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Leggete il manifesto delle Sardine e poi lasciateli in pace

Giuliano Ferrara

Quella del movimento è un’adunata antiretorica piena di stile, un movimento da preservare

Insomma, questo ha dell’incredibile. Ci pensi Renzi, che mostra già di aver fame di sardine come un antipasto dell’antipasto, che fretta. Non è un po’ presto per lo sbocco politico tradizionale? Non è un po’ tanto chiedere? Ci pensi Calenda, che fonda un partito per difendere idee e pratiche eccellenti, ma subito definisce il suo spazio come litigiosità e rivalsa contro la vecchia combriccola renziana di cui fece onorevolmente parte. Ci pensino un po’ tutti quelli che fanno politica di partito, nobilissima arte, e obbediscono ai riflessi condizionati corrispondenti. La lettura del fish and chips mob, un fenomeno di folla attraverso il richiamo social, era difficile. Con precedenti come i fax del popolo che vai-avanti-Di-Pietro, i girotondi e i palasport che a tredici anni dovevi dare lezioni puritane a favore di telecamere, c’era da diffidare, inquietarsi. Avevamo appena finito tutti di dannare Facebook e Twitter perché mettono a disposizione con troppa facilità sentimenti di pancia e di viscere, nevrosi, risentimenti, rabbie, frustrazioni generiche e antisistema, parolone vacue buone una volta per i fasti dell’antiberlusconismo una volta per la Bestia del senatore Salvini e per le sue intemerate alla Nutella. Ma alla lettura della piazza ora si affianca la lettura di un manifesto non firmato, bollato “6.000 sardine”. E qui appunto interviene l’incredibile.

 

Questi dicono cose da pazzi. Non piangono miseria sociale e ribellione da controcultura aggiornata agli anni della grande ignoranza. Non alimentano paura e odio per l’avversario populista cosiddetto. Si limitano a manifestare la loro stanchezza, come fa la grande comica della Tasmania, Nanette (Hannah Gadsby, Netflix), hanno l’aria di rimproverare ai nazipop di fargli perdere tempo, di ubriacare la discussione che si tiene in pubblico con tutta quella vuotaggine e ciarlataneria di retorica delle illusioni. Un’adunata antiretorica nella città del Dams, cose mai viste, promettenti, piene di stile, forse postmoderne forse modernissime, millennial e generazione zero. Siamo stanchi, sussurrano, avete tirato troppo la corda e si è spezzata. E per di più alla vostra tiritera antipolitica, alle vostre già vecchie declamazioni violente e machiste, opponiamo una certezza in movimento che è questa: ci sono politici con la P maiuscola che tirano al vantaggio personale dopo, e solo dopo, il vantaggio collettivo, e li vogliamo, citazione letterale, “incoraggiare”.

 

Ma ci pensate? Incoraggiare i P maiuscoli, che oggi valli a trovare, ma ci sono. Sembra tutto finto. Uno script, come suggeriscono lividi i nazipop, dei fratelli Prodi, uno scherzo di Michele Serra, gli sdraiati che si ritrovano tutti improvvisamente in piedi, e allegri per di più. E se anche lo fosse, questo falso sarebbe una buona fiction. Sfidano gli spazi della città per una conta provocatoria contro l’assalto nazipop ai simboli di una regione ricca e socialmente avanzata, magari sazia e disperata come diceva il cardinale Biffi ma anche a suo modo e a sorpresa gagliarda, e sfidano la pioggia a Modena, e vincono le sfide non esibendo una bocca di leone ruggente bensì il corpo di sardine strette strette, rimpicciolendo l’avversario che è un tipo fragile (definizione perfetta di Mattia Santori), opponendo un fritto di paranza croccante alla clamorosa esibizione muscolare ripetuta insistita del Chefe. Sembra un sogno, da lasciare in pace, da preservare mettendo in sonno le ansie di recupero più o meno strumentali: un movimento spontaneo di fiancheggiamento dell’establishment. Ma che cosa si può chiedere di più dalla vita? Blandire la folla è cosa ripugnante. In tanti anni qui non lo si fece mai, mai, mai. Si può correre il rischio, stavolta, e i capi politici di una fase trasformista e molle ma necessaria devono correrlo, perché questa folla si comporta come si comporterebbe, come si tiene, un singolo individuo che di tutto il bailamme degli arrembanti è semplicemente stanco, e trova la voce per dirlo.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.