Luigi Di Maio sul viale del tramonto
Il leader politico del M5s alla ricerca di un posto nel nuovo governo rosso-giallo. Conte gli ha rubato la scena e il Pd non lo vuole come vicepremier
Erano i padroni dell'Italia, nessuno sembrava in grado di fermarli. Da un lato Matteo con i suoi rosari, i suoi porti chiusi e i suoi bagni di folla (anche i suoi bagni veri, nell'Adriatico del Papeete beach). Dall'altro Giggino che, pur con qualche problema elettorale in più, teneva salde nella sue mani le redini del M5s. Il premier Giuseppe Conte, era il pensiero unanime, non è altro che una marionetta nella loro mani.
Poi, però, Matteo ha deciso di dire basta. E tutto ha iniziato a precipitare. Così, oggi, Salvini è costretto a interminabili dirette su Facebook per ricordare al mondo la propria esistenza (nell'ultima, stamattina, è tornato a sbraitare contro chi ha paura del voto degli italiani). Mentre Giggino ha deciso di percorrere la strada della trattativa con il Pd che, giorno dopo giorno, lo sta fagocitando. Certo, tutto può ancora succedere, ma il leader del M5s, almeno per ora, è il grande sconfitto della partita che si è aperta dopo le dimissioni di Giuseppe Conte.
Tant'è che, con un vittimismo simile a quello che spinge il suo ex sodale Salvini a parlare quotidianamente di complotti ai suoi danni (se complotti ci sono è stato lui a offrire l'occasione perché potessero concretizzarsi), stamattina Di Maio si è lamentato per ciò che sta accadendo: “Sono ore molto difficili per il paese, in cui ognuno dovrebbe saper dimostrare responsabilità. Ci siamo ritrovati in una crisi di governo senza un perché, per colpe che non sono certo attribuibili al M5s. Mi sorprende che qualcuno sembri essere più concentrato a colpire il sottoscritto che a trovare soluzioni per gli italiani. Ma questa è la politica. Anzi, questa è una certa politica, abituata a concepire il dibattito non come un'occasione di crescita, bensì come uno scontro continuo e sistematico sulle persone. Non ho intenzione di aggiungere altro”.
Il fatto è che Di Maio avrebbe voluto fare il ministro dell'Interno del nuovo governo rosso-giallo, ma il Pd ha detto no. Avrebbe voluto fare il ministro della Di fesa, ma i vertici militari avrebbero fatto cortesemente sapere che non era il caso. Ora dovrà accontentarsi di un altro ministero (quale?), e di sicuro dovrà rinunciare al ruolo di vicepremier. Perché anche su questo punto Nicola Zingaretti è stato chiaro: “Oggi, dopo la stagione consumata con la crisi voluta dalla Lega, Giuseppe Conte sarà il candidato presidente indicato dai 5 Stelle per la guida di un governo fondato su un impianto e un programma diversi. Noi riconosciamo in questa scelta l'autonoma decisione del partito di maggioranza relativa in questa legislatura. Con questa volontà il M5s, ed è legittimo, rivendica la presidenza del governo. Ha rifiutato altre ipotesi. E in questa scelta è inciso il superamento di un modello sul quale si fondava il vecchio governo. Una figura condivisa e due vice espressione dei due partiti della coalizione. Questo modello non c'è più”.
Ancor più chiaro di lui è stato il vicesegretario democratico, Andrea Orlando: “Se il presidente del Consiglio è indicato dal M5s è ragionevole che il vicepremier sia del Pd. Il termine veto è sbagliatissimo, noi poniamo una condizione politica per far capire che stiamo entrando in una fase nuova”.
E se stasera, come previsto, Sergio Mattarella indicherà il nome di Conte come premier incaricato, la débâcle di Di Maio sarà completa. Perché a quel punto, la trattativa sarà inevitabilmente tra il presidente del Consiglio e Zingaretti. Dopotutto anche Donald Trump lo ha detto: “Giuseppi” Conte è “un uomo di grande talento che si spera rimanga primo ministro!” “Luigini” non suonava altrettanto bene.