Renzi contro l'Italia anti Beccaria
“Saremo civili solo quando combatteremo i giustizialisti da tre soldi”, l'intervista al leader di Italia viva alla Festa del Foglio
Pubblichiamo l'intervista integrale del leader di Italia viva, Matteo Renzi, alla Festa del Foglio del 23 novembre.
Firenze. Sabato scorso a Firenze il Foglio ha intervistato, tra gli altri, anche Matteo Renzi, leader di Italia Viva ed ex presidente del Consiglio. La prima domanda rivolta all’ex premier è se la nascita di Italia viva ha avuto o no l’effetto di rendere il governo è più vivo? Renzi la mette così: “Queste sono domande difficili. Quando eravamo piccolini facevamo il giochino dell’uccellino vivo o morto. Ora eviterei di ripetere quei giochi. Metto a verbale che Roberto Gualtieri è il ministro che forse sento di più, uno dei non moltissimi che sento insieme a Teresa (Bellanova, ndr) ed Elena (Bonetti, ndr) ovviamente, ma Roberto è un signor professionista che ha accettato di venirci a dare una mano in un momento delicato, lasciando un lavoro che faceva e che faceva bene, e facendo un sacrificio personale perché in Europa stava sicuramente meglio sia come qualità della vita sia come aspettative personali di quanto stia a Roma oggi, e vorrei che gliene fosse dato atto perché è una persona seria, e un asset per questo paese. Il governo va sempre valutato con l’alternativa”.
“C’è qui il professor Marco Fortis che è per me più che un’autorità in materia. E ricorda come noi abbiamo avuto una crescita nel triennio 2015-2017 che è arrivata al più 1,7 del pil, e una diminuzione del rapporto debito-pil di -0,8. Oggi siamo, secondo le stime di consenso più alte, tra lo 0,1 e lo 0,2 per cento di crescita e il rapporto debito-pil che torna ad avere un andamento negativo per 1,4 per cento. Noi abbiamo avuto una frenata, a questa frenata si è aggiunta la retromarcia che ha messo Salvini. L’Italia stava andando, con il governo populista ha inchiodato, con Salvini ha messo la retromarcia, e nel mese di agosto noi avevamo questo scenario: Salvini in mutande a fare la campagna elettorale, mercati in fibrillazione, tensioni internazionali. Se non avessimo fatto ciò che abbiamo fatto, la mia opinione è che oggi saremmo dentro a un corto circuito internazionale gravissimo. Quindi le dico che il governo ha sicuramente un bicchiere mezzo pieno e un bicchiere mezzo vuoto, ma l’alternativa alla quale eravamo destinati a soccombere era sicuramente peggio. Detta in un altro modo, così la faccio più sintetica, a tutti quelli che vengono qui e altrove a dire ‘bisognava andare a votare’, rispondo che l’Italia sarebbe diventata una grande Umbria. Se poi a voi va bene che il sovranismo di Salvini detti i tempi delle elezioni, per cui dal Papeete il ministro dell’Interno annuncia che si vota a settembre; detti i tempi della convocazione parlamentare; ponga gli argomenti nell’agenda con la consueta arroganza di Borghi e Bagnai – io li ho chiamati ‘i due leocorni’ – perché spuntano sempre fuori come nelle barzellette quando si arriva al momento del passaggio elettorale e Salvini deve ridire di nuovo che vuole uscire dall’euro – ecco se a voi sta bene questo, bene, potete dire che era meglio andare a votare. Io sono molto contento che si sia impedito questo. Poi naturalmente il governo può fare meglio, ovvio”.
Rispetto a quest’estate quel ministro dell’Interno, oggi è sempre truce o è un po’ meno truce di prima?
“Cerca di esserlo, non so se ci riuscirà. Insomma Salvini è un animale politico, è uno che ha cambiato idea su tutto nel corso di vent’anni. E’ partito comunista, è arrivato con CasaPound. Era per insultare quelli che lui chiamava i terroni, adesso si fa fare il baciamano a Napoli. Era quello che diceva ‘io non sono italiano’, oggi dice ‘prima gli italiani’. Era quello che diceva ‘Basta euro’, oggi dice ‘Draghi why not’. Salvini da questo punto di vista è un animale politico capace di fiutare il clima. Io penso, ma è una mia opinione, che vi fossero due alternative: la prima era la scommessa di Salvini del tutto e subito, andare a elezioni con una piattaforma sovranista. La seconda ipotesi, per cui penso che cercherà di essere un po’ meno truce, è che lui adesso, con il nuovo governo, con il tempo che abbiamo comprato in Europa e che ci permetterà di giocare la nostra sfida, con la nascita di movimenti, partiti, schieramenti, startup al centro dello schieramento politico che gli vanno a dar noia, sta spostando il suo posizionamento politico perché soffre la competizione al centro. Io penso che Salvini cercherà di fare l’europeista, attività nella quale non eccelle, diciamo così, non è che gli riesca benissimo. Ma che è secondo me è la cosa politicamente più intelligente che può fare oggi. Se io fossi lo spin doctor di Salvini direi ‘lascia stare le tesi sovraniste, metti in naftalina Borghi e Bagnai, entra nel Ppe e giocati la partita al centro’. Io gli direi questo, e per l’Italia sarebbe un bene, non sarebbe un male. Dopodiché ovviamente io combatto questa visione di Salvini perché ho un’altra idea e un’altra agenda. Ma se fossi Salvini oggi giocherei tutta la scommessa sull’adesione al Ppe e l’abbandono della versione truce che tanto ha fatto scrivere il Foglio. Lei, il suo predecessore Ferrara e tanti di noi. La scommessa di Salvini è rivestirsi dei panni del leader della destra europea. Dopodiché cosa sia oggi la destra in Europa, è un gran caos. Perché qui c’è una competizione su cosa sia la destra. E’ Boris Johnson, la destra? O è la destra di Cameron? E viceversa, la sinistra è Jeremy Corbyn o Tony Blair? La destra è Marine Le Pen o Nicolas Sarkozy? E viceversa la sinistra è Emmanuel Macron o Jean-Luc Melenchon? Cos’è la destra, Vox o Casado in Spagna? Tutto il mondo sta riflettendo su cosa sia la destra, mi verrebbe voglia di dire la destra è Donald Trump o era John McCain? Fossi in Salvini mi butterei con convinzione nel Ppe. Se Salvini fa due mosse, il Ppe che ha preso di tutto e di più – non è la Rai ma ha fatto di tutto e di più in questi anni –, secondo me Salvini lo prende di corsa”.
Ma questo governo ha cambiato di più il Partito democratico o il Movimento cinque stelle?
“No no, non ci casco neanche morto. Per me grandissimo rispetto, ovviamente con un po’ più di affetto e di amicizia per ovvi motivi al dibattito interno del Pd, che è un dibattito serio. Penso si sia capito che il problema non fossi io perché continuano a discutere, a dibattere, qual è la legge elettorale che il Pd sceglierà? Qual è il modello di società che il Pd proporrà? Dibattito interno, il Pd si è visto e ne ha parlato a Bologna, continuerà a parlarne. Dei cinque stelle non parlo proprio. Ma questa discussione tra cinque stelle e Pd la lascio a loro. Io dico cosa penso che serva a noi. Ci sono due benedettissimi punti che penso stiano rischiando di farci perdere il momentum, il kairos direbbero quelli bravi che hanno studiato greco, il tempo opportuno, il momento adatto, il momento propizio. Uno: noi abbiamo una gigantesca chance sul debito. Pagavamo 77 miliardi di interessi sul debito nel 2013, nella legge di Bilancio firmata da Roberto Gualtieri il 2020 vede la discesa da 77 a 59 miliardi. Cioè noi nell’arco di 6 anni, grazie soprattutto al lavoro della Banca centrale europea e di Mario Draghi, e contemporaneamente al lavoro di riforme che alcuni nostri governi hanno portato avanti, abbiamo visto scendere in modo clamoroso il costo degli interessi. Guardate che questo è più importante di tutto, sono 18 miliardi di differenziale. Io penso, Roberto (Gualtieri, ndr) che noi dovremmo darci quota 50, non quota 100. Arrivare a 50 miliardi nella legge di Bilancio del 2023. E’ difficile, ma accadrà una cosa fantastica nei prossimi mesi, piaccia o non piaccia. I rendimenti di titoli di stato degli altri paesi saranno nella stragrande maggioranza negativi. Studi di importanti realtà assicurative italiane ed europee dicono che nei prossimi due anni il 75 per cento dei titoli avrà rendimento negativo. Questo paradossalmente vuol dire che l’Italia avrà l’occasione e l’opportunità di offrire – modificando alla scadenza dei titoli il titolo stesso allungandone la durata –, una occasione di riduzione del peso del debito nella dinamica economica del nostro paese. E’ un’occasione storica, cioè le grandi compagnie, i grandi gruppi d’investimento devono comunque avere una parte del loro capitale investito su titoli seri, sicuri, che hanno un minimo rendimento. Questo oggi lo può fare l’Italia meglio di chiunque altro. Quindi il debito, chi oggi mettesse in discussione la stabilità della legislatura si incaricherebbe di porre un gravissimo problema a questa discesa del debito che è strategica. Ed è il motivo per il quale chi continua a dire che bisogna inseguire Salvini sul terreno del Papeete non si rende conto che se giochiamo quella partita lì abbiamo perso per definizione. La prima è il debito. La seconda è la crescita. La crescita non c’è più, è sparita. Perché 0,1,-0,2 non è crescita, è un prefisso telefonico. Siccome siamo allo 0,2, se ci siamo e io penso di sì, la vera scommessa è quella di capire cosa fare nel 2020-2021, immaginando che dopo gli accordi Trump-Xi Jinping nel 2021 vedremo una nuova recessione, perché è immaginabile che questo accada anche giocoforza per le regole statistiche, la scommessa è dire ‘come facciamo a sostenere la crescita in Italia?’ Secondo me c’è un unico modo, e non sono un neokeynesiano, sono uno che guarda i dati di fatto. Noi siamo pieni di soldi fermi e bloccati, abbiamo i cantieri che sono fermi e bloccati. Se a Pisa l’Arno non è uscito è perché si è fatta la cassa di espansione a San Miniato, perché si è fatto lo scolmatore a Pontedera. Se non si fossero fatti, Pisa sarebbe finita sott’acqua, che non è un bello spettacolo neanche detto dagli odiati fiorentini. Il dato di fatto è che se tu sblocchi i cantieri risolvi i problemi degli italiani, ma contemporaneamente aiuti la crescita, perché noi abbiamo stimato in 120 miliardi i denari bloccati con un’analisi banale: semplicemente enucleando quello che era il comma 140 della legge di Bilancio del 2017, la nostra ultima legge di Bilancio, che dava stanziamenti significativi in diversi settori, e abbiamo semplicemente seguito i soldi che sono bloccati in cantieri, strade, infrastrutture, treni. Questo è il dato di fatto. Vorrei domandare a chi è qua ‘quanti di voi sono venuti a Firenze in treno?’ Potete alzare la mano, quelli che vengono da fuori? Ecco, voi siete venuti in treno, gli altri saranno fiorentini, immagino che non saranno venuti in treno. Quanti sono venuti in macchina? A Firenze l’80 per cento di chi arriva da fuori viene in treno, il 20 per cento in macchina. Perché noi non abbiamo un’alta velocità, noi abbiamo una metropolitana italiana. Per cui ogni quarto d’ora, venti minuti abbiamo un treno ad alta velocità che va a Roma e che va a Milano. (Parte applauso, ndr) No ragazzi, non è mica merito mio. Sto semplicemente dicendo che se questa infrastruttura la portassimo un pochino più sotto Napoli e Salerno, se questa infrastruttura la portassimo al sud, se arrivasse totalmente sulla tratta Milano-Venezia, non bloccata com’è adesso dai cantieri, oggi avremmo un’impostazione keynesiana più forte nell’economia; aziende delle infrastrutture non condannate alla crisi perché il settore delle costruzioni è quello che ha sofferto di più; posti di lavoro e non redditi di cittadinanza al sud. Ci arriviamo a questo o no? Sblocchiamoli questi benedetti soldi e poi vedrete che la musica cambia. Lavoro, cantieri e debito”.
Nel 2018, in Italia, c’è stato un partito che ha preso il 32 per cento, il Movimento cinque stelle, e che oggi è un partito prossimo al collasso: in Umbria ha preso meno voti di Fratelli d’Italia. Cosa ci dice questo sul populismo e che impressione le fa vedere molte persone, anche del suo ex partito, che osservano il ritorno di Beppe Grillo come se questo fosse un ritorno alla razionalità?
“Ragazzi, Beppe Grillo e razionalità nella stessa frase non ci stanno, per definizione. Punto, andiamo alla domanda successiva. Del Movimento cinque stella abbiamo moltissimo rispetto, faccia la sua strada. Così com’è assurdo sentirsi dire, e lo dicevano tutti, ‘Salvini governerà per trent’anni’, e poi è andato a sbattere nel giro di tre mesi. Ma lo dicevate anche di me, ‘Renzi governerà per quarant’anni’. E’ quasi una maledizione, ma comunque ci siamo risolti il problema con quel meraviglioso referendum che oggi mostra ogni giorno di più che avevamo ragione nel merito su tutti i punti. Perché se oggi c’è la gara dell’inciucio è perché si è votato No al referendum, se oggi l’Italia è bloccata sul turismo è perché c’è il Titolo quinto. Se oggi c’è una discussione sul populismo è perché non basta tagliare nemmeno 300 parlamentari per far tornare la gente normale, si sarebbe detto. Hanno tagliato 345 parlamentari, non se n’è accorto nessuno. I referendum del 2016 portano d’un bene! Avete visto che è successo nel Regno Unito? Hanno vinto un referendum mentendo, e dicendo che il sistema della sicurezza nazionale sarebbe migliorato, così come il sistema sanitario, che sarebbe stato facile uscire dall’Unione europea, e sono da tre anni fermi sulla Brexit. Il mondo parla di intelligenza artificiale, in Inghilterra parlano di stupidità naturale con la Brexit e con tutte le discussioni legate a questo. La verità prima o poi viene a galla. A me di Grillo non interessa. Dei ministri ho massimo rispetto, anche perché voto loro la fiducia, a Gualtieri la voto volentieri, ad altri meno, ma voto il pacchetto completo. Vorrei sommessamente dire al ministro degli Esteri che al G20 si va, non si resta in Sicilia, per un fatto di etica nazionale e orgoglio del paese. E chi non si rende conto che questo non è solo un fatto di immagine ma anche di sostanza, sbaglia. Abbiamo bisogno di un paese che torni a distinguere la sfera istituzionale da quella politica. Poi i cinque stelle facciano quello che vogliono, a me non interessa. Hanno messo un paletto nell’atto di fondazione del governo ‘non vogliamo vedere Renzi ai tavoli di coalizione’, ed eseguo questo paletto con grande amabilità. Certo mi colpisce un po’ il populismo degli antipopulisti…”.
A chi si riferisce?
“A tutti quelli che usano slogan populisti per affrontare questioni complicate. Il populismo è tutto e il contrario di tutto. Era Morales in Bolivia ed è Duterte nelle Filippine. E’ in parte Podemos e in parte Alternative für Deutschland, ha colori politici totalmente differenti. Quando però il populismo è prendere un problema complicato e buttarlo in pasto all’opinione pubblica… ad esempio è successo su Ilva. Ma la vogliamo raccontare la vera storia su Ilva, o no? Perché nel 2014 io c’ero, molti di quelli che hanno fatto gli scienziati in questo periodo facevano altro. Nel 2014 quando c’era da andare a Taranto in prefettura, a me dicevano che volevo ammazzare i bambini perché volevo tenere aperta l’Ilva. Non c’era una voce che si alzasse per sostenere lo sforzo del governo per tenere aperta quella fabbrica. Quando abbiamo messo i soldi che il procuratore Greco aveva sottratto alla precedente proprietà, per andare a fare l’operazione di sostenibilità ambientale nel quartiere Tamburi, la copertura dei parchi, tutte operazioni che adesso si iniziano a vedere, con me c’erano Andrea Guerra, Teresa Bellanova, Federica Guidi, il procuratore Greco, e pochi altri. Poi si è fatta una scelta, quella di fare una gara in un certo mese, scelta che non ho condiviso quando non ero più premier. Perché quella gara sulla base del massimo ribasso a Taranto avrebbe portato a una soluzione meno convincente dal punto di vista del progetto. Era un progetto arrivato secondo su due all’interno della commissione. Ma qualcuno ha scelto, secondo me sbagliando, di dare più valore al prezzo che non al ritorno di quell’investimento. E chi oggi non ve lo dice e si attacca a un emendamento sullo scudo penale, prende un concetto vero, grande e bello e cioè come gestire l’infrastruttura della manifattura più grande del mezzogiorno, e lo esaspera con toni populisti per prendere lo zero virgola in più. Il problema della salvaguardia penale è molto semplice. Non vale per un’azienda, non vale per una fabbrica, vale per tutti. Se tu inquini paghi, se bonifichi non puoi essere messo nelle condizioni di doverti difendere in tribunale perché hai spostato un palo che era inquinato di suo. E’ evidente che bonificando devi avere delle garanzie in più. Questo non vale solo a Taranto ma anche a Gela, a Piombino, a Marghera. Mi colpisce un po’ che ci sia un atteggiamento, che io definisco il populismo degli antipopulisti…”
Non starà mica parlando di Carlo Calenda?
“Non di Carlo Calenda e basta, anche di Carlo Calenda. Di chi prende un argomento e non lo studia, di chi ha paura di dire che la prescrizione non può essere messa in queste condizioni, perché dire che il processo non ha fine significa dire che la giustizia in