Le foto sbagliate di Salvini, il leader che con i selfie ci sapeva fare

Claudio Cerasa

Cinque immagini per capire la propensione della Lega a diventare sempre più ricettacolo di ogni forma di estremismo presente in Italia. È ora di cambiare filtri

Come tutti i leader iconici capaci di fare notizia anche solo con un post su Instagram, Matteo Salvini sa bene che utilizzare in modo sapiente le proprie immagini può dare la possibilità di dettare con costanza l’agenda politica del proprio paese. Per molti mesi, ai tempi del Viminale trucizzato, Salvini ha trasformato le sue immagini in un tassello importante della sua propaganda elettorale e non c’è clic dell’ex ministro dell’Interno che non abbia fatto in qualche modo notizia e che non abbia contribuito a far crescere la bolla salviniana. I selfie, come molti avranno notato, sono stati utilizzati per molto tempo, da Salvini, come un’arma di distruzione di massa degli avversari e non c’è nemico di Salvini che non sia in qualche modo morto d’invidia durante la prima parte dell’estate a vedere il segretario della Lega posare dopo ogni comizio per almeno due ore sul palco con i suoi follower desiderosi di scattare un selfie con il Capitano.

 

A un certo punto della storia, per Salvini, le immagini, da punti di forza, si sono trasformate in punti di debolezza e dal giorno in cui il leader della Lega ha pigiato in Parlamento il pulsante del suicidio politico ci sono alcuni clic che si sono trasformati per l’ex Truce in tanti piccoli foto-ricatti. Non ci riferiamo naturalmente alla famosa foto pubblicata da Elisa Isoardi sui canali social il giorno della fine del fidanzamento con Matteo Salvini (il pettegolezzo a cui noi non crediamo è che quella foto sia un piccolo dettaglio poco significante di una foto più grande e molto significante) ma ci riferiamo ad altre foto di cui Salvini non riesce a liberarsi e che come in incubo tengono in ostaggio il leader della Lega.

  

 

La prima foto è quella del Matteo Salvini automunitosi di felpe anti euro e fino a che il leader della Lega non si presenterà di fronte ai giornalisti stranieri con una felpa uguale ma opposta, con su scritto viva l’euro, ciascuno di noi avrà il sospetto che quella felpa è stata solo infilata in un cassetto e non buttata in un cestino (e il fatto che il responsabile economico della Lega, Claudio Borghi, sia un anti euro non aiuta a diradare i sospetti).

 

 

 

La seconda foto è quella del Matteo Salvini abbracciato con Nigel Farage che alimenta il sospetto che Salvini sia desideroso di esportare in Italia il modello Brexit (e il fatto che il numero uno della Lega in Europa, Marco Zanni, tre settimane fa abbia detto al Parlamento europeo che “il vero punto della Brexit è la paura che qualcuno possa mostrare un’altra via e che il Regno Unito possa dimostrare che si può stare meglio fuori dall’Unione europea” non aiuta a diradare i sospetti).

 

 

 

La terza foto è quella dell’abbraccio tra Matteo Salvini e Gianluca Savoini nella Piazza Rossa di Mosca e fino a che Matteo Salvini non denuncerà Savoini per diffamazione (dicendo che no, quel pomeriggio al Metropol di Mosca Savoini, chiedendo a emissari russi soldi loschi per la Lega, non parlava a nome della Lega) la Lega di Matteo Salvini resterà vittima dell’ambiguità del suo leader rispetto ai temi della Russia (e rispetto alla volontà di voler arrivare alla guida del governo italiano per trasformare l’Italia nel cavallo di Troia della Russia in Europa).

 

 

 

La quarta foto è quella del Matteo Salvini desideroso di denunciare con forza più reati e delitti commessi da uomini di colore che reati e delitti commessi da uomini non di colore e fino a che la Lega di Salvini non dimostrerà di volersi emancipare dalla cultura razzista il primo partito d’Italia sarà sospettabile di voler giocare con la xenofobia (e il fatto che in Europa la Lega sia alleata con un partito come l’AfD i cui esponenti, ha sentenziato la scorsa settimana in Germania il tribunale amministrativo di Meiningen, possono essere legittimamente definiti “fascisti” non aiuta a diradare i sospetti).

 

  

La quinta immagine è quella meno nota ma ugualmente significativa scattata durante l’ultimo raduno di Pontida quando il deputato veneto della Lega Vito Comencini ha avuto l’eleganza di dire che “questo presidente della Repubblica, lo posso dire?, mi fa schifo e mi fa schifo chi non tiene conto del voto del 34 per cento degli italiani”. Comencini, come è noto, è stato indagato per vilipendio al capo dello stato.

 

 

Ma ciò che risulta interessante rispetto ai fotogrammi di un leghista che insulta il presidente della Repubblica non è la propensione del leader della Lega a non rispettare le istituzioni ma è qualcosa di più: è la propensione della Lega a essere sempre di più il ricettacolo di ogni forma di estremismo presente in Italia. Le immagini in politica sono importanti. E occuparsi di queste cinque immagini, e trovarne delle altre per sostituirle, dovrebbe essere la priorità per un leader, le cui ultime immagini da vincente sono quelle che lo ritraggono in mutande a ballare in una discoteca da cui aveva lanciato la sua campagna per acquisire pieni poteri, desideroso di costruire un’alternativa a questo governo a colpi di riformismo e non a colpi di estremismo. E’ ora di cambiare filtri, mister Salvini. 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.