Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Così la delega per il Commercio estero diventa un caso politico

Valerio Valentini

Tra Scalfarotto e Di Stefano per il momento Di Maio premia un viceministro (Del Re) ma la nomina ora è una questione diplomatica

Roma. La prima volta, il 26 settembre, toccò a Stefano Buffagni. Bisognava individuare un responsabile del governo che s’intendesse di commercio da mandare in quel di Tianjin, per il Business Forum Italia-Cina: e Luigi Di Maio, non sapendo chi incaricare, chiese al neo viceministro dello Sviluppo di fare le valigie. E la cosa apparve subito bizzarra: perché quello era evidentemente un incarico da affidare a chi si occupava in modo ufficiale di commercio estero, una delega che il capo politico del M5s aveva fortissimamente voluto portare con sé, nel trasloco fatto da Via Veneto alla Farnesina. Salvo poi, giunto il primo appuntamento rilevante, tornare a fare affidamento su un suo fedelissimo di stanza al Mise. La scena s’è ripetuta il primo ottobre scorso, quando a Bruxelles s’è svolto il primo incontro dei ministri del Commercio estero europeo, e l’Italia ci ha spedito l’ambasciatore Maurizio Massari. E di nuovo imbarazzi malcelati, di nuovo perplessità.

 

Il fatto è che Di Maio, dopo averla rivendicata al suo nuovo ministero, si ritrova a dovere assegnare la delega per il Commercio estero, contesa tra il suo amico Manlio Di Stefano e il renziano Ivan Scalfarotto: entrambi sottosegretari agli Esteri, entrambi con legittime aspirazioni di ottenere l’incarico. Da oltre un mese Di Maio dovrebbe decidersi: ma un po’ per eccesso di prudenza, un po’ per una forma di donabbondiana ignavia, vedendosi costretto a decidersi, e non sapendo che fare, pensa bene di non decidere affatto. E così, alla vigilia dell’Italian Arab Business Forum che si svolge oggi a Milano, nel gioco dei sostituti è stata individuata, stavolta, Emanuela Del Re. Che alla Farnesina è viceministro, ma con delega alla Cooperazione internazionale: e se dunque Di Maio ha scelto lei, per andare a incontrare i ministri del Commercio estero di Qatar e Giordania, è anche perché questo permetteva al capo del M5s di rimandare, ancora, la decisione. Lasciando così, peraltro, un po’ disorientati gli organizzatori dell’evento – la Camera di commercio italo-araba e Assolombarda – che sono rimasti in attesa per giorni, cercando di capire se sarebbe arrivato Di Stefano o Scalfarotto, salvo poi vedersi comunicare che a rappresentare il governo era stata scelta la Del Re.

 

“Nulla di strano”, minimizza Di Stefano. “Perché gli ultimi a distribuire le deleghe saranno proprio Di Maio e Dario Franceschini, che essendo i due capi delegazione nel governo attendono prima di capire cosa accade negli altri ministeri”. E siccome sia all’Interno, sia al Mise, permane ancora una certa incertezza, l’impressione è che per il Commercio estero si debba ancora attendere parecchio. “E’ una ovvia logica politica”, si stringe nelle spalle Di Stefano. E non ha torto.

 

Se non fosse che i tatticismi esasperati producono problemi nel funzionamento delle macchine ministeriali, e non solo, e questo non fa certo l’interesse, nella fattispecie, dell’export italiano. Ne sanno qualcosa all’Ice, l’Istituto del commercio estero che con l’arrivo del nuovo governo è stato trasferito sotto l’orbita della Farnesina per volere di Di Maio, e che nel pantano di queste settimane continua ad attendere invano che si riunisca la cabina di regia per l’export. Di solito il vertice si svolge entro ottobre, e vede la partecipazione, oltre che dei ministeri degli Esteri e dello Sviluppo, anche di tutti quelle strutture governative coinvolte nella pianificazione delle politiche di sostegno al commercio estero per l’anno successivo. E invece, finora, niente. Per dire di come spesso la logica politica non fa bene all’economia.