Alberghi a 5 stelle
Il caso del portavoce della Castelli è un “inside job”. La faida dei grillini alla Camera e i pasticci del Mef
Roma. Alla fine la pezza, come spesso accade, è stata peggiore del buco. “Perché così facciamo davvero credere che abbiamo qualcosa di cui vergognarci”, s’è sfogata Laura Castelli coi suoi colleghi di partito. E il problema è che però, per alcuni dei ministri del M5s, la vicenda degli alberghi della gioventù e del collaboratore della viceministro grillina rischiava davvero di risultare imbarazzante. E così ieri mattina la sottosegretaria all’Economia Maria Cecilia Guerra – che pure è esponente di Leu e che ora dice: “Non è questione che io abbia seguito” – s’è presentata davanti alla commissione Bilancio del Senato per chiedere lo stralcio dell’emendamento 15-bis del “decreto imprese”, quello che appunto prevedeva di trasformare la derelitta Associazione (no profit) italiana alberghi per la gioventù (Aig) nell’Ente alberghi per la gioventù (Eig), ente pubblico “sottoposto alla vigilanza del Consiglio dei ministri” e finanziato con 283 mila euro per il 2019 e 1,7 milioni per l’anno successivo. “Motivi tecnici”, dicono dal M5s. “La Guerra ha parlato di una mancanza di coperture per circa 600 mila euro”, spiega la renziana Annamaria Parente. E però, dal Mef, fonti grilline fanno già sapere che la proposta di trasformazione dell’Aig in Eig, con tutti gli oneri finanziari del caso, “verrà inserita in legge di Bilancio”. Dal che si deduce quel che a tutti sembrava chiaro: e cioè che ben più che la motivazione contabile, a imporre la necessità dello stralcio dell’emendamento incriminato c’è una questione politica. Che è, manco a dirlo, tutta interna al M5s.
I ministri del M5s coinvolti
La baruffa è scoppiata martedì, e ad innescarla non sono stati i grillini del Senato, dove il provvedimento era in discussione, ma quelli della Camera. In mezzo al Transatlantico, infatti, due giorni fa Marco Rizzone e Fabio Berardini sbuffavano tutta la loro insofferenza per quello che ritenevano un caso di “conflitto d’interessi”. Perché, come poi ha riportato il sito Politico, il segretario nazionale dell’Aig è Carmelo Lentino, che è responsabile della struttura organizzativa, gestionale e del personale dell’ente sin dal marzo del 2012 e che però, dallo scorso aprile, è stato arruolato dalla Castelli come suo diretto collaboratore al ministero. Ed è così, grazie a questo “inside job” che s’è nutrito anche di screenshot di chat interne fatte pervenire ai giornali, che il “caso del portavoce della Castelli” è deflagrato come un incendio, che dal sottobosco del gruppo parlamentare s’è alzato fino a bruciare le vette del M5s. E infatti è stato Federico D’Incà, ministro per i Rapporti con il Parlamento, che s’è assunto la bega di verificare se quel che la Castelli aveva garantito era vero: se, cioè, come sosteneva la viceministro grillina, gli esponenti di governo del M5s erano al corrente di quell’emendamento e ne condividevano la sostanza. E il responso era stato negativo: perché, uno dopo l’altro, Vincenzo Spadafora (Politiche giovanili), e Stefano Patuanelli (Sviluppo), Fabiana Dadone (Pubblica amministrazione) e Alfonso Bonafede (Giustizia), ribadivano di non essere affatto d’accordo, prima ancora di venire a sapere della presenza ingombrante di Lentino. Che invece era ben nota ai deputati Rizzone e Berardini, non fosse altro che per il fatto che il presidente nazionale dell’Aig, Filippo Capellupo, aveva richiesto sin dall’estate del 2018 degli incontri con esponenti del M5s per perorare la causa del suo ente. Del resto, Rizzone e Berardini sono entrambi in commissione Attività produttive, e dunque di questioni legate al turismo si occupano quotidianamente. Ma, soprattutto, sono entrambi coinvolti nella ormai semestrale faida per la scelta del nuovo capogruppo, essendo tutt’e due schierati nella squadra del direttivo proposto da Raffaele Trano, che nella sfida a due con Francesco Silvestri gioca il ruolo dell’outsider, del “non allineato” che mette in discussione gli equilibri voluti da Luigi Di Maio. Ed è così, allora, che secondo alcuni esponenti di governo del M5s la battaglia contro la trasformazione dell’Aig in Eig sarebbe più che altro un espediente per attaccare la Castelli, e dunque la cerchia ristretta dei fedelissimi del capo, e soprattutto per tutelare il supposto spirito originario del Movimento.
Il leghista Centinaio: “L’ho voluto io”
E certo l’inopportunità di sostenere un emendamento del genere, visto il doppio ruolo ricoperto da Lentino, è evidente. Ma altrettanto chiaro è che nella polemica in corso ci sia un che di strumentale. Anche perché, a volere quell’emendamento, non è stata la Castelli. “Sono stato io a volerlo inserire nel decreto imprese durante l’ultimo Cdm del governo gialloverde, il 6 agosto”, rivendica Gian Marco Centinaio, fu ministro dell’Agricoltura e del Turismo. “All’epoca i grillini erano scettici, anche se già la loro senatrice Barbara Floridia aveva sollecitato un provvedimento analogo in tempi non sospetti. In ogni caso – procede Centinaio – quel 6 agosto Di Maio disse di inserirlo nel decreto pur riservandosi di fare ulteriori approfondimenti”. E la Castelli? “In tutta onestà, sapevo che se ne era interessata, ma poco mi importava. Dare un sostegno a quell’ente, che attrae in Italia migliaia di turisti giovani da tutto il mondo, mi sembrava opportuno a prescindere”. E che ci fosse una cera condivisione trasversale, sull’emendamento incriminato, lo si è capito anche durante la seduta di martedì alla Camera: dove la proposta ha ricevuto il plauso di esponenti di Italia viva come la Parente e di Forza Italia come Virginia Tirbaoschi, ed è stato poi votato col parere favorevole di tutti i gruppi. Quanto al M5s, sulla piattaforma Rousseau giace sin dal febbraio 2019 (quando, cioè, Lentino non era ancora – stando a quanto dicono al Mef – nello staff della Castelli) una proposta di legge analoga a quella prevista dall’emendamento della discordia. A proporla fu, all’epoca, Gabrile Lanzi: lo stesso senatore che poi si è intestato, come primo firmatario, la trasformazione dell’Aig in Eig nel “decreto imprese”. Prima che la buriana scoppiasse, e tutto venisse sospeso.