La ricerca di un capo alternativo, la condanna del cerchio magico
Nella testa di un deputato grillino. “Luigi vede fantasmi ovunque, non è lucido”. La suggestione: Patuanelli nuovo leader?
Roma. Eccolo, davanti a Myrta Merlino. E ti pareva. Ogni volta che convoca una consultazione su Rousseau, la mattina dopo Giggino va in televisione, per suggerire a tutti cosa votare. Come se non bastasse il post sul Blog, per condizionarlo. E poi il quesito: devi votare “No” se vuoi che ci candidiamo, “Sì” per il contrario. Il solito trucchetto di quel genio di Dettori. Ma stavolta gli è andata male: abbiamo vinto noi. E per fortuna che domani viene Grillo, a Roma, a quanto pare. Magari è la volta buona che fa fuori Di Maio.
Perché Luigi s’è illuso. S’è convinto di scampare la trappola non facendoci candidare: così nessuno avrebbe chiesto la sua defenestrazione dopo il fallimento in Emilia, e magari pure in Calabria. Ma non ha capito che proprio così ha di fatto convocato un referendum su di lui. Non sbaglia, il nostro senatore Stefano Lucidi, quando dice che questo “è un voto di sfiducia sul capo politico”: il 71 per cento dei votanti ha smentito la linea di Luigi. Era dai tempi del reato di clandestinità, gennaio 2014, che non succedeva. Ma era chiaro che sarebbe finita così. Per dire: Giulia Sarti, ieri sera, dopo avere parlato a tu per tu con Di Maio, è subito venuta a dirci che dovevamo impegnarci tutti e fare campagna per votare Sì, che poi sarebbe No, insomma per non disertare le elezioni. Ma mica è l’unica. Stamattina, nella chat del gruppo, è tutta una protesta. La Spadoni, sì, che ha scritto un lungo post, molto accorato, fatto a posta perché uscisse sulla stampa. In fondo al messaggio, per dire, ha anche salutato i giornalisti: “Vi ricordo che il mio nome è Edera e non Elena (spesso sbagliano a scrivere)”. L’unico che oggi in chat ha dichiarato di votare a favore è Marco Bella, e sai come ha cominciato il suo messaggio? “So che molti mi odieranno per quello che sto per scrivere”. Ti dico solo che perfino Sergio Battelli, che pure è stato un fedelissimo, il tesoriere del gruppo, quello che ha accompagnato Dibba e Giggino nel viaggio a Strasburgo, quando volevano chiudere la seconda sede del Parlamento europeo, prima mi ha confessato: “Stavolta sono perplesso, su come votare”. Perfino i ministri voteranno No; e chi proprio non vuole andare contro Luigi, si asterrà, come Buffagni.
Ma poi, più di tutto, a me sconcerta il metodo. A noi calabresi, e anche agli emiliani, ci ha convocato lunedì. Tutti eravamo per presentarci. Tutti. E qualcuno, come Tucci o la Sarti, spingevano per un’alleanza col Pd. Lui ci ha detto, testualmente, che ci saremmo “riaggiornati a giorni” e che “avrebbe dovuto riflettere”. A Rousseau non aveva nemmeno accennato. Poi, ieri sera, all’improvviso, fa il post senza dirci niente. Al povero Paolo Parentela, che si è sbattuto come un pazzo da coordinatore regionale, gli ha mandato un sms dieci minuti prima: “Sta per uscire una cosa sul Blog”. Altri stavano a lavoro in commissione, a quell’ora: se ne sono accorti perché noi gli abbiamo scritto. Ma ti sembra un capo politico lucido, uno che si comporta così? Ora noi cosa gli diciamo ai consiglieri uscenti, a quelli che volevano candidarsi, a tutti gli attivisti con cui da mesi preparavamo la campagna? E che figura ci facciamo con le associazioni, le imprese che avevamo già contattato per chiedere una mano? Ma tanto a Luigi che gli frega? Lui vive nella sua bolla: con Dettori, con Alessio Festa, col portavoce Rubei. Uno che faceva il collaboratore della Trenta alla Difesa, quella dell’appartamento a San Giovanni: quando si dice la meritocrazia, eh? Anche sulla costituzione della segreteria, il cosiddetto “Team del futuro”, ogni cinque giorni cambiano le regole senza che lui ne sappia nulla. Glielo abbiamo chiesto, ieri sera al Maxelà, e lui è caduto dal pero. Pare che diriga tutto Enrica Sabatini, che però è socia di Rousseau: che c’entra, lei, con la riorganizzazione interna del M5s?
Luigi vede fantasmi dovunque, non si fida più di nessuno. Si lamenta che non riusciamo a eleggere il capogruppo, qui alla Camera. Peccato che sia anche lui a sabotare le votazioni, a non chiedere agli esponenti di governo di partecipare alle consultazioni, cosicché la maggioranza assoluta dei deputati non ci sia. Ma a che gioca gioca? Al Senato, poi, rischia di scottarsi davvero. Prendi l’Ilva: tu pensi che davvero siano in 107 contrari allo scudo? Macché. Il punto è che in parecchi hanno capito che quello può essere un incidente, e allora sostengono la Lezzi. D’Incà ha dovuto sventare un paio d’imboscate, perché in due circostanze se non s’inventava una scusa per ritardare l’Aula, andavamo sotto. E invece, stavolta, sotto ci va Luigi. (val.val)