Matteo Salvini (foto LaPresse)

L'Europa ci dice che sta tornando il bipolarismo destra/sinistra

Antonio Funiciello

L’Austria, la Polonia, la Spagna, il futuro dell’America, le prossime regionali. Sicuri che la divisione sia apertura vs chiusura?

Ricapitoliamo. Due settimane fa, in Austria ha vinto la destra. Pochi giorni fa, in Portogallo ha vinto invece la sinistra. In Polonia ha prevalso la destra, mentre la sinistra conquistava la città di Budapest. Tra un mese è verosimile che in Spagna vinca la sinistra. Sono destre e sinistre con smaccate caratterizzazioni nazionali e, a eccezione della Polonia, riconducibili alle tradizioni politiche europee. Quelle famiglie che, prima dell’estate, erano riuscite a confermare l’asse di governo europeista nelle istituzioni continentali, a seguito delle elezioni per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo. Schivando vaticini caricaturali sulle magnifiche sorti e progressive di destra e sinistra, non c’è dubbio che qualcosa di nuovo (e di antico) sta succedendo. Le forze populiste che mettevano in crisi la vecchia diade destra/sinistra stanno arretrando da un anno. L’avanzata di quelle forze aveva messo in dubbio che la diade potesse reggere il doppio peso della globalizzazione e delle conseguenze della grande crisi economica. Mentre il secolo nuovo entra però nella terza decade, la diade sta sconfiggendo il dubbio. Altro tratto comune delle vittorie recentemente registrate è quello della prevalenza dell’incumbent. Qualche anno fa era diventato quasi impossibile confermarsi alla guida del proprio paese dopo un’esperienza di governo. I recenti risultati elettorali vanno tutti nella direzione opposta e confermano destra e sinistra al governo, recuperando la forza dell’incumbency advantage. Destra e sinistra si giovano anche di fattori esogeni. Anzitutto della vacuità dell’ascesa delle forze populiste, per lo più incapaci di istituzionalizzare le loro istanze di protesta, trasformarle in efficace rappresentanza parlamentare, maturarle in complessi indirizzi di governo. Quindi, dell’influenza di ciò che avviene negli Stati Uniti d’America. Negli States, infatti, il solidissimo sistema bipartito ha saputo, da subito, introiettare le spinte populiste. Facile, si dirà, per un sistema istituzionale figlio anche delle lunghe passate stagioni del populismo americano. 

 

 

Tuttavia altri più antichi sistemi istituzionali non hanno mostrato la stessa capacità d’inglobamento del populismo e ne sono stati destabilizzati: l’azione di Brexit sulla più antica democrazia parlamentare del pianeta è sotto gli occhi di tutti. In America destra e sinistra resistono e si preparano a sfidarsi in una lunga e imprevedibile sfida elettorale. Ovvio che l’operazione di introiettare il populismo trasformi i soggetti politici che s’incaricano poi effettivamente di introiettarlo. Trump ha cambiato i repubblicani in un modo fino a pochi anni fa impensabile. Ma gli stessi democratici potrebbero farsi trasformare dalla pressione populista, scegliendo una candidata disponibile a cedergli e concedergli qualcosa. Ma una cosa si può dire con certezza: o vincerà la destra o la sinistra. Questo vuol dire che le lunghe discussioni sulle diadi alternative a destra/sinistra sono da archiviare? Non proprio. La realtà delle cose suggerisce che non sono proponibili come alternativa storica alla diade destra/sinistra, sulla quale è stata edificata la liberaldemocrazia. Ma possono rappresentare il banco di prova su cui la vecchia diade ridefinisce e attualizza se stessa. Non pochi hanno estremizzato su queste pagine la dinamica apertura/chiusura. Quello tra “aperturisti” contro “chiusuristi” sembrava essere il nuovo scontro da proporre per riorganizzare il quadro politico nostrano. Tale estremizzazione teorica (a meno di non dover dare dignità a operazioni di trasformismo parlamentare) non sembra stare in piedi. Eppure il banco di prova dell’apertura e della chiusura è uno dei principali sui quali si è giocato (in Austria, Portogallo, Polonia) e si giocherà (in Spagna) lo scontro tra destra e sinistra. Le regionali ribadiranno anche in Italia che lo scontro destra/sinistra torna a essere il motore della democrazia. Una destra e una sinistra che si trasformano, sotto il giogo dei mutamenti dei tempi, e che dovranno scegliere come orientare le policy in rapporto all’apertura e alla chiusura. D’altronde destra e sinistra non sono mai state categorie dello spirito, semmai funzioni storicizzanti dell’agire umano. Varrebbe la pena discuterne.

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