Le prove di “discontinuità economica” smontano il bluff (al rialzo) di Di Maio
Le prime intese tra Pd e M5s sulla legge di Bilancio. Il dialogo Castelli-Misiani e l’ipotesi Fraccaro vicepremier. Le mosse grilline sul commissario europeo
Roma. L’eco dell’urlo afono, spompato, di Luigi Di Maio va ancora rimbalzando per le scale di Montecitorio, e già Loredana De Petris, capogruppo al Senato di LeU, spande pessimismo in Transatlantico: “Il capo del M5s vuole sabotare questo accordo, è evidente”. Renata Polverini, più disincantata, allarga le braccia: “È che il troppo potere, a trent’anni, fa male alla testa”. Perfino i deputati leghisti, dopo giorni di silenzio, tornano a interrogare i cronisti (“Ma veramente questi litigano?”), col tono di chi spera di tornare in gioco. Ma ecco che Paolo Cirino Pomicino, le mani dietro la schiena, distilla in uno sbuffo la sua saggezza: “È l’imprevedibilità dell’ignoranza”. Lo dice riferendosi alla scriteriata crisi agostana che fu cagione dell’ultima ruina di Matteo Salvini, ma appare a tutti evidente che si attaglia benissimo anche alle dichiarazioni di Di Maio, quell’ultimatum spavaldo e disperato (“O i nostri punti entrano nel programma o si va al voto”) lanciato nella Sala della regina, dopo le consultazioni col premier incaricato Giuseppe Conte. E insomma tutto pare sul punto di poter davvero precipitare, se non fosse che in quel momento, quasi in sordina, arriva una pattuglia di parlamentari del M5s con gli zaini in spalla e delle cartelline con dei documenti nelle mani. Ci sono i senatori Vincenzo Presutto e Laura Bottici, vicinissima a Beppe Grillo, insieme a tecnici del legislativo della commissione Bilancio, per parlare di autonomie e di finanza; e c’è il deputato Raffaele Trano, impegnato sul dossier che riguarda la separazione delle banche commerciali da quelle di investimenti. “Ci hanno detto di accelerare sulla stesura del programma, nel fine settimana ci saranno nuovi incontri con la delegazione del Pd, già domani mattina (cioè oggi) Conte coordinerà una nuova riunione per fare una sintesi sulle proposte emerse”. E le parole di Di Maio? E le minacce di crisi? “Ma quali minacce? Col Pd siamo concettualmente più vicini che con la Lega”, sorride Presutto, mentre dalla buvette spunta Laurta Castelli, pure lei serafica, che subito richiama all’ordine la truppa: “C’è da lavorare”.
Non comparirà ufficialmente, la viceministro dell’Economia, ai tavoli di mediazione tra grillini e democratici: non lo farà perché, a quanto si è deciso, le delegazioni saranno composte da soli parlamentari, escludendo chi riveste ruoli di governo. E però, anche se a discutere col Pd di bilancio e sviluppo per il M5s andrà probabilmente Rapahael Raduzzi (già relatore della precedente “manovra del popolo”), è proprio la Castelli a gestire, sottotraccia, la trattativa più delicata. Quella, cioè, che riguarda la prossima legge di Bilancio. “È chiaro che l’impianto generale resta quello che avevamo già preparato, non permettiamo che si stravolga”, dice, con piglio deciso, la contabile grillina, che ha già avuto modo di confrontarsi sul tema col responsabile economico della segreteria di Zingaretti, Antonio Misiani. “Siamo a livello di una chiacchierata davanti al caffè”, dicono dal Nazareno, dove commentano le interlocuzioni già avvenute come “molto preliminari”. E però, a sentire chi ha partecipato ai tavoli di confronto negli scorsi giorni, ci sarebbero già “delle intese messe nere su bianco”. Lo conferma, in qualche modo, anche Roberto Morassut, altro fedelissimo del leader del Pd che segue da vicino l’evolversi del dibattito. “L’impostazione generale non muterà rispetto al progetto di Tria, se non per il fatto che le riduzioni delle tasse seguiranno una logica diversa. Anziché estendere l’aliquota del 15 per cento alle partite Iva con reddito fino a centomila euro, e applicarla anche ai redditi incrementali, si utilizzeranno quelle risorse per concedere sgravi fiscali ai redditi più bassi e per l’abbattimento del cuneo fiscale. E quel che resta, andrà in investimenti per ambiente e formazione”. I conti, anche così, sembrano quadrare a fatica, visto che si parte da 23 miliardi di clausole Iva (“Che il Pd intende disinnescare completamente, senza muovere alcuna aliquota”, ribadisce il renziano Luigi Marratin), e altri 4 o 5 di spese indifferibili.
Certo, la contrattazione con l’Europa potrebbe essere più agevole: e dall’1,8 per cento di deficit previsto da Giovanni Tria, si potrebbe guadagnare un altro mezzo punto. “Di cifre non si parla assolutamente in questa fase”, afferma la Castelli. La quale, quando le si chiede dei benefici che l’alleanza col Pd apporterà alla contrattazione con Bruxelles, rivendica con orgoglio che “tutta la flessibilità che abbiano ottenuto in questi mesi ce la siamo guadagnata noi, senza il bisogno del Pd”.
E questa convinzione, a ben vedere, si trascina dietro un altro tema, che di certo vivacizzerà ancor più le già tribolate trattative per sistemare nomi e incarichi. “Tutti danno per scontato che il commissario europeo sia del Pd, ma se l’Italia otterrà un portafoglio prestigioso come la Concorrenza sarà per merito del precedente governo. Insomma – si ragiona nel “gigio magico” di Di Maio – quantomeno lo si dovrà condividere, quel nome”. Così come alla fine si troverà un’intesa, seppure nella cagnara scomposta di queste ore, anche sui vicepremier. Conte ha fatto capire che non accetta un unico vice del Pd, e anche sul sottosegretario alla Presidenza si è riservato un diritto di discrezionalità. Motivo per cui, anche nel Pd, cresce l’insistenza per concedere a Di Maio l’onore delle armi. Giovedì sera, mentre cenava con la sua Virginia alla pizzeria “Da Michele”, zona Flaminio, è stato raggiunto anche dalla notizia secondo cui il Pd era disposto a concedere il vicepremierato al M5s, a patto che fosse riservato a Riccardo Fraccaro. Inaccettabile, per il capo grillino. “Alla fine – ragionano i fedelissimi di Di Maio, pur sapendo che il pensiero di Mattarella non è così distante da quello del leader del Pd – si chiuderà sui due vicepremier, e uno sarà per Luigi. Ma in cambio ci chiederanno qualcosa”. E voi? “E noi stiamo valutando cosa possiamo cedere e cosa no”.