C'è un altro populismo. Di sinistra
E la legalità? Le reazioni allo sgombero di Primavalle spiegano perché Salvini è diventato l’incredibile Hulk d’Italia
Mescolano ogni cosa, per inerzia, arrivando a parodiare la Resistenza, quindi scambiano i suoi rutti per fasci di combattimento, e così trasformano un selfatore di Instagram che ha scambiato il Viminale per la curva di uno stadio in un demone nero, in un diavolo politico uscito dal sottosuolo dell’anima. A Roma assistono allo sgombero di un palazzo occupato e dichiarato inagibile, dunque pericoloso anche per gli abusivi che ci vivevano, e invece di riconoscervi la ripetuta tragedia di una città e di un paese dove la casa non è un diritto perché non esiste l’edilizia popolare, si accucciano nell’idea di una solidarietà che è tutta lirica, hashtag su Twitter ed enfasi di giornale: “Il bambino che difendeva i libri” (foto sotto). Con quella foto che tocca le corde vive e romantiche di ciascuno di noi lettori di Fahrenheit 451, una scena da Albero degli zoccoli, il film di Ermanno Olmi. A chi non piacciono i libri e i bambini?
Virtuosamente immemori che gli sgomberi li fanno tutti i governi, anche quelli di centrosinistra perché la proprietà pubblica o privata è pur sempre un diritto anche quella, si spingono fino agli incongrui abbracci ai leader dei centri sociali, ai violenti che bruciano i materassi e lanciano le bombole del gas in faccia alla polizia. Era stordente e mortificante, lunedì, vedere Matteo Orfini e altri dirigenti del Pd sulla stessa barricata ideale di quegli estremisti pregiudicati come Andrea Alzetta, detto “Tarzan”, che a Roma da due decenni gestiscono il sistema illegale delle occupazioni abusive e fanno speculazione politica della marginalità e della disperazione, della mala amministrazione, dell’assenza dello stato. “Si criminalizza la povertà”, hanno detto Orfini e Casu, Rossi e Madia. Ma a Primavalle, quel palazzo pericolante dove abitavano anche bambini (sono stati ricollocati in 140) era occupato da 14 anni. Quattordici. E chi ha governato Roma e il Lazio più a lungo di chiunque altro? E se a Roma non ci sono le case popolari è forse colpa del Truce che governa dal 4 marzo? Ed è vero o no che quel palazzo era stato dichiarato inagibile? E che sarebbe successo se il palazzo fosse crollato con tutti i bambini dentro? Che avrebbero detto del ministro che non lo aveva sgomberato? Come ben si vede, la dichiarazione “la casa è un diritto” è una resa mediocre dell’ovvio, senza un risvolto.
E così, alla fine, soffici e ignari, pronti a saltare sulle battaglie dei centri sociali come sulla nave Sea Watch o sulla Mediterranea di Luca Casarini, smarriti al punto di appropriarsi delle parole d’ordine (e disordine) altrui, questi onesti e sperduti uomini della sinistra, con il loro giornale, Repubblica, sempre più biblico, finiscono con il diventare i veri compari del trucismo di governo. Populisti speculari. L’assenza di idee e di incarnazioni di idee, persino la rapidità piroettante con la quale è stato rinnegato Marco Minniti – e senza nemmeno una vera riflessione – sono infatti ormai le radiazioni che stanno trasformando sempre di più Salvini nell’incredibile Hulk della politica italiana. Confondono la spinta autoritaria e la pedagogia intollerante con l’ordinaria amministrazione – anche spiacevole – dell’ordine pubblico, gridano al lupo al lupo, saturano il loro uditorio di eccessi che si specchiano in quelli del loro avversario sbrigliato, incarnano un’opposizione morale e impolitica, parassitariamente saltano in groppa a qualsiasi iniziativa, progetto e proposta gli venga sventolata sotto il naso da altri e da Salvini stesso. Non sono mai protagonisti, ma coro di una scena che appartiene a Carola, a Tarzan, a Casarini, a Greta, a Lucano, al Papa. Persino Gino Strada è riemerso chissà da dove.
Il tentativo di un’uscita ordinata e sensata dalla crisi del Pd, che ha perso le elezioni un anno fa, diventa così il rilancio di una visione infantile – niente frontiere, la casa a tutti, i fascisti alle porte – slogan di carattere anti-riformista, persino illiberali, che sembrano però l’unico “pieno” scoperto per riempire quel “vuoto” di cui Giuliano Ferrara scrisse per esorcizzarlo, sul Foglio, all’indomani dell’elezione di Nicola Zingaretti a segretario. Tornano vecchi errori, vecchie facce, vecchi tic che rimandano ai tempi del cagionevole unionismo prodiano, i tempi di Bertinotti e Francesco Caruso, il no-global che piantava la marijuana alla Camera, quando i governi cadevano con i voti dei trotskisti Rossi e Turigliatto. Ma certe cose già non funzionavano con Roberto Maroni ministro dell’Interno, che non faceva uso intimidatorio della comunicazione pubblica e non indossava divise a sbafo. Figurarsi con Salvini. Perché i populismi si sostengono l’un l’altro.
Equilibri istituzionali