“M5s e Lega? Un'alleanza strutturale”. Così abortisce l'intesa tra Fico e il Pd
Il presidente della Camera cerca convergenze a sinistra su Sea Watch e acqua pubblica, ma il suo partito resta scettico. Lunga vita al grilloleghismo
Roma. Quegli abbozzi primordiali di possibili intese tra M5s e Pd, gli stessi a cui forse il sottosegretario grillino Vincenzo Spadafora ha provato a dare sostanza con una improvvida intervista, abortiscono a metà pomeriggio nel mezzo del Transatlantico, nella voce riflessiva di Emilio Carelli. “Ma quali maggioranze alternative? Al di là dei malumori di pochi oltranzisti, l’ala governista del M5s si sta trasformando da alleato contingente in alleato strutturale della Lega”, dice il deputato grillino, un tempo direttore di Sky Tg 24 e ora predicatore del pragmatismo a cinque stelle. “Anche perché – prosegue – l’ala movimentista non dialoga affatto col Pd, che resta ‘il partito del cemento e delle banche’, quanto piuttosto con la sinistra radicale. Senza contare che poi, un eventuale governo che tenesse fuori un partito che, come la Lega, ha il 35 per cento dei consensi, scatenerebbe giustamente le barricate in strada”. E sta in questo ragionamento, dunque, la morte delle speranze di chi, come Roberto Fico, ha registrato con entusiasmo le aperture del Pd a possibili convergenze col M5s e per questo lavora per riaprire i canali di dialogo. Il presidente della Camera ci prova già in mattinata, inviando una lettera ai presidenti delle commissioni Giustizia e Affari costituzionali, entrambi grillini, per invitarli ad ascoltare la Sea Watch a Montecitorio, “attraverso una rigorosa delimitazione dell’oggetto dell’audizione”.
L’intenzione c’era da tempo, senonché la ong è poi finita indagata dopo la vicenda di Carola Rackete. E a quel punto il Carroccio ne ha approfittato per protestare coi colleghi di governo, il 2 luglio scorso. Tanto bastò perché il ministro Riccardo Fraccaro, spaventato dalle rimostranze leghiste, chiamasse i deputati grillini coinvolti, ordinando di cedere senza condizioni. Ieri, Fico ha tentato di riproporre l’audizione, ottenendo guarda caso il sostegno del Pd e di LeU. Ma perfino Giuseppe Brescia, presidente della commissione Affari costituzionali che pure è vicino alla sensibilità di Fico, a un certo punto ha alzato le mani: “Un’audizione in queste condizioni è impossibile”. Nulla di fatto, quindi. Esito analogo dovrebbe avere, oggi pomeriggio, il vertice convocato da Giuseppe Conte a Palazzo Chigi sull’acqua pubblica. “Non possono passare solo le proposte leghiste”, s’è lamentato Fico la scorsa settimana: e allora ecco che è stato chiesto al premier in persona di provare ad accelerare i lavori sul disegno di legge tanto caro all’ala sinistra del M5s.
Un primo incontro, alla presenza dei deputati leghisti e grillini che lavorano al dossier, c’è già stato mercoledì. È durato dieci minuti: perché il testo del provvedimento, già riscritto dalla grillina Federica Daga dopo che una prima versione era stata bocciata anche dalla Ragioneria dello stato, doveva essere approfondito. E tuttavia non sembrano ancora superate le storture della proposta, per cui al massimo il M5s potrà ottenere un ennesimo rinvio. “La verità – dice Luca Carabetta, tra i governisti del M5s – è che le distanze tra noi e la Lega, che ci sono, sono minori di quelle che separano ognuno dei due partiti dal resto delle forze politiche”. Può bastare questo, forse, per garantire lunga vita al grilloleghismo.