Lorenzo Fioramonti è il nuovo Danilo Toninelli
C'è una nuova stella nel Movimento: Fioramonti, il ministro che vuole stroncare il "business delle merendine"
Roma. E’ evidente, è Lorenzo Fioramonti il nuovo Danilo Toninelli. Solo che non tutti se ne sono ancora accorti. Il nuovo ministro dell’Istruzione rossogiallo è partito col botto, come primo atto ha minacciato di dimettersi se nella manovra non ci saranno tre miliardi per il suo ministero. La mossa non è nuova, già a giugno, quando era viceministro dell’Istruzione gialloverde, aveva minacciato le dimissioni se non avesse ottenuto un miliardo e, visto che nel frattempo ha ottenuto la promozione a ministro, ha triplicato la richiesta: “Ci vogliono subito, nella legge di Bilancio, due miliardi per la scuola e uno almeno per l’università. Lo dico da ora: se non ci saranno, mi dimetto”. Che l’esponente grillino avesse delle potenzialità, lo si era capito già l’anno scorso, quando al Miur aveva fondato un asserito “Osservatorio” sui concorsi universitari truccati e ci aveva messo come direttore il suo portaborse Dino “detto Iena” Giarrusso, al grido di “Chi meglio di una ex Iena per farlo!”, scatenando così l’ilarità sui social e l’indignazione degli accademici. Poi il compito di Giarrusso è stato ridimensionato in smistatore di posta elettronica, il ruolo dell’Osservatorio limitato a quello di ufficio reclami e la figura di Fioramonti offuscata da quella di Toninelli.
Ma ora che lo statista di Soresina non fa più parte del governo, il cervello scappato in Sudafrica e poi rientrato in patria non ha rivali nella conquista delle prime pagine attraverso le proposte più disparate, che poi sono generalmente tasse: sulle merendine, sulle bibite zuccherate e sui voli aerei. Tutti comportamenti viziosi o dannosi per l’ambiente, che Fioramonti propone di sanzionare per recuperare il gettito necessario a evitare le sue dimissioni. Non lo fa per se stesso, è una soluzione che offre al paese per trattenerlo al ministero. Luigi Di Maio, che ha visto partire, crescere e abbattersi la slavina Toninelli, ha cercato immediatamente di porre un argine: “Noi dobbiamo abbassare le tasse, non aumentarle. E’ totalmente sbagliato parlare ogni giorno di nuovi balzelli”.
Nonostante i timori di Di Maio, in pochi si sono accorti della somiglianza tra Fioramonti e Toninelli. Davanti all’opinione pubblica, il ministro dell’Istruzione ha un doppio vantaggio rispetto all’ex ministro delle Infrastrutture. In primo luogo gran parte delle sue uscite cavalcano l’onda ambientalista e, attualmente, anche le sciocchezze più grandi sembrano geniali trovate se dipinte di verde (vedi l’invito rivolto alle scuole di giustificare le assenze degli studenti che hanno scioperato per il clima); in secondo luogo è un professore e questo, di per sé, gli dà – agli occhi dei media – più autorevolezza rispetto a un liquidatore sinistri.
Ma basta leggere distrattamente le sue interviste per rendersi conto che le sue affermazioni sono sbagliate o completamente incoerenti. Sul Corriere della Sera ha proposto un aumento a pioggia di 100 euro degli stipendi degli insegnanti per migliorare l’istruzione, salvo poco dopo dire che – se distribuito in base al merito – l’incentivo monetario “non funziona”. Perché gli insegnanti non sarebbero dei professionisti ma missionari, come i donatori di sangue: “Quando si paga chi dona il sangue, diminuisce il numero dei donatori”. Dal che si evince che per motivare gli insegnanti bisognerebbe tagliargli lo stipendio, anziché alzarglielo. Per un professore siamo davvero in zona Toninelli, perché nessun economista si sognerebbe di assimilare lavoratori e donatori, dato che chi fa l’insegnante non lo fa per volontariato e chi fa il donatore non lo fa per professione.
Alla Stampa ha detto di essersi dotato di un “consiglio scientifico sullo sviluppo sostenibile” e di averci messo l’arcinota spargitrice di bufale scientifiche Vandana Shiva, adottando quindi lo stesso criterio che ha condotto alla nomina di Giarrusso al vertice del presunto Osservatorio sui concorsi universitari. Poi rispondendo a Salvini sul tema merendine, Fioramonti ha detto: “Se fossi un sovranista mi batterei per promuovere le spremute italiane e il panino al prosciutto, non per sostenere le multinazionali delle bevande gassate. In Italia, il business delle merendine fattura miliardi. Non è un caso che l’uomo più ricco del paese sia un produttore di merendine”. Tralasciando il fatto che secondo l’approccio ipersalutista di Fioramonti il prosciutto dovrebbe essere ritenuto veleno in quanto carne lavorata (quindi cancerogena secondo l’Oms) e piena di sale (molto dannoso), e sorvolando sul fatto che le bevande gassate delle multinazionali sono prodotte in Italia, neppure Toninelli sarebbe arrivato a evocare il potere del “business delle merendine”. Le brioche non sono droga e la Ferrero non è il nostro cartello di Medellín.