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Scongiurato il bullismo di governo. Poi vedremo

Giuliano Ferrara

Dopo la passeggiata su Terni, con l’Emilia e la Toscana viene una prova più difficile per il senatore Salvini. Probabile che si arrivi alla famosa maggioranza di centrodestra, ma con modi certo meno bruschi

Questa del governo di Giuseppi e i suoi fratelli che prepara la strada a Salvini, quando era nato per sbarrargli il passo, proprio non la capisco. Il passo chiodato era in marcia, ed è stato fermato. Poi vedremo. Il consenso trucemente il senatore Salvini se lo era già giocato con la chiusura dei porti, con le sfide istituzionali a tutti i soggetti in campo, con la caccia al negher e la predicazione di odio per l’Europa e la sua moneta e i suoi banchieri: scommessa facile e minacciosa su rabbia, risentimento, frustrazione. Ora il senatore è l’ex Truce. Ruini gli dice che vuole capirlo e che lui deve maturare, e si prepara un incontro con soffusi toni papalini per il senatore. Liliana Segre lo aspetta a casa a Milano, e lui ci va con la figlia per una rapida e riservata cerimonia di espiazione, dopo tante chiacchiere su Soros e il complotto internazionale contro la Nazione, mentre il giapponese di Predappio fa il revisionista delle gite scolastiche ai lager. Il suo nuovo numero due politico, di concerto con il suo braccio destro nel governo, dice che bisogna cambiare passo, a proposito di passo, in Europa, e che non si può fare la guerra al mondo, proporsi come trionfalmente isolati: sono stati fatti molti errori, aggiunge.

  

Il presidente del Partito popolare europeo pare lo corteggi, ampiamente ricambiato anche se con le dovute cautele. L’euro è irreversibile, ha confidato il senatore ai giornali, anche se poi si è spaventato delle sue parole (anche lui mente sapendo di smentire?).

Non si vuole capire una cosa assai semplice. Salvini era in una posizione pericolosa, per la Costituzione materiale della Repubblica e per sé stesso. Indossava divise militari, faceva il ministro dell’Interno in guerra con le organizzazioni umanitarie, voleva censire i Rom, occhieggiava di qua e di là armi per così dire alla mano, incontrava i capi delle tifoserie ultras, fino allo sballo totale del Papeete, fino alle derive ultime di un linguaggio da trivio. Era qualcosa di inconcepibile in una democrazia liberale: uno che gestiva in modo politicamente irresponsabile, e come complemento di una campagna elettorale permanente, il luogo della legge e dell’ordine. Ora è fuori e da fuori deve costruire una coalizione di partiti e di blocco elettorale credibile, una politica europea che conti su interlocutori meno inaffidabili dei mammozzoni ospitati a Piazza Duomo prima delle recenti elezioni di Strasburgo, insomma un sistema di alleanze nell’Europa com’è e come dovrebbe essere e non nell’incubo sovranista, deve recuperare tutto il leghismo di amministrazione e di governo che per anni, grazie a Berlusconi, si era fatto le ossa, con alti e bassi, nella parte più ricca e produttiva del paese e tutto questo è diverso dall’avere occupato un ministero della forza, con un colpo “contrattuale” alle spese dei grillozzi, per farne un uso ideologico e demagogico.

 

L’euro non si sa, certo il senatore Salvini è reversibile e prima di affidargli un’oncia di credibilità politica bisogna che ne faccia di strada, partendo dalla riviera adriatica. Ma tutta la scena è cambiata con la crisi di agosto. Chi sognava e sogna un governo di bellurie a Cinque stelle, di capacità decisionali e di prefigurazione, una nuova alleanza strategica, è responsabile dei suoi sogni, e se li tenga. Giuseppi e i suoi fratelli possono dare quel che possono dare, pochino. E per adesso hanno funzionato solo e precisamente nel senso di sbarrare il passo a un energumeno, quello che viene dopo è ancora tutto da scoprire, e le avvisaglie sono piuttosto controverse. La defenestrazione del Viminale ha interrotto una spirale che era obiettivamente pericolosa. Ora con l’Emilia e la Toscana, dopo la passeggiata su Terni, viene un’altra prova: quelle sono regioni di apparati, welfariste, dove alle élite cosiddette si possono attribuire molti difetti ma sarà difficile disconoscere la loro caratura amministrativa di fornitori di servizi e organizzatori di un ordine sociale che ha avuto una tenuta robusta. Con un poco di faccia tosta, e un po’ di coraggio, al senatore Salvini si opporrà, come è successo a Milano anche nel pienone nazipop (nazionalpopulista), un territorio non facilissimo da battere e sfigurare. Alla fine è possibile e forse probabile che la famosa maggioranza di centrodestra si configuri come un destino inevitabile, ma dovremo sempre congratularci con noi stessi per il ritardo benigno con cui ci si sarà arrivati, e per i modi meno bruschi, meno bulli.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.