Un Pd giustizialista a sua insaputa
Sono partite dai dem di Norcia le accuse al candidato rossogiallo in Umbria
La vicenda delle elezioni in Umbria, rese necessarie dalle dimissioni della governatrice Catiuscia Marini che aveva ricevuto pesantissime accuse dal Movimento 5 stelle, si ingarbuglia ulteriormente. Il candidato prescelto dall’alleanza tra Partito democratico e grillini, l’imprenditore alberghiero Vincenzo Bianconi, è sotto attacco per aver ricevuto la maggior parte dei finanziamenti per la ricostruzione dopo il terremoto destinati alla sua città, Norcia. Non ci sarebbe nulla di strano se all’origine di questa campagna ci fosse un’iniziativa del centrodestra. Invece è stata una interrogazione del gruppo del Pd di Norcia a innescare la polemica, probabilmente per “vendicarsi” dell’appoggio che Bianconi aveva dato alla candidatura del sindaco Nicola Alemanno, di Forza Italia.
Quando hanno deciso di convergere sulla candidatura di Bianconi, i democratici umbri si sono dimenticati della polemica che avevano avviato, e oggi i responsabili regionali del partito denunciano come strumentali, intollerabili e calunniose le accuse a Bianconi. Hanno probabilmente ragione, ma sono stati loro i primi a lanciarle.
L’episodio locale può suscitare il sarcasmo e l’ilarità, essere declassato a errore di percorso. Però pur nei suoi limiti, è indicativo di una deriva pericolosa, che investe anche il Pd, e porta a gestire la battaglia politica secondo gli schemi tipici del populismo giustizialista, salvo poi cadere nella trappola che si pensava destinata ad altri. Non risulta che sui finanziamenti ricevuti da Bianconi per la ricostruzione dei suoi alberghi ci sia in corso alcuna inchiesta. D’altra parte è un fatto che gli immobili e le attività abbiano subìto gravissimi danni sismici. Si tratta con ogni probabilità di puro scandalismo. Però questa è la cifra della battaglia politica, non solo in Umbria naturalmente. Che si comportino in questo modo i fautori della politica del “vaffa” è naturale, che si accodino i democratici è il segno di uno sbandamento e di una tendenziale subalternità culturale. C’è solo da sperare che la coscienza del carattere autolesionista di questa prassi aiuti il Pd a riflettere, per recuperare una concezione della politica meno corriva.