La chutzpa che occorre per difendere l'Emilia
La letteratura yiddish e rabbinica può insegnare: l’assalto va respinto con la lingua di fuoco di chi è sicuro di sé, delle sue ragioni e perfino dei suoi torti
Devono studiarsi la letteratura yiddish e quella rabbinica. Sabato in una pagina interna ho incrociato due fotografie su Repubblica, uno era il senatore Salvini e l’altra il presidente della Regione Emilia Bonaccini. Salvini aveva l’occhio avido del bravo delinquente politico, Bonaccini era il ritratto di una persona a posto ma con l’occhio della paura. Non che il tutto della faccenda italiana sia un problema psicologico o linguistico, ma la conquista della chutzpa, qualcosa di affine e di infinitamente superiore alla “faccia tosta”, è decisiva. Si discuterà per secoli talmudisticamente che cosa propriamente sia, la chutzpa, ma la verità provvisoria stabilita in un manuale è folgorante: un tizio è processato per aver ammazzato il padre e la madre, dichiara al tribunale che a lui è dovuta la clemenza perché è orfano.
Questo è uno strano paese di scrupolosi ipocriti che si preoccupano perché la maggioranza trasformista che ha impedito a Salvini di stravincere con pieni poteri da spiaggia ha ora perso la marcia su Terni e va maluccio nei sondaggi, anzi di merda. Dicono i sepolcri imbiancati: avete visto, non valeva la pena di sacrificare un principio inesistente, il dovere di votare subito, a un anno dalle precedenti politiche, su ordine di un bullo; i principi si vendicano e con questo governo arraffazzonato siete malmessi. E aggiungono: ora è la volta della marcia su Sassuolo, e alle regionali emiliane il senatore vi farà neri. Non era meglio morire da piccoli? Ecco, questa è la sfacciataggine dei poveri di personalità, mentre la chutzpa è una virtù bestiale dei ricchi, dei coraggiosi, degli indemoniati, è una sfida all’autorità divina che perfino i rabbi convinti della sua intrinseca qualità di bestemmia talvolta apprezzano come voce della creatura al cospetto del Creatore. Non si richiede tanto al mondo politicante che ha fatto fuori in serie i Craxi, i Berlusconi e i Renzi, ma qualcosa che assomigli all’audacia intransigente, fino ai limiti dell’insolenza, ci vuole. Alla protesta di Mosè contro i metodi yahvisti alla Sodoma, punire i discendenti fino alla terza o quarta generazione, risponde compiacente e obbediente l’Altissimo nel Deuteronomio 24:16: “Non si metteranno a morte i padri per una colpa dei figli, né si metteranno a morte i figli per una colpa dei padri”. (Sto leggendo il favoloso racconto biblico di Calasso e non vedo l’ora di arrivare a questo affronto troppo umano ai Dieci Comandamenti).
Per ridiscendere a terra, ecco che l’Emilia va difesa con grinta e l’assalto va respinto con la lingua di fuoco di chi è sicuro di sé, delle sue ragioni e perfino dei suoi torti, mettendo in palchetto, e forse sarà bene che sia un palco da comizio, un personale politico capace di trattare il maiale e mungere le oche, di salvare e rilanciare un’industria che dà lavoro inquinante, di conoscere le vere gioie nebbiose della padania d’inverno, di attrezzare un asilo come si impasta un tortellino e far funzionare i servizi, ma infine di esprimere tutta la varia gamma degli argomenti e dei fatti in un modo convincente, persuasivo, intollerante e insolente, cioè con la giusta dose di chutzpa. Chi gioca tutto sull’identità deve cozzare sull’identità dell’altro. L’occhio di paura va bandito a favore dello sguardo rapace, preciso al millimetro. Non servono i canti della differenza, le sinfonie dell’indignazione, e altre bellurie, non ce ne frega niente nemmeno di Putin e dei rubli, per non parlare delle altre cialtronerie del leghismo di governo. Le elezioni a Bologna e a Piacenza e a Parma e a Modena e a Ferrara devono diventare un bordello in cui si misura davvero chi ce l’ha più lungo e più duro. Altro che l’ennesima foto di gruppo con Conte travestito da Tina Pica e i comprimari che si sdilinquiscono sui programmi. Basta marchette politiciste, il trasformismo come resistenza è una cosa seria.