Renzi alla Festa Nazionale de l'Unità nel 2018 a Ravenna (foto LaPresse)

Caso Renzi alla festa del Pd (ci va?)

L’ex segretario ha posto una condizione: ci sarà solo se il partito gli organizzerà un dibattito-confronto con Di Maio, Conte o Fico. Ma Zingaretti gli ha già fatto sapere che non è possibile

Quest’anno Matteo Renzi andrà o no alla festa nazionale dell’Unità? Un appuntamento che, nonostante il passare degli anni, è pur sempre un classico per la sinistra e al quale infatti non mancano mai di partecipare tutti i dirigenti più importanti del Partito democratico. Nicola Zingaretti ha scritto all’ex segretario per invitarlo formalmente a prendere parte alla grande kermesse del Pd. Sia detto per inciso: Renzi, come è noto, in questo periodo non è i buoni rapporti con il segretario del Pd Nicola Zingaretti, il quale si è andato convincendo che l’ex presidente del Consiglio stia per andarsene dalla “casa madre”.

 

Comunque l’ex segretario ha risposto a Zingaretti e ha posto una condizione alla sua partecipazione alla festa: ci andrà solo se il Pd gli organizzerà un dibattito-confronto con Luigi Di Maio, Giuseppe Conte o Roberto Fico. Zingaretti gli ha già fatto sapere che non è possibile. Che la formula della festa non prevede di dare tutto questo spazio al Movimento 5 stelle organizzando addirittura un appuntamento con un esponente di spicco del Pd. Renzi non ha più fatto sapere nulla. E ora al Nazareno si interrogano sulle sue intenzioni: andrà o non andrà? E, soprattutto, nel caso di un gran rifiuto che cosa farà l’ex premier? Utilizzerà anche questa occasione (come ha fatto con il suo mancato discorso al Senato su Salvini o con la raccolta di adesioni per chiedere le dimissioni del ministro dell’Interno) con l’obiettivo di costruire un altro presupposto per una futura rottura?

 

Sotto il tetto del Nazareno i rapporti tra le diverse anime del Pd continuano dunque a non essere idilliaci. Motivo di frizione le comparsate televisive dei diversi esponenti del partito. Infatti è come se esistessero due uffici stampa paralleli. Quello ufficiale, e quello, per così dire, ufficioso, che spinge con le televisioni e le radio per mandare esponenti della minoranza renziana. E a proposito di mass media: Nicola Zingaretti ha declinato l’invito di Uno mattina. Dopo aver visto in quella trasmissione prima Luigi Di Maio e poi Matteo Salvini intervistati senza nessun contraddittorio dal conduttore Roberto Poletti, in ottimi rapporti con il ministro dell’Interno con cui ha scritto anche un libro, Zingaretti e il suo staff hanno deciso di rinunciare a quella trasmissione: “E’ come teleRussia”, dicono al Nazareno. E il Partito democratico sta anche valutando l’opportunità di non mandare nessun esponente del Pd fintanto che la formula della trasmissione sarà questa.

 

Sempre nell’ambito delle mai sopite beghe del Pd c’è da segnalare la querelle che riguarda Alessio De Giorgi, ex capo dei social del Pd all’epoca di Matteo Renzi. Il suo era un contratto di collaborazione che Nicola Zingaretti non gli ha rinnovato. Ora però l’ala renziana del gruppo del Senato (che come si sa è ben rappresentata) medita di offrire una consulenza a De Giorgi. Solo che i senatori di area Zingaretti, Franceschini e Gentiloni hanno già aperto le ostilità contro questa ipotesi. Chissà come andrà a finire questa ennesima battaglia tra la maggioranza del Pd e la minoranza interna.