Il Link di Mifsud è con la Russia
Non si può capire il Russiagate italiano senza comprendere il legame che c’è tra la Russia e il prof. ricercato da mezzo mondo. Il report di Mueller, le parole dell’Fbi e alcune nuove prove del Foglio. Un viaggio rivelatore organizzato da Scotti a Mosca
Mifsud? “Ha tenuto solo dei seminari”. La risposta del dominus della Link Campus Vincenzo Scotti sul professore maltese scomparso, e ora al centro degli interessi americani, ricorda molto quel “coffee boy” con cui Donald Trump cercò di sminuire la figura del suo consigliere George Papadopoulos. Questi personaggi, entrambi scaricati dai loro ex datori di lavoro, sono due protagonisti fondamentali del Russiagate: l’indagine del procuratore Mueller ha appurato che, dopo aver conosciuto Papadopoulos alla Link Campus di Roma nel marzo 2016, Mifsud mette in contatto il consigliere di Trump con uomini del Cremlino e, al ritorno da un viaggio a Mosca, lo informa che il governo russo era entrato in possesso di migliaia di mail compromettenti di Hillary Clinton. Il report mostra altri collegamenti di Mifsud con la Russia e secondo l’ex direttore dell’Fbi James Comey è un agente russo.
Ora si sta imponendo una narrazione alternativa. Il ministro della Giustizia americano William Barr è volato due volte in Italia (il 15 agosto e il 27 settembre) su mandato del presidente Trump per parlare, su autorizzazione del premier Giuseppe Conte, con i nostri servizi italiani con lo scopo di ribaltare l’inchiesta del procuratore Mueller seguendo una teoria cospirazionista: il Russiagate sarebbe stato un complotto dei servizi segreti occidentali (americani, italiani, inglesi e australiani) per incastrare Trump in modo da costringerlo alle dimissioni qualora fosse poi stato eletto. La teoria fa acqua da tutte le parti, ma è arrivata a coinvolgere i vertici della nostra intelligence e delle nostre istituzioni. In Italia il destino della figura del professore maltese – sparito ormai da due anni – non ha mai interessato granché, ma ora che è tornato al centro dell’attenzione internazionale si pretende maggiore chiarezza. Alla domanda su che ruolo avesse alla Link, Vincenzo Scotti però continua a rispondere senza dire la verità.
Dire che Joseph Mifsud “ha solo tenuto dei seminari” alla Link è estremamente riduttivo. Mifsud è stato negli anni una figura cruciale nella tessitura delle relazioni internazionali della piccola università romana. Ad esempio è stato il fautore e il promotore dell’accordo tra la Link Campus e la Lomonosov Moscow State University (“la più importante università statale della Russia”), siglato a Mosca proprio pochi mesi dopo gli incontri con Papadopoulos. Scotti ha più volte affermato che Mifsud non ha avuto alcun ruolo in quell’accordo, ma non è vero. Il Foglio è in grado di dimostrare che l’8 ottobre 2016, a firmare l’accordo con il preside Ilya Ilyin e il rettore Viktor Sadovnichy c’erano per la Link Scotti, Franco Frattini e Mifsud. In quegli stessi giorni, tra l’8 e il 12 ottobre, la delegazione della Link Campus si è recata allo “Skolkovo innovation center”, la Silicon Valley russa, per un meeting con i russi, nel quale Scotti e Mifsud erano seduti fianco a fianco allo stesso tavolo, durante il quale il maltese ha presentato una presentazione sull’università romana.
Secondo quanto dichiarato da Elisabetta Trenta, docente alla Link ed ex ministro della Difesa, Mifsud ha anche progettato un master della Link in cui figuravano diversi docenti russi putiniani come Ivan Timofeev, l’uomo vicino al Cremlino messo da Mifsud in contatto con Papadopoulos.
Nell’ottobre del 2016, quasi in contemporanea con l’accordo con l’università di Mosca, la Link annuncia l’arrivo di un partner strategico internazionale: una società britannica acquista il 5 per cento delle quote dell’università. Sempre grazie a Mifsud: l’investitore è infatti l’avvocato svizzero Stephan Roh, amico del docente maltese e suo attuale avvocato.
Ma non finisce qui. Perché l’anno successivo i buoni uffici del professore maltese consentono a Scotti di siglare un’importante partnership con la Essam & Dalal Obaid Foundation (Edof), una fondazione di una ricca famiglia saudita legata alla Casa reale e proprietaria della compagnia petrolifera PetroSaudi: dall’accordo tra la Link e la Edof nasce un centro studi che ha come direttore Mifsud.
Inoltre, come rivelato dal Foglio lo scorso 18 aprile, dopo la sua sparizione Mifsud si è nascosto per diversi mesi – fino a maggio 2018 – in una casa pagata dall’università di Scotti. Peraltro il contratto di affitto, terminato nel luglio-agosto del 2018 – come confermato da entrambe le parti che lo hanno stipulato –, era intestato alla “Link International”: una società controllata dalla Link Campus, di cui Mifsud è socio al 35 per cento dal 2013.
Non è neppure veritiera l’affermazione secondo cui il rapporto professionale tra Mifsud e la Link sarebbe iniziato solo nel 2017. Mifsud ha insegnato per diversi anni alla Link Campus, presenziava abitualmente alle inaugurazioni dell’anno accademico, ha curato a lungo i rapporti internazionali dell’università, ha trovato investitori e favorito accordi con istituti esteri. E’ un amico di vecchia data della Link, da circa 20 anni, dai tempi in cui la creatura dell’ex ministro della Dc era una filiazione dell’Università di Malta (Link Campus University of Malta). Per la creatura di Vincenzo Scotti Mifsud ha fatto di tutto: professore, ambasciatore, responsabile delle relazioni internazionali, intermediatore e anche socio. Altro che “ha tenuto solo dei seminari”.
Il caso Mifsud ora non è più una questione che può continuare a essere ignorata, è una vicenda che è arrivata a coinvolgere in maniera del tutto irrituale i vertici dello stato e dei servizi e che può destabilizzare le istituzioni e la prossima campagna presidenziale americana. E’ il caso che anche in Italia tutte le parti coinvolte facciano chiarezza su una vicenda che è sicuramente sfuggita di mano, diventando più grande di loro, e che non può continuare a essere gestita con bugie o mezze verità.