Gli ex renziani del Pd lavorano per trasformare Gori nell'anti Zinga
Il sindaco di Bergamo è apprezzato all'interno del Partito democratico. “Il nostro obiettivo, ambizioso, è rilanciare il Pd come grande partito riformista”
Roma. Base Riformista, la corrente di Lorenzo Guerini e Luca Lotti, è a caccia di un futuro segretario per dimenticare Matteo Renzi. Da qualche giorno si fanno insistenti le richieste trasversali di un nuovo congresso post-scissione. Andrea Orlando, vicesegretario del Pd, ne vorrebbe uno “per tesi”, Base Riformista dice no: “Il congresso deve essere vero, con le primarie”, ribatte al Foglio Andrea Romano, portavoce di BR. La questione è: Base Riformista chi candiderebbe? Le speculazioni si stanno facendo sempre più concrete dentro BR e c’è un nome che piace a diversi: Giorgio Gori.
Il sindaco di Bergamo è apprezzato da Romano, da Stefano Ceccanti e da altri. Nella competizione interna al “partito dei sindaci” del centrosinistra, quelli che hanno vinto le elezioni al primo turno alle scorse amministrative, Gori parrebbe essere in vantaggio sul sindaco di Firenze Dario Nardella, anche se c’è pur sempre Antonio Decaro, sindaco di Bari, da tenere in attenta considerazione. Comunque, Nardella – che pure è rimasto nel Pd – sconta il fatto di essere tutt’ora considerato la “controfigura di Renzi”. Uno stigma di cui difficilmente riuscirà a liberarsi. Gori invece, parlando proprio con il Foglio, aveva spiegato perché adesso il Pd deve essere riformista per non regalare spazi a Italia Viva. “Nel Pd ci sono molte energie riformiste, tra cui molti ‘renziani’ – o ex, a questo punto – ben lontani dall’essere ‘renzisti’. In Parlamento ma soprattutto nel territorio. Non ho notizia di alcun sindaco di rilievo che stia lasciando il Pd. Sta dunque a noi, oltre che ai militanti e ai cittadini, tirare su la testa e tenere la barra dritta con l’obiettivo di continuare a dare al Pd una chiara impronta innovatrice”, ha detto Gori in un’intervista al Foglio a settembre. “Il nostro obiettivo, ambizioso, è rilanciare il Pd come grande partito riformista capace di fare sintesi delle diverse sensibilità che lo abitano”. Ragion per cui, ha detto ancora Gori, “sarebbe certamente utile dare vita ad un un congresso straordinario, per aggiornare la linea del partito al nuovo quadro politico – tra governo e scissione – ma soprattutto per mostrare a tutti che non siamo la bad company che Renzi ha in mente ma un partito che guarda al futuro”.
Da quel momento Gori ha iniziato a tastare il terreno. Per esempio ha partecipato alla convention di Orvieto organizzata da Ceccanti ed Enrico Morando. La strada però è lunga. “Ora e nei prossimi mesi mi concentrerei sul far funzionare bene il governo, che è la vera priorità politica del Pd, ricordando sempre che in Italia è fortissima la minaccia di una destra pericolosa a cui si risponde facendo crescere economia e lavoro”, dice Romano, portavoce di Base Riformista. “Aggiungo che se congresso dev’essere, il congresso va eventualmente fatto naturalmente dopo le regionali (tutte) e quindi dopo primavera”. E, dice Romano, “se congresso dev’essere è fondamentale che sia salvaguardata la contendibilità del Pd, suo grande tratto qualificante (anche rispetto a Cinque Stelle e Forza Italia e ora anche rispetto a Italia Viva...) e dunque con primarie e vera competizione per la segreteria, altro che ‘congresso a tesi’”.
La questione, in ogni caso, è chiara: lo scettro del riformismo, con l’addio di Renzi ormai digerito, chi lo brandirà? L’altra questione è che cosa succederà nella sinistra del Pd. E se fosse il giovane ministro del Sud Peppe Provenzano, che da quando c’è questo governo è onnipresente in tv, l’erede della tradizione post-comunista del Pd? (da)