Sanità senza Speranza
L’aumento del ticket è demagogico. Il giusto stop del premier Conte
Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha annunciato che nell’ambito della prossima Finanziaria saranno rivisti criteri di pagamento dei ticket sanitari, in modo da renderli progressivi. Chi guadagna di più, dice, deve pagare di più. Sembra ragionevole, ma si potrebbe obiettare che siccome si parla di redditi dichiarati al fisco chi guadagna di più già paga di più, per effetto della progressività delle aliquote. Bisogna applicare la progressività oltre che al reddito anche alle prestazioni? Discutibile. D’altra parte c’è già una norma, quella sulle esenzioni, che prevede che, dopo i 65 anni di età, valgano solo per redditi inferiori ai 36 mila euro annui. Secondo le informazioni che sono state date, ancora imprecise, sembra che questo aumento dei ticket riguardi redditi superiori ai 100 mila euro. Quanti sono gli italiani che dichiarano un reddito superiore ai 100 mila euro per membro della famiglia? Circa 400.000 mila contribuenti. Non molti. Il che fa intendere che il risultato economico per le casse sanitarie di questa operazione sarà assai modesto.
L’effetto politico, invece, può essere ragguardevole, perché consente all’opposizione di gridare che si attenta al diritto alla salute, il che non è vero, ma soprattutto si rischia di creare confusione e timore anche in chi non sarà colpito dal provvedimento. Speranza è il segretario di una delle formazioni “post-comuniste” nate dalla secessione anti renziana del Pd. Probabilmente pensa che sia un imperativo ideologico l’estensione del principio di progressività, quindi appena insediato nel ministero ha cercato il modo per dare corso a questa convinzione. Per lui, probabilmente, presentare un volto punitivo del governo è un dovere etico, anche se sul piano del consenso reale può rivelarsi controproducente. Il problema non è dunque del movimento di cui fa parte Speranza, la cui identità è coerente con la proposta del ministro. Il problema, rispetto al consenso, riguarda i soci di maggioranza, che di fronte a una proposta del genere farebbero bene ad alzare le antenne e a preoccuparsi. E bene ha fatto il premier Conte, ieri, a specificare che gli interventi sui ticket non sono in agenda. Nè oggi né, speriamo, mai.