Non solo temi etici. Ecco le idee su cui Lega e cattolici possono parlare
Volpi, capo del Copasir, cattolico ed ex Dc, spiega perché il dialogo con Salvini è necessario alla chiesa
Roma. Il post Ruini è un terremoto: per l’ex presidente della Cei la chiesa dovrebbe dialogare con Matteo Salvini. “In questo dibattito la Lega ha il dovere di esserci, e con un ruolo da protagonista”, dice al Foglio il presidente del Copasir Raffaele Volpi, senatore leghista, che ci accoglie nel suo ufficio a Palazzo san Macuto mentre sorseggia l’immancabile lattina di Coca-Cola. Le audizioni sul Russiagate procedono a tamburi battenti ma Volpi non ha voglia di parlare di Conte e intrighi spionistici. Invece: “Mi ha colpito l’apertura del cardinale Camillo Ruini, mi considero un suo umile discepolo. Pur senza la minima pretesa di interpretare il suo pensiero, ritengo essenziale il confronto sul ruolo politico dei cattolici”. Questo pacato signore sulla sessantina, pavese di nascita e bresciano d’adozione, ha conosciuto i fasti della Dc fin quando nel 1991 le sirene di Umberto Bossi lo ammaliarono. “Il panorama politico stava per essere travolto e io, cresciuto tra i dorotei veneti, alla scuola di Antonio Bisaglia, mi convinsi che quella per il federalismo fosse la battaglia giusta”.
Da lì non ha mai smesso, nel 2008 il suo primo ingresso in Parlamento. “Non sono mai stato di sinistra. Mi è sempre piaciuto fare politica di territorio, in mezzo alla gente. Mi considero, se vuole, un frutto della diaspora degli ex Dc”. L’idea ruiniana è pragmatica, oggi la Lega è il primo partito italiano. “Un tempo il centrismo si coniugava con il centralismo politico e amministrativo, oggi entrambi gli elementi sono venuti meno – prosegue Volpi – Sarebbe sciocco pretendere un’esclusiva sul mondo cattolico: noi, come partito, abbiamo il dovere di partecipare al dibattito, ché il consenso che abbiamo rappresenta un’enorme responsabilità. Dobbiamo sforzarci di fornire un’interpretazione il più possibile coerente, condivisa e di carattere pre-politico”.
Parli semplice. “Io non credo che viviamo in un mondo post ideologico, semplicemente le idee mutano. Dobbiamo imprimere un’inversione di rotta rispetto alla tendenza, tipica del Novecento, di trasformare le teorie economiche in ipotesi, spesso utopiche, di costrutti politici. Oggi i cattolici hanno il dovere di contribuire alla definizione di nuove piattaforme ideali, partendo dalla centralità dell’individuo”. La Lega è la nuova Dc? “Un partito che supera il trenta per cento è evidentemente un contenitore ampio, interclassista. E di chiara ispirazione cattolica. Le nostre porte sono aperte, anzi lo sono già da tempo, a tutti i cattolici che desiderano attualizzare un ruolo pubblico mettendo al primo posto la centralità della persona umana. Con un approccio pragmatico, ancorato alla comunità locale”.
Ai princìpi del personalismo cristiano si richiama il manifesto per un nuovo soggetto politico sottoscritto, tra gli altri, da Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali. “Le sue riflessioni sul valore dell’economia sociale sono un contributo fondamentale ad un dibattito non più rinviabile. Ma il partitone dei cattolici non tornerà. Tuttavia non si può far passare l’idea che esista la Lega e poi, come in un comparto separato, il blocco dei cattolici. Una tale narrazione non regge, semplicemente perché è falsa. E Ruini ha ben chiaro quale sia la posta in gioco”.
