La tentazione di fare fronte comune tra Pd e M5s si rafforza sul territorio
I buoni rapporti tra Zingaretti e Lombardi nel Lazio. Il dialogo tra Bergamo e Pacetti a Roma. Il “pressing” degli intellettuali vicini ai Democratici
Roma. Dialogare (e governare) con i Cinque stelle sì o no? Il Pd comincia a pensarci qui e là, a livello nazionale a livello locale, seppure non in modo unanime. All’inizio (circa un mese fa) Antonello Giacomelli, ex sottosegretario al Mise con delega alle Comunicazioni nei governi Renzi e Gentiloni, così parlava all’Huffington Post: “Se il sistema resta proporzionale e questi rimangono i soggetti in campo, dovremo porci il tema di come evitare un’ininfluenza preventiva conclamata”.
Cioè: a meno che il Pd riesca, da solo, a prendere il 51 per cento, diceva Giacomelli, “non potremo mai andare al governo da soli”. L’idea è che, in un futuro non lontano, con qualcuno i dem dovranno per forza coalizzarsi, e quel qualcuno non può essere un partito sovranista in rotta con l’Unione europea. E insomma pareva di intravedere, attraverso le parole di Giacomelli, una crepa nel (precedentemente) non scalfibile muro renziano anti Cinque stelle – ché il mondo vicino all’ex premier era sempre stato molto critico verso qualsiasi ipotesi di appeasement con i “gialli” ora al governo nonché verso le aperture zingarettiane nei confronti dei grillini che in regione Lazio, attraverso l’ex avversaria di Zingaretti nelle elezioni locali Roberta Lombardi, da un anno intrattengono rapporti cordiali con il governatore e segretario Pd.
Ed è vero che tra gli intellettuali vicini al Pd da mesi c’è chi (vedi il filosofo Massimo Cacciari) chiede al Partito democratico di dialogare con i Cinque stelle per mettere in luce le differenze con la Lega –“La Lega”, diceva Cacciari sul Fatto quotidiano nell’inverno scorso – “potrà forse concedere qualcosa ai Cinque stelle, ma è chiarissimo che la sua direzione di marcia è un’altra, del tutto incompatibile. Ed è altrettanto chiaro che non si tratta di due rette parallele che mai si incontreranno. Così stando le cose, la linea della Lega esaurirà l’energia dell’altra… Incredibile non si colga l’importanza, niente affatto soltanto tattica, di mettere in primo piano gli elementi storici e culturali di contrasto; incredibile non ci si misuri concretamente sui temi caratterizzanti i Cinque stelle con proposte magari alternative alle loro”.
Ma è anche vero che ultimamente la tentazione si è fatta strada sempre di più. Al punto che il neopresidente del Parlamento europeo ed eurodeputato Pd David Sassoli, qualche giorno fa, ha evocato il percorso aperturista: “Se siamo forti della nostra identità, orgogliosi del nostro passato, cosa può metterci paura a incrociare storie diverse, temperamenti molto lontani dai nostri, gente che ci ha criticato, gente che viene da lontano, interessi che non ci appartengono? Per fare questo abbiamo bisogno di maggiore laicità, di non chiedere da dove viene il nostro interlocutore, ma chiedergli dove vuole andare”. E, vista la vicinanza di Sassoli a Dario Franceschini, l’ex ministro della Cultura che aveva in primis provato a lavorare sull'ipotesi governo Pd-M5s, si capisce la suggestione che prende piede nei Palazzi: e se il Pd coltivasse, sotto sotto, l’idea di un governo Conte bis con Pd e Cinque stelle come azionisti?
A livello locale, invece, è a Roma (e non soltanto nella suddetta situazione di dialogo regionale Zingaretti-Lombardi) che l’avvicinamento al M5s è auspicato da alcuni settori Pd. Qualche giorno fa, infatti, il capogruppo in Comune Giulio Pelonzi, al grido di “dobbiamo evitare che la città cada nelle mani della Lega”, ha espresso apertamente il desiderio: “Non vogliamo un’alleanza ma un avvicinamento alle nostre proposte: dall'urbanistica agli immobili abbandonati”, visto che “gli elettori”dei Cinque stelle “sono progressisti” e quelli di destra “sono già migrati verso la Lega”. Se il M5s “non vuole scomparire”, dice Pelonzi, “faccia un favore alla città…”. E il capogruppo Pd fa l’esempio pratico del dialogo già partito con il vicesindaco Luca Bergamo e con il capogruppo Giuliano Pacetti. Spostandosi più a sud, a Napoli, invece, l’ex assessore della giunta Jervolino Nicola Oddati, vicino al governatore Vincenzo De Luca, pensa a un'alleanza contro la destra con il movimentista sindaco di Napoli Luigi De Magistris (non grillino, ma in qualche modo precursore e prosecutore dei grillismi).