Casini ci dice perché al governo darà “una fiducia a tempo”
Il senatore nel gruppo delle Autonomie: “Il buongiorno non si vede dal mattino: mi auguro che l’alleanza non sia l’embrione di un nuovo centrosinistra”
Roma. Un sospiro, ad aprire la conversazione. “E’ un governo che nasce gracile e che dovrebbe rafforzarsi strada facendo”. E però? “E però, se il buongiorno si vede dal mattino, direi che c’è un problema”, dice Pier Ferdinando Casini. “E il problema sta nel fatto che questo esecutivo è troppo sbilanciato a sinistra”. Ancora non parte, insomma, e già iniziamo a picconarlo? E qui l’ex presidente della Camera, oggi senatore nel gruppo delle Autonomie, uno che pure ha dato un contributo non del tutto secondario nelle trattative che hanno portato alla formazione del BisConte in salsa rousseaugialla, mette le mani avanti. “No, nessun tentativo di sabotaggio. Bisogna essere generosi, con questo governo che nasce in condizioni di indubbia difficoltà, sulla scia di una decisione folle di Matteo Salvini che, dopo avere fatto propaganda per un anno dal Viminale, ha preteso di dettare lui i tempi della crisi, scatenando la reazione di tutto il Parlamento, compreso un pezzo significativo di Forza Italia”.
Operazione riuscita, allora: il nuovo governo Conte ha appena giurato al Quirinale. “Sì, ma al Colle ci è arrivato dopo avere imbarcato anche LeU. E sia chiaro: io non ho niente contro gli amici di LeU, né tanto meno contro quella bravissima persona che è Roberto Speranza. Ma un governo così connotato a sinistra risulta minoritario, così rischiamo di spaventare i moderati e il mondo delle imprese. Per questo mi sono sentito di esprimere le mie riserve rispetto al pieno coinvolgimento di LeU”. Scatenando non poche critiche, negli eredi del Pci, che le rimproverano di non avere affatto disdegnato i voti della sinistra, quando si è candidato col Pd a Bologna. “Ricordo che nell’uninominale della mia città, il 4 marzo 2018, vinsi il mio collegio col 35 per cento. L’amico Vasco Errani, di LeU, era contro di me in quel collegio e non arrivò al 10. Ieri anche Massimo D’Alema mi ha scritto per dirmi che lui non è affatto un pericoloso sovversivo. E ha ragione, io non lo credo affatto. Ma il problema è politico”.
Tuttavia il sostegno di LeU, in Parlamento, è decisivo per garantire la maggioranza. Specie al Senato. “Infatti, a mio avviso, questo doveva essere un governo composto da Pd e M5s, appoggiato esternamente da altre compagini, con possibilità di espansione anche nell’area moderata. Ma così diventa tutto più difficile”. Difficile è anche prevedere che possa essere stabile un esecutivo che deve sperare in appoggi esterni, però. “Attenzione a non considerare un elemento di forza l’acquisto di quattro o cinque voti in Parlamento, se per ottenerli si perde la sintonia col paese. Penso ad esempio al Viminale. Vedo che Salvini ha già cominciato ad attaccare il nuovo ministro dell’Interno Lamorgese, eccellente servitrice dello stato, in quanto ex capo di gabinetto di Alfano. Si tratta di demagogia spicciola, certo. Però, ecco, stiamo attenti: non vorrei che si passasse dalla becera politica dei ‘porti chiusi’ a quella dei ‘porti aperti per tutti’. Spero che la linea tracciata da Minniti, a suo tempo, non venga valicata in senso opposto”.
Ma insomma, Casini, le piace questo governo? “Lo voterò, se è questo che volete sapere. Ma si tratterà di una fiducia a tempo, non illimitata, concessa sforzandoci di non vedere alcuni elementi non proprio entusiasmanti”. Del tipo: Luigi Di Maio ministro degli Esteri? “Una scelta poco felice. Ma anche San Paolo era un libertino che si convertì sulla via di Damasco. Di Maio non è sciocco, e credo che si farà guidare dalle ottime strutture della Farnesina, che è un po’ una grande, accogliente famiglia. Magari Elisabetta Belloni, segretario generale, potrà fargli un corso accelerato di diplomazia”.
Chi ne è uscito meglio, da questo crisi? “Malissimo Salvini: si è suicidato. Renzi se l’è giocata bene, Franceschini strabene. E decentemente se l’è giocata Berlusconi, che col suo garbo istituzionale ha dimostrato che senza di lui il centrodestra è al primitivismo del populismo”. E Zingaretti? “Gli darei la sufficienza. Ha adottato una politica di contenimento, e da vecchio giovane del Pci è passato all’incasso sui posti di potere”. Prodi pensa già a una nuova stagione di maggioritario. “Io rispetto Romano, ma la penso all’opposto. Quello che serve, ora, è un proporzionale. Altro che bipolarismo: io mi auguro proprio che questo governo non sia l’embrione di un nuovo futuribile centrosinistra. E io ogni caso, io non ne farei parte”.