Il centro cattolico è conteso anche da Matteo Renzi, con un passato da margheritino. “Per la verità, non ho ancora compreso a chi si rivolga Renzi. Sarebbe però un peccato se i cattolici si disperdessero in micro-partiti incapaci di incidere”. Vero è che non si capisce perché una chiesa che dialoga con il governo cinese e con Maduro non possa parlare con Salvini. “Mi limito a dire che l’Italia è l’unico paese con due capitali”. L’intransigenza leghista sull’immigrazione non è gradita Oltretevere. “Io ricordo il monito di Papa Francesco alla prudenza poiché l’accoglienza non può essere illimitata: essa trova un limite insuperabile nella capacità di integrazione di una società. La solidarietà è un valore cristiano primario, infatti i migranti che vivono nel rispetto della legge sono nostri fratelli e sorelle”. C’è poi questa storia dei rosari: la fede non va strumentalizzata. “Sono stato iscritto per anni ad un partito con lo scudo crociato nel simbolo”.
Secondo Ruini, quel gesto può rappresentare una maniera, pur poco felice, di affermare il ruolo della fede nello spazio pubblico. “L’esposizione di simboli religiosi è una scelta personale, e il mio discorso vale per ogni credo religioso. Lo stato deve essere laico, poi ognuno sventola il rosario che vuole. La rinuncia ai valori cristiani risponderebbe invece a una malintesa concezione della laicità. Equivarrebbe ad una resa”. Non possiamo non dirci cristiani? “Sono le nostre radici, le nostre tradizioni, la nostra storia. Nelle tavole dei dieci comandamenti sono scolpiti alcuni princìpi comuni alla nostra Costituzione. Questo discorso vale anche per l’Europa”.
Ha condiviso l’astensione leghista al Senato per la commissione voluta da Liliana Segre? “Non ho partecipato a quella decisione ma la Lega non è certo tacciabile di antisemitismo. Siamo da sempre amici di Israele”. Salvini incontrerà la senatrice a vita a cui è stata assegnata la scorta. “Le minacce di morte nei suoi confronti rappresentano un doppio affronto. Mi domando se sia civile il paese che deve dare la scorta a una sopravvissuta di Auschwitz”. Lei è un cattolico praticante? “Non quanto vorrei”. Non è sposato, zero figli. “Nel 1987 sono rimasto orfano di entrambi i genitori, mi sarebbe piaciuto farmi una famiglia tutta mia ma non è accaduto”.
A proposito, il Congresso mondiale delle famiglie, tenutosi a Verona, vi ha procurato una montagna di critiche: maschilisti, retrogradi, omofobi. “Il confronto sul nuovo impegno dei cattolici non si esaurisce attorno al tema della famiglia”. Era presente a Verona? “No, non ci sono andato. Oggi dobbiamo essere all’altezza di un discorso di sistema: vorrei sapere, da cattolico, come posso contribuire a migliorare l’accesso al credito, la qualità dell’istruzione, la rappresentanza sindacale. Non basta parlare solo di famiglia. Quanto al maschilismo, la Lega non prende lezioni da nessuno: abbiamo appena eletto una donna alla presidenza di una regione, la nostra candidata in Emilia-Romagna è donna”. La legge sulle unioni civili va cambiata? “No”. E sull’eutanasia? “Non penso che il Parlamento debba legiferare su ogni sfera della vita umana. Personalmente, sul fine vita non ho certezze da sbandierare. Talune tematiche sono talmente complesse che non possono essere affrontate a colpi di tweet o con l’ossessione della velocità”. Lo suggerisce a Salvini? “Lui sa quando serve un pensiero lento”. Prima di indicarla alla guida del Copasir, Salvini l’ha spedito nel sud a organizzare il partito dove non esisteva. “Dopo molti anni di militanza, quel ragazzo, con la sua pazza idea di trasformare il partito in un soggetto nazionale, mi ha restituito entusiasmo. Fosse per me, passerei le giornate a leggere”. Si dice che lei divori libri di geopolitica. “Confermo”. Ripartiamo dalla Russia? “Al massimo, una vodka”.