, si laurei in giurisprudenza, si iscriva al concorso pubblico e poi applichi la legge. In caso contrario può continuare a lamentarsi dei giudici che fanno a pezzi i suoi decreti. Come nel febbraio scorso quando la Corte di cassazione ha riconosciuto che l’abrogazione del permesso per motivi umanitari voluta dall’esecutivo riguarda solamente coloro che hanno fatto domanda di asilo dopo la data di entrata in vigore del provvedimento. Il punto, insomma, è sempre l’irretroattività del decreto Salvini. Quella sentenza, ha spiegato l’avvocato Livio Neri a Altraeconomia, è importante perché “la pubblica amministrazione deve applicare la legge e deve applicarla come interpretata dalla giurisprudenza, cioè non può interpretarla in modo del tutto autonomo senza che la giurisprudenza della Cassazione – il giudice di legittimità – possa influenzare la sua interpretazione. Quindi le commissioni territoriali non possono far finta che questa decisione non ci sia. Se oggi esaminano la domanda di asilo presentata mesi fa – prima del 5 ottobre 2018 – devono poter riconoscere anche la protezione umanitaria”. Per dovere di cronaca aggiungiamo che è attualmente pendente davanti alle Sezioni unite la questione sulla irretroattività del decreto e in modo particolare della protezione umanitaria. Dunque, nella giurisprudenza civile siamo in attesa di questa pronuncia, nonostante le numerose decisioni della Cassazione a sezioni semplici e della pressoché unanime posizione dei tribunali di merito sulla irretroattività. Tuttavia, ogni volta che un giudice stabilisce che parte delle norme dei suoi decreti sicurezza sono fuori legge Salvini grida al colpo di stato. Eppure l’ordinamento giuridico, la Costituzione e il diritto internazionale esistono proprio per impedire ai politici di arrivare e trattare le leggi come se fossero frutto di un feroce spoils system.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.