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Rai non informa

Luciano Capone

I tg, e poi? I litigi al governo paralizzano l’informazione a viale Mazzini e così il servizio pubblico lo fa qualcun altro

Roma. Le crisi di governo ad agosto sono molto rare, non se ne vedono da decenni. Probabilmente l’ultima è stata quella del governo Spadolini, nel 1982, che rimise il mandato il 7 agosto in seguito alle dimissioni dei ministri socialisti dopo la bocciatura alla Camera di un disegno di legge sui prodotti petroliferi. La crisi però fu risolta immediatamente, nel giro di pochi giorni, con un governo fotocopia, composto dagli stessi ministri e appoggiato dagli stessi partiti, sempre guidato da Giovanni Spadolini – come se adesso nascesse un Conte bis sempre con Di Maio e Salvini vicepremier e Toninelli ministro delle Infrastrutture – che però durò solo qualche altro mese.

 

 

Sarà per questo, per l’inconsuetudine di grandi sconvolgimenti politici agostani, che l’informazione della Rai, la televisione pubblica, se n’era andata tranquillamente in vacanza. Ma ancora adesso, nonostante il voto delle mozioni sulla Tav al Senato, i comizi sulla spiaggia di Salvini, i turbamenti di Di Maio, la crisi di coscienza e di poltrona dei grillini e la salita di Conte al Colle, non è rientrata. Neppure per seguire il tour sulle spiagge di Matteo Salvini, che comunque è in pieno clima estivo. Per chi avesse voluto seguire in televisione il comizio a Sabaudia del leader della Lega, un evento fondamentale per le sorti politiche del paese, visto che Salvini avrebbe potuto annunciare qualsiasi cosa, inclusa la fine anticipata dell’esperienza di governo con il M5s, non restava che sintonizzarsi su La7, dove c’era uno speciale di “In onda” prolungatosi appositamente per seguire in diretta la manifestazione leghista. A fare servizio pubblico era una televisione privata, peraltro anche premiata dagli ascolti. Le principali reti della televisione pubblica erano invece tutte in modalità Techetechetè, con materiale di archivio o telefilm. Poco prima, l’unico programma d’informazione della Rai in access time, “Tg2 Post”, annunciava con un inviato “la bomba che dovrà sganciare Matteo Salvini” da Sabaudia ma poi dedicava l’intera puntata alle vicende di Bibbiano, senza prolungarsi per far sapere se poi l’ordigno è esploso o se ha fatto fetecchia.

 

Il paese vive un’importante crisi politica ma a Viale Mazzini l’informazione è in villeggiatura, perché la Rai più che da servizio pubblico si comporta da ufficio pubblico, con i suoi ritmi e riti da anni Settanta. Nella programmazione della Rai l’informazione è la grande assente. A parte i telegiornali, attualmente gli unici programmi di approfondimento sono “Agorà estate” la mattina presto e “Linea notte estate” la sera tardi, entrambe su Rai 3. Bruno Vespa ha finito a giugno, salvo uno speciale a luglio sulla scomparsa di Andrea Camilleri, e non ci sono sostituti.

 

Non che il problema sia semplicemente estivo. Durante il resto della stagione televisiva, l’unico programma d’informazione in prime time è “Cartabianca” di Bianca Berlinguer, peraltro quasi sempre sconfitto da “DiMartedì” di Giovanni Floris su La7 e senza grandi picchi se si escludono le uscite alticce di Mauro Corona travestito da forestale. Per il resto, nella “Rai del cambiamento” non ci sono state innovazioni sul fronte dell’informazione, anzi gran parte dell’impegno è stato soprattutto rivolto a chiudere programmi indigesti ed eliminare o spostare figure non considerate allineate: la guerra a Fabio Fazio ha portato al dislocamento da Rai 1 a Rai 2, ma non si sono fatti passi in avanti nel proporre nuovi volti. Doveva nascere una striscia su Rai 1, ma per scontri sui nomi, piuttosto che scontentare uno dei due azionisti di governo, non se n’è fatto nulla. Perché se da un lato è facile indicare cosa va eliminato, molto più complicato è sostituirlo con qualcosa che funzioni. L’unico tentativo su questo fronte è stato fatto nella rossobruna Rai 2, dove il sessantottino neogrillino Carlo Freccero ha provato a fare informazione di chiaro stampo sovranista. Ma le cose non sono andate come previsto: “Tg2 Post” non decolla; “Povera patria” – il programma sovranista e signoraggista – è stato spostato a causa di ascolti inferiori alle attese; “Popolo sovrano” è stato chiuso per ascolti troppo bassi. A questo punto, avranno pensato in Rai, guidati forse dalla difficoltà di capire chi comanda davvero nel governo, l’informazione è meglio non farla, anche se dovrebbe essere il principale motivo per cui gli italiani sono costretti a pagare due miliardi di canone. E pensare che le reti commerciali private l’informazione la fanno gratis, raccontano la politica anche ad agosto, guadagnandoci pure.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali