L'anti trucismo è un affare anche tra Renzi e Berlusconi
Lo schema Ursula e le pazze alleanze. Perché un governo del contenimento non nascerà senza l’approvazione del Cav.
Tra le poche certezze della diciottesima legislatura, una delle più pazze, una delle più pericolose e una delle più divertenti mai registrate nella storia recente della Repubblica italiana, ve n’è una inconfessabile con cui negli ultimi quindici mesi hanno dovuto fare i conti tanto la Lega quanto il Movimento cinque stelle: gli equilibri di questo Parlamento non permettono la nascita di nessuna maggioranza che non abbia l’approvazione diretta o indiretta di quello che è attualmente il secondo gruppo parlamentare del Senato. Il gruppo in questione, per quanto possa apparire sorprendente, si chiama Forza Italia, che ha 62 senatori a Palazzo Madama contro i 58 della Lega, i 51 del Pd e i 107 del M5s.
E se nell’estate del 2018 risultò decisivo per la Lega l’assenso offerto da Silvio Berlusconi alla divisione temporanea del centrodestra in favore di un governo populista (e nel giro di un anno, per quanto possa sembrare incredibile, Forza Italia e M5s hanno votato insieme: il presidente della Camera, il presidente del Senato, il salvataggio di Matteo Salvini sul caso Diciotti, il primo decreto sicurezza, la legittima difesa) allo stesso modo si può dire che un anno dopo sarà difficile far nascere un altro governo senza l’assenso diretto o indiretto del partito del Cav. In teoria, un esecutivo pazzo formato dal Pd e dal Movimento cinque stelle, magari guidato persino da un magistrato, dovrebbe essere quanto di più distante possa esistere sulla faccia della terra dal partito del Cav. Eppure la nascita di un governo del contenimento salviniano potrebbe non essere una notizia così devastante per chiunque abbia a cuore il destino politico di una destra non truce ed è per questo che un pezzo non indifferente del centrodestra berlusconiano, come risulta al Foglio, oggi vede tutt’altro che con terrore l’opzione di un governo demo-grillino.
Un governo che avrebbe l’effetto di ritardare la data delle elezioni, che avrebbe l’effetto di non mettere ciò che resta del partito del Cav. nelle fauci del trucismo, che avrebbe l’effetto di dare più tempo per organizzarsi ai teorici della destra non truce e che in prospettiva darebbe al Cav. la possibilità di giocare, con numeri alla Camera e al Senato che l’ex premier difficilmente avrà in un altro Parlamento, un ruolo non secondario nella scelta, tra poco più di due anni, del prossimo presidente della Repubblica. Il partito del Cav. continuerà naturalmente a trattare fino all’ultimo con Matteo Salvini per avere il maggior numero di posti possibile nelle liste della coalizione di centrodestra (ieri Forza Italia ha detto di non volere in caso di elezioni una lista unica ma di volere un’alleanza come nel 2018) ma se un governo del contenimento nascerà è prevedibile che in una qualche forma il partito del Cav. troverà un modo per dare una mano e per tentare di rimettere insieme in formato bonsai un contratto che se non fosse stato rotto nel 2015 ai tempi dell’elezione di Sergio Mattarella avrebbe forse permesso all’Italia di non essere ostaggio di un doppio populismo.
Il patto del Nazareno, l’accordo istituzionale che nel 2014 venne firmato da Renzi e Berlusconi, non potrà più risorgere sotto nessuna forma ma se il progetto di governo con il M5s suggerito da Renzi dovesse prendere vita non è difficile immaginare che un minuto dopo la nascita di questo esecutivo nascerebbero in forma più o meno diretta dei nuovi gruppi parlamentari (alla Camera si può) desiderosi di dare vita a un progetto di scomposizione simile a quello suggerito su questo giornale da Angelo Panebianco (un po’ di Pd e un po’ di FI). Può piacere oppure no, si possono considerare le elezioni la strada migliore o quella peggiore, ma nella legislatura più pazza del mondo il contenimento del trucismo passa da un accordo non solo tra Pd e M5s ma anche con il partito del Cav. E’ uno schema pazzo ma in fondo è lo stesso andato in scena un mese fa al Parlamento europeo quando Pd, Forza Italia e M5s hanno scelto di votare insieme lo stesso e ultra europeista presidente della Commissione: Ursula von der Leyen. Ah, che spasso l’anti trucismo. Slurp!