Roberto Gualtieri (Foto LaPresse)

Per Gualtieri (Pd) il patto europeo con il M5s può essere esportato al governo

Carmelo Caruso

"La riduzione del numero dei parlamentari è storicamente collegata al superamento del bicameralismo perfetto ma qui esistono criticità di rappresentanza"

Roma. Siamo dinanzi a un’ennesima forzatura delle regole o siamo di fronte a un goffo tentativo di fuga da parte di Matteo Salvini? “A me sembra più una mossa goffa e disperata dettata dalla consapevolezza di aver fatto male i conti e che la pretesa arrogante di dettare tempi ed esito della crisi è minoritaria in Parlamento”. E allora per Roberto Gualtieri, europarlamentare del Pd e da poche settimane indicato ancora una volta presidente dell’Econ, la commissione dei problemi economici e monetari, di fronte a un’offensiva così spregiudicata occorre verificare “le condizioni per un governo politico”. E’ anche lei favorevole a un governo insieme al M5s? “In una situazione internazionale segnata dal rallentamento dell’economia, dalla volatilità dei mercati e dalla prospettiva di una possibile hard Brexit provocata da Boris Johnson, ma anche dall’opportunità di avviare la nuova legislatura europea con un cambio di passo, io dico che quelle condizioni bisogna verificarle”. Sul modello di quanto si è verificato in Europa - ovvero l’elezione di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione, avvenuta con la convergenza di M5s, Pd e Fi - per Gualtieri anche in Italia è possibile, forse ineludibile provare a fare altrettanto.

 

Ma per durare quanto? “Deve essere un governo che ambisca a durare per l’intera legislatura, che possa rafforzare il fronte da Sanchez a Macron del cambiamento nell’Ue e al tempo stesso aumentare il peso del paese in Europa, a partire dall’attribuzione all’Italia di un portafoglio di peso come quello della Concorrenza”. Non è preferibile votare? “Ritengo che una soluzione emergenziale, tecnica e di corto respiro sarebbe inefficace se non controproducente. E’ una sfida difficile e dall’esito non scontato, e per questo fa bene il segretario Zingaretti a garantire che il Pd sia comunque pronto per le elezioni”. E infatti per Gualtieri non c’è dubbio che a favorire la nascita di questo governo debba essere il segretario del Pd. “La fase è così tumultuosa che l’unità intorno al segretario e al gruppo dirigente è ovviamente decisiva per affrontarla nel migliore dei modi”.

  

Non teme che il M5s vi riporti all’epoca dello streaming? “Per quanto riguarda lo streaming mi sembra che fortunatamente sia da tempo caduto in disuso. Altra cosa è la necessità di un confronto programmatico serio e limpido”. Come si è scritto, il precedente è quello che viene chiamato il “patto Ursula” e per Gualtieri è la ragione che rende possibile un governo politico. “La prospettiva esiste perché il M5s ha votato per la presidente della Commissione insieme a socialisti, popolari e liberaldemocratici, dopo che in una serie di passaggi il premier Conte ha ribadito l’ancoraggio europeo dell’Italia” dice Gualtieri che da Bruxelles osserva la scena italiana ma vede orizzonti più ampi. “Con quel voto ha preso forma una sorta di ‘arco costituzionale europeo’ che potrebbe consolidarsi se il M5s scegliesse di entrare in uno dei gruppi proeuropei che siedono al Parlamento europeo. Naturalmente ciò che è avvenuto in Europa, con un ruolo importante del Pd a partire dall’elezione di Sassoli al negoziato programmatico con la van der Leynen, offre una premessa positiva, ma dobbiamo sapere che si tratta di una prospettiva ambiziosa che richiede dei passi rilevanti da parte del M5s, ma che io penso sia doveroso esplorare”. C’è già una mappa comune? “Si deve concorrere a un cambio di indirizzo delle politiche europee, a partire da una politica fiscale comune più espansiva e dai punti qualificanti che su nostra richiesta sono entrati nel programma della nuova Commissione: piano di investimenti per la sostenibilità ambientale e sociale e l’innovazione, schema europeo di riassicurazione dei sussidi di disoccupazione, implementazione del pilastro sociale, lotta ai paradisi fiscali, rilancio della riforma di Dublino”. Potreste convergere sul taglio dei parlamentari? “La riduzione del numero dei parlamentari è propria della sinistra dai tempi della commissione Jotti, e storicamente collegata al superamento del bicameralismo perfetto. Qui esistono delle criticità sul piano della rappresentanza, che potrebbero essere mitigate da un sistema interamente proporzionale”.