Nicola Zingaretti (foto LaPresse)

Sulla Tav il Pd di Zingaretti centra il suo primo successo politico

La strategia dei democratici di non sconfessare la propria linea politica e di votare contro la mozione del M5s ha comunque prodotto una divisione nel governo. Ma c'è chi continua a sostenere che era meglio uscire dall'aula

Uscire dall'aula, votare contro, astenersi. Per giorni il Pd si è arrovellato sulla strategia migliore da tenere al Senato sulla mozione No Tav del M5s. Alla fine i senatori democratici sono rimasti al loro posto, hanno votato contro il testo proposto dai grillini e a favore delle altre mozioni presentate da +Europa, FdI e Forza Italia. Insomma, volendo semplificare, hanno scelto di stare con la Lega contro il M5s. E ora che un abbozzo di crisi si affaccia all'orizzonte la domanda è: abbiamo fatto bene? Si tratta di una vittoria o di una sconfitta politica?

 

Che il governo non sarebbe caduto, almeno non subito, era cosa nota. La mozione del M5s, anche senza i voti del Pd, sarebbe comunque stata respinta dall'aula (i no sono stati 181, i sì 110, e i senatori democratici sono 51). Matteo Renzi, sostenitore della linea della presenza in aula, lo aveva detto chiaramente conversando con i giornalisti durante la discussione: “Il Pd non è determinante per la caduta del governo”. Allo stesso tempo, però, non votare contro solo per cercare di far cadere l'esecutivo sarebbe sembrata una sconfessione della linea Sì Tav del partito. Tattica, certo, ma come a dire che se l'obiettivo è far cadere Di Maio, Salvini & Co. anche un'opera strategica può essere “sacrificata”.

 

   

È altrettanto vero, poi, che le mozioni “impegnano” il governo e, spesso, sono documenti parlamentari che non incidono in alcun modo. Meglio quindi scegliere la strada dell'Aventino? Per il senatore Dem, Luigi Zanda, sì: “Sarebbe stato molto più utile uscire dall'Aula. Uscire poteva aiutare a fare emergere con più forza l'incompatibilità ormai conclamata tra Lega e M5s: c'erano ministri della Lega da una parte e M5s dall'altra. Ma sarebbe stato utile uscire anche per noi perché non mi è piaciuto vedere il voto Pd accostato a Lega, Fi e FdI”.

   

Anche Carlo Calenda è della stessa idea. Convinto che “se fosse passata quella 5S con astensione opposizioni la spaccatura sarebbe diventata una sfiducia politica a Conte”. 

 

  

In realtà, subito dopo il voto, il segretario Nicola Zingaretti è sembrato più entusiasta di quanto accaduto che preoccupato di ciò che poteva essere: “La seduta del Senato ha dimostrato in maniera assolutamente evidente che il Governo non ha più una maggioranza. Il presidente Conte si rechi immediatamente al Quirinale dal Presidente Mattarella per riferire della situazione di crisi che si è creata. L'Italia ha bisogno di lavoro, sviluppo, investimenti e ha bisogno di un governo che si dedichi a questo e non ai giochi estivi di Salvini e Di Maio contro gli italiani”.

 

Forse, a ben vedere, quella di oggi al Senato, con la Lega che minaccia rappresaglie nei confronti del M5s, è la prima vittoria politica del nuovo corso Pd.

 

 

Certo, sullo sfondo resta il Pd che, nonostante tutto, continua a litigare. 

 

 

  

Forse, come scrive su Twitter Giuliano Ferrara, sarebbe utile ricordare come andò a finire la secessione dell'Aventino. Uscire dall'aula non sempre porta buoni frutti.