Team della discordia
Il “futuro” pensato da Di Maio e un presente fatto di liti. Così Rousseau controlla la riorganizzazione del M5s
Roma. Che servirà, come va ripetendo Luigi Di Maio, a placare i malumori interni, non è da escludersi. Ma finora la tribolata gestazione della tanto annunciata segreteria politica del M5s sta contribuendo, più che altro, a incattivire gli animi. Non tanto e non solo per la competizione interna che si sta accendendo, e che pure è fisiologica, quanto piuttosto per i continui cambi di regole, assai cervellotiche, che stanno trasformando la costituzione delle varie strutture in una corsa a ostacoli tra adempimenti burocratici e andirivieni nei tribunali di mezza Italia. Il tutto, peraltro, rabbuiato dall’ombra della Casaleggio Associati, che s’allunga una volta di più sulle dinamiche del movimento, la cui rifondazione passa per procedure che, raccontano i parlamentari, sono gestite non tanto dal capo politico, ma da due soci di Rousseau: Pietro Dettori e Enrica Sabatini.
È stata proprio lei, l’ex consigliera comunale di Pescara assurta ai vertici del grillismo grazie alla sua vicinanza a Davide Casaleggio, a confermare a deputati e senatori del M5s, durante colloqui avvenuti a Roma nei giorni scorsi, che sì, il regolamento previsto era da intendersi proprio come loro temevano. “Questione di trasparenza”, ha detto la Sabatini. “Questione di follia”, ribattevano quelli, in disparte. Il perché è presto detto. Nel nuovo organigramma del M5s, in quello che viene pomposamente definito “Team del futuro”, ogni settore tematico (economia, imprese, ambiente...) avrà un suo responsabile: un “facilitatore”, lo chiamano i guru del M5s, evidentemente incuranti di quel rimando neanche troppo velato alle pratiche da faccendiere intrallazzone che il termine si porta dietro. Ma a norma di regolamento, ogni “facilitatore” dovrà avere, a suo supporto, un consigliere comunale, un consigliere regionale e un parlamentare. E non basta: perché oltre a questi eletti, ci dovranno essere anche cinque consulenti, “esperti nell’ambito tematico di riferimento”. Consulenti non retribuiti, che metteranno le loro competenze a disposizione dei “facilitatori”. I quali, però, il 13 novembre scorso, a meno di dieci giorni di distanza dalla presentazione delle squadre (inizialmente prevista per il 22 del mese), hanno ricevuto una bozza del regolamento che imponeva a tutti di presentare, per ciascuno di questi esperti, “la scansione del certificato penale del casellario giudiziale e del certificato dei carichi pendenti, non più vecchi di sei mesi rispetto alla proposta di candidatura”. E qui ovviamente c’è da immaginarselo, l’imbarazzo dei parlamentari nel dovere telefonare ai loro consulenti, per dire loro di procurarsi il certificato e di affrettarsi, pure, perché il tempo residuo era pochissimo. Ne è nato un mezzo parapiglia, con proteste che sono arrivate anche alle orecchie dell’infaticabile Dettori, in prima linea nei lavori di preparazione di questa riorganizzazione interna.
Ma non basta. Perché, scorrendo il regolamento, i candidati a “facilitatore” del M5s si sono imbattuti in un’altra clausola surreale: quella dell’articolo 6 del regolamento. Che recita: “Coloro che hanno ricoperto incarichi di presidente, vicepresidente, tesoriere o segretario di organismi e/o enti di qualsiasi natura giuridica, pubblici o privati, commerciali o no profit dovranno fornire i bilanci e gli statuti di tali soggetti precisando altresì i compensi ricevuti a qualsiasi titolo”. Una richiesta impossibile, o quasi, per alcuni degli esperti coinvolti, che magari vent’anni fa hanno guidato una qualche associazione, e non avevano idea di come recuperare quella documentazione nel giro di qualche giorno.
Nuove proteste, nuovi malumori. Che hanno portato, come unico risultato, a una proroga della scadenza per la presentazione delle candidature, rimandata ora al primo dicembre. Ma la regola resta: è questo che ha ribadito la Sabatini ai parlamentari che le hanno chiesto – loro, eletti, a lei, socia scelta di un’associazione privata – se fosse possibile rivedere quella clausola. E invece niente. E forse è anche per questo che qualche candidato “facilitatore” ha pensato di presentare, come “esperto”, un suo collega parlamentare, così da provare ad aggirare questo scoglio. Oppure c’è chi, come il deputato avellinese Michele Gubitosa che punta all’incarico di responsabile per le imprese, ha inserito tra i cinque consulenti tecnici un ex ministro come Alberto Bonisoli, rimasto appiedato dopo il cambio di governo e dunque ansioso di rientrare nei giochi politici. E il sospetto, insomma, nasce spontaneo: che qualcuno già sapesse in anticipo, delle complicanze burocratiche, e si è dunque mosso di conseguenza. Tutte anomalie che mercoledì sera alcuni deputati hanno evidenziato a Di Maio, trovandolo però abbastanza impreparato: “Ma davvero è così?”.