La fine del bipolarismo era solo una boiata
Mettere a nudo il trucismo. Sfruttare la fine del grillismo. E poi ritrovare l’orgoglio. L’Emilia-Romagna può determinare una situazione nuova (M5s no, grazie) e ci può ricordare perché l’ottimismo è la chiave giusta contro i professionisti della paura
L’appassionante romanzo di deformazione proiettato in diretta streaming dal Movimento 5 stelle in Emilia-Romagna offre all’osservatore meno pigro almeno due spunti di riflessione sui quali vale la pena ragionare.
Il primo spunto riguarda un elemento di analisi molto significativo che ha a che fare con il meraviglioso collasso del grillismo.
Il secondo spunto riguarda un tema altrettanto interessante che ha a che fare invece con una magnifica opportunità offerta al Pd dalla possibile sfida elettorale anche con il M5s.
Sul progressivo collasso del grillismo è stato scritto molto e molto si continuerà a scrivere – anche se non si scriverà mai a sufficienza del fatto che il grillismo sta collassando non perché ha sfidato i suoi ideali ma perché ha sfidato la realtà. Ma ciò che meriterebbe di essere messo in luce con forza è una lezione universale che ci viene offerta dalla fine progressiva del primo esperimento mondiale di maoismo digitale applicato in uno stato appartenente al G7. E la lezione è più o meno questa. A prescindere da quelli che possono essere i singoli obiettivi di ciascun movimento populista, la storia recente dell’Europa ci dice che i partiti antisistema possono avere una speranza di resistere nel tempo solo a condizione di non mettere in discussione le vecchie coordinate del bipolarismo. La retorica dei partiti che si dicono né di destra né di sinistra, tranne in paesi che hanno una struttura istituzionale tale da incentivare drastiche semplificazioni del sistema politico, tende a uccidere progressivamente tutti quei movimenti antisistema che tentano di declinare una sorta di terzismo populista e non c’è partito antisistema che sia comparso in Europa negli ultimi anni che al momento giusto non abbia scelto quale terreno presidiare tra il fronte destro e quello sinistro. La morte del bipolarismo, osservando i risultati delle elezioni locali degli ultimi anni in Italia e osservando i risultati delle elezioni europee dello scorso maggio, forse, come da celebre definizione di Mark Twain, è stata ampiamente esagerata e in fondo il M5s oggi paga anche questa non scelta strategica.
La notizia della morte ampiamente esagerata del bipolarismo si trova all’origine dell’imbarazzo mostrato dal M5s nel partecipare a elezioni come quelle dell’Emilia-Romagna a cui non voleva partecipare per questioni legate a una naturale polarizzazione dello scontro tra centrodestra e centrosinistra. Ma per quanto possa essere doloroso per il Pd pensare che ci sia un alleato di governo che potrebbe mettere in difficoltà il governo per essersi schierato in un’elezione importante per il governo contro l’unico partito del governo che in quell’elezione potrebbe battere il più importante partito d’opposizione bisogna fermarsi un attimo. E bisogna guardare anche l’altro lato della medaglia (siamo ottimisti o no?) per capire per quale ragione la presenza in campo di un M5s non alleato del Pd potrebbe essere per il Pd un’opportunità straordinaria per provare a mettere in campo un sentimento che il Pd sembra aver perso e che potrebbe provare a recuperare in Emilia-Romagna: l’orgoglio di essere l’unica alternativa al nazionalismo salviniano .L’Emilia-Romagna è una regione in salute, governata da un presidente apprezzato persino dai suoi avversari anche per i buoni risultati ottenuti in questi anni – nel 2019, secondo le ultime previsioni di Prometeia, in Emilia-Romagna è stato stimato un valore del tasso di disoccupazione in contrazione fino al 5,2 per cento, al di sotto delle stime relative sia alla Lombardia (5,5 per cento), sia al Veneto (6,0 per cento) e la regione vanta oggi un tasso di occupazione pari al 71,3 per cento, che è il più alto del paese – e si capisce bene perché Salvini provi ogni giorno a spostare sul piano nazionale una sfida che merita di rimanere invece ben ancorata al piano regionale.
La raccapricciante foto di Narni con cui tutti i leader (meno uno) del governo hanno provato a tirare la volata al candidato civico che avrebbe dovuto testare il modello Conte (“il nostro Bearzot”, secondo Francesco Boccia) a livello regionale (sapete come è andata) ha dato a Salvini buoni argomenti per dimostrare che l’accordo tra Pd e M5s non ha a che fare con la difesa dell’Europa ma ha a che fare con la difesa del potere (bisognerebbe ricordare più spesso che il trasformismo non è un gioco ma è una cosa maledettamente seria). In questo senso l’Emilia-Romagna è una grande occasione perché può determinare una situazione nuova che può dare al Partito democratico e ai suoi alleati la possibilità di sfidare i suoi avversari non sulla base di un freddo calcolo geometrico ispirato dalla grammatica della gnagnera (tutto ma a Bologna Salvini no, gnè gnè) ma sulla base di un progetto concreto e persino di una ritrovata vocazione maggioritaria. Andare da soli. Puntare su un modello. Rifiutare alleanze sciocche. Scommettere sull’ottimismo. Non sputtanare il trasformismo. Riaffermare il bipolarismo. Osservare la crescita delle sardine. Testare i nuovi alleati del Pd. Sfidare Salvini con i fatti. Dimostrare l’inutilità del grillismo. Misurare la capacità della Lega di provare a istituzionalizzare se stessa. E osservare fino a che punto anche gli elettori grillini capiranno che il grillismo per non nuocere al paese ha il dovere di considerare con urgenza l’opzione di eliminarsi da solo. Niente male queste elezioni, no?