Martina dice a Zingaretti che ora il Pd deve uscire dall'ambiguità sul Ceta
"Bisogna organizzare un’alternativa alla pericolosa propaganda di chi crede che dazi, barriere e frontiere difendano le persone, le imprese e i territori". Intervista all'ex segretario dem
Roma. Il gastrosovranismo, dice Maurizio Martina al Foglio, può essere pericoloso quanto il sovranismo tout court. “Trump e Salvini sono due facce della stessa politica. Quello che stiamo vedendo in queste ore con i dazi americani su alcune produzioni, anche italiane, a partire da quelle di qualità come parmigiano reggiano e grana padano, è la diretta conseguenza dell’ideologia sovranista, che rischia di far pagare un carissimo prezzo ai piccoli, in particolare ai produttori. Quasi tre anni fa, proprio sul Foglio, ci ponevamo il tema di come fare per combattere la logica sovranista e raccontavamo come l’impatto dei dazi avrebbe rischiato di scaricarsi sui piccoli produttori e gli agricoltori della pianura padana. Qualcuno ci prese per matto, guardandoci come se discutessimo di una cosa lunare. Invece eccoci, siamo arrivati”.
L’iniziativa dell’amministrazione americana “rischia di scaricarsi sui caseifici e sulle 4000 stalle della pianura padana che ogni giorno ci danno la possibilità di esportare in America 150 mila forme di grana padano. Chi a parole vuole difendere la sovranità di un paese ma non si pone il tema delle regole giuste in mercati aperti sta compromettendo il lavoro dei piccoli produttori. Questa è una battaglia politica da fare, e la dobbiamo fare noi. Bisogna organizzare un’alternativa alla pericolosa propaganda di chi crede che dazi, barriere e frontiere difendano le persone, le imprese e i territori. Io non lo credo”. Conti alla mano, “l’Italia ha tutto da perdere. Solo in un mondo con regole giuste per mercati aperti, l’Italia può esprimere il suo potenziale”. Insomma, dice Martina, serve “un’alternativa alla retorica sovranista. Le dirò, io voglio essere più sovranista di Salvini. Servono regole, non le guerre commerciali, soprattutto tra macro-aree regionali, che i sovranisti hanno contribuito ad aumentare. E’ solo attraverso gli accordi commerciali che possiamo tutelare le nostre produzioni di qualità; fuori dagli accordi non c’è nessuna tutela”. Prendiamo il tanto vituperato Ceta. “Nessun accordo è buono a prescindere, bisogna entrare nel merito e giudicare. Io ho sempre detto che il Ceta è uno strumento imperfetto ma utile. Lo dicono i numeri, resi espliciti dall’economia reale non dalle fantasie di Salvini: le esportazioni europee in Canada sono aumentate del 15 per cento, quasi sei miliardi in più. Le esportazioni agricole del 7 per cento. L’export dei formaggi italiani sono aumentati nel 2018 del 20 per cento, la pasta del 16 e il vino dell’11 per cento”. Poi certo, dice Martina, “vedo anche i punti deboli del Ceta e sono il primo a ragionare su come fare per regolare meglio le importazioni dal Canada all’Italia. Tuttavia, gli accordi non vanno presi a scatola chiusa. Sono molto negativo, per esempio, rispetto all’accordo Europa-Mercosur, perché gli standard sono troppo bassi”.
Nicola Zingaretti ha espresso la sua contrarietà al trattato di accordo commerciale con il Canada ma, spiega Martina, “io non nego le preoccupazioni che attraversano il mondo agricolo, e noi facciamo bene a farci carico del malessere. Gli accordi vanno migliorati e sostenuti sapendo che non sono un punto di arrivo ma di partenza. Capisco le preoccupazioni di chi segnala le questioni legate ai temi della sicurezza alimentare. Ma lancio una sfida per trovare una nuova via che tenga insieme controlli, sicurezza e mercati aperti con regole giuste. Non voglio essere ideologico né in un senso né in un altro. Non prendo gli accordi a occhi chiusi ma non voglio mettere in contrapposizione una giusta battaglia per la massima sicurezza, la massima trasparenza e la massima tracciabilità di quel che entra in Europa e in Italia con l’altrettanto giusta battaglia di trovare mercati aperti nei quali vendere il vero Made in Italy”. Per questo, “il Pd e il governo devono essere protagonisti in Europa nelle prossime settimane di una nuova battaglia sulla trasparenza totale e sulla tracciabilità delle produzioni locali o straniere extra Ue. Tutta la battaglia che abbiamo fatto per l’etichettatura dei prodotti nasce da lì. E l’abbiamo fatta noi, non Salvini che ha chiacchierato molto, facendosi i selfie con il piatto davanti perché ha sempre fame”. Martina chiede che il governo “applichi la direttiva europea nata da un’iniziativa di Paolo De Castro sulle pratiche sleali, tema decisivo per avere un equilibrio tra il prezzo dei prodotti e i costi di produzione. E a proposito dei dazi dobbiamo rifinanziare il fondo anticrisi europeo portandolo da 400 milioni a un miliardo e mezzo. E’ una richiesta che come Pd facciamo sia al governo sia al parlamento europee. Serve anche che la prossima legge di bilancio stanzi le risorse a sostegno delle imprese e dei consorzi a tutela dei nostri marchi in giro per il mondo. Una media impresa agroalimentare per tutelare il suo marchio può spendere tra i quaranta e i cinquantamila euro, cifra non indifferente. Così si è davvero sovranisti, così possiamo sfidare chi pensa, sbagliando, di difendere i produttori alzando barriere e muri”.