Giuseppe Conte e Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Quello che il M5s non dice nella sua domanda agli attivisti di Rousseau

Domani sulla piattaforma la votazione sul governo rosso-giallo. Il Movimento si concentra sul Pd e affida la responsabilità di tutto a Conte: ma qual è il programma?

Luigi Di Maio lo aveva detto venerdì, dopo aver incontrato Giuseppe Conte alla Camera: “È un premier super partes”. Quindi non direttamente riconducibile ai 5 stelle. Ma passare dall'essere un premier super partes a diventare un parafulmine è cosa breve. A ben vedere basta un sì, o un no, a una domanda: “Sei d’accordo che il MoVimento 5 Stelle faccia partire un Governo, insieme al Partito Democratico, presieduto da Giuseppe Conte?”. È questo il quesito al quale domani (si vota dalle 9 alle 18) dovranno rispondere gli iscritti alla Piattaforma Rousseau. Un quesito che, come ha sottolineato il Post, è molto diverso rispetto a quello del maggio 2018, quando per avallare l’alleanza di governo con la Lega di Salvini agli iscritti fu domandato: “Approvi il contratto del governo del cambiamento?”.  

 

Il fatto è che all'epoca c'era un contratto, un testo con degli impegni da rispettare. Stavolta, nonostante da giorni Pd e M5s raccontino che si sta lavorando a definire il programma, il programma non c'è. Certo esistono i 5 punti di Nicola Zingaretti approvati dalla Direzione dei Democratici (a cui se ne sarebbero aggiunti altri tre durante le consultazioni al Quirinale). Ci sono i dieci punti, poi diventati 20, elencati da Di Maio. Ma né Pd, né M5s, nonostante le frasi di circostanza (“ci sono delle convergenze”) hanno detto ufficialmente quali di questi punti sono condivisi e quali no. I delegati dei due partiti continuano a vedersi, continuano a trattare, sia sui temi che sui nomi, ma ancora non hanno formulato una documento comune che possa essere votato dai rousseauniani. 

 

Il partito della democrazia diretta, almeno stavolta, sembra preferire le regole della politica vecchia maniera, con discussioni (e decisioni) prese lontano dalle piattaforme web. Certo, Rousseau resta sempre un'incognita(soprattutto perché Davide Casaleggio non si è mai espresso né a favore, né contro un eventuale governo con il Pd). E così, come ricorda oggi il presidente dei senatori M5s, Stefano Patuanelli, “la piattaforma è un mezzo per prendere decisioni, pari alla direzione di un partito. Se dovessero prevalere i no il presidente del Consiglio dovrà sciogliere la riserva di conseguenza, in modo negativo”.

  

Tutto, insomma, è sulle spalle di Giuseppe Conte. Sarà lui, se gli iscritti alla Piattaforma Rousseau faranno prevalere il no, a doversi assumere la responsabilità di ciò che succederà dopo. Farà prevalere la democrazia digitale o quella parlamentare? Viene quasi da pensare che il tutto sia stato fatto apposta per salvare ciò che rimane della faccia (e della carriera) di Luigi Di Maio, l'enfant du pays, lo scugnizzo creato da Casaleggio e posto al vertice del M5s. Meglio spostare l'attenzione sull'altro, sul “premier super partes”, l'uomo innalzato a salvatore della dignità del Movimento dopo lo sgarbo di Matteo Salvini. L'uomo che anche Beppe Grillo, in un video pubblicato sul suo blog, ha più volte elogiato, sottolineando come l’alleanza con il Pd rappresenti una grande occasione per il Movimento e che quindi poco importa se Giggino otterrà o meno un posto da vicepremier. Domani, quindi, la parola passerà alla Piattaforma Rousseau. Sei d’accordo che il MoVimento 5 Stelle faccia partire un Governo, insieme al Partito Democratico, presieduto da Giuseppe Conte? Sì, ma per fare cosa? Questo lo scopriremo solo vivendo.