La stagione degli specchi
Moralisti travolti dal moralismo. Perbenisti ostaggi del perbenismo. Estremisti prigionieri dell’estremismo. Trudeau, Trump, Le Pen, Salvini, Grillo. Lo show dei creatori di mostri terrorizzati dai mostri diversi che hanno contribuito a creare
Friedrich Nietzsche sosteneva che coloro che lottano contro i mostri devono ricordarsi sempre che inseguire i mostri è spesso la via più rapida per diventare a loro volta mostri – “Se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l’abisso alla fine scruterà dentro di te” – e se si volesse cercare oggi un modo pazzo per tenere unite all’interno di uno stesso filo alcune storie importanti che negli ultimi mesi hanno catturato l’attenzione dell’opinione pubblica non solo italiana si potrebbe dire che mai come in questa fase storica coloro che creano mostri tendono a essere inghiottiti dai mostri che hanno creato.
Justin Trudeau, in Canada, primo ministro liberal, paladino del politicamente corretto, nonostante un profilo spesso poco politicamente corretto – chiedere ad Asia Bibi che ha trovato in Canada quel rifugio vitale negatogli da molti paesi guidati da leader campioni del politicamente scorretto – due giorni fa è stato travolto da una tipologia di non scandalo che può diventare scandalo solo in regimi dominati dal politicamente corretto, e per non essere accusato di razzismo è stato costretto a chiedere scusa alla nazione per una foto innocua risalente al 2001 che lo ritrae a una festa in maschera con la faccia dipinta di nero e un turbante in testa. Il moralismo, come sa bene Asia Argento, reginetta del MeToo travolta da uno scandalo MeToo, e come sa bene il New Yorker, giornale che dopo aver dato il via al caso Weinstein è stato costretto a licenziare il suo principale corrispondente da Washington, Ryan Lizza, a seguito di accuse di molestie rivelatesi prive di riscontri fattuali, si mangia spesso i moralisti. E anche se gli automatismi sono molto diversi – e anche se i parallelismi possono far girare la testa – si può dire che per capire meglio alcuni schemi interessanti dell’attuale stagione politica è necessario tenere bene a mente il meccanismo nietzschiano.
Negli Stati Uniti, Donald Trump si è reso conto che uno dei più grandi ostacoli alla sua rielezione (si vota nel 2020) è direttamente collegato ai possibili effetti nocivi generati dalla sua politica dei dazi: più i dazi contro la Cina saranno reali, più l’economia globale rallenterà, più in America lo scenario della recessione avrà possibilità di diventare qualcosa di diverso da un semplice incubo. In Inghilterra, molti conservatori che hanno fatto a lungo gli schizzinosi con Theresa May auspicando di avere un primo ministro capace di contrattare un vero accordo con l’Europa si ritrovano oggi a guardarsi allo specchio e a rimpiangere un accordo che avrebbe potuto evitare al Regno Unito il baratro del no deal. In Francia, una delle donne che saranno protagoniste della prossima stagione elettorale del 2022, Marion Le Pen, il cui nonno si chiama Jean-Marie Le Pen e la cui zia si chiama Marine Le Pen, esattamente un anno fa ha scelto di rinunciare al suo cognome ingombrante, decidendo, negli stessi giorni in cui il suo partito metteva da parte le battaglie antieuro, di farsi chiamare solo con il cognome del padre – Maréchal – per evitare di spaventare gli elettori e non restare così ostaggio dell’estremismo creato dal suo stesso partito. In Italia, allo stesso modo, il partito dei cugini della Le Pen, ovvero la Lega di Matteo Salvini, si è ritrovato improvvisamente davanti allo specchio prigioniero di una verità difficile da ammettere: la Lega estremista di Salvini fino a che non metterà da parte l’estremismo creato da Salvini avrà scarse possibilità di non essere messa agli estremi della politica italiana.
Gli estremismi si guardano allo specchio, si rendono conto dei mostri creati (chiedere ai giustizialisti grillini costretti a difendersi dal circo mediatico-giudiziario alimentato per anni, rinnegando il giustizialismo) e quando possono cercano di far dimenticare la propria mostruosità rimangiandosi quanto detto in passato o ribellandosi ai mostri da loro stessi alimentati. Grillo, per dirne una, vede oggi il mostro Di Battista lottare contro un governo che ha reso impossibile a Salvini guidare l’Italia e improvvisamente vede riflesso l’estremismo che ha contribuito ad alimentare negli ultimi dieci anni. Di Battista, a sua volta, vede riflesso nel suo specchio il mostro Rousseau e probabilmente non si capacita di come sia possibile che un partito votato da dieci milioni di persone per non governare con Renzi si ritrovi oggi al governo con Renzi. Berlusconi, per dirne un’altra, si guarda allo specchio e mentre dice che Renzi non è un suo figlioccio si rende conto che non aver combattuto a sufficienza l’estremismo leghista lo ha portato a ritrovarsi dall’altra parte dello specchio un erede che forse mai avrebbe voluto, che di nome fa sempre Matteo ma che di cognome fa Salvini. Può darsi che sia solo una fase, può darsi che sia solo un momento, può darsi che ci stia girando troppo la testa, può darsi che gli estremismi torneranno a guardare il proprio riflesso senza vergognarsi più dei mostri che hanno creato. Ma intanto la formidabile stagione degli specchi ci dice qualcosa che permette di non perdere il buon umore: i creatori di mostri si stanno rendendo conto che chi crea i mostri ha buone possibilità di essere inghiottito dalle mostruosità che ha contribuito a creare. E più i creatori di mostri si renderanno conto delle loro mostruosità e più l’estremismo avrà possibilità di restare giù negli abissi, e magnificamente lontano dalle nostre vite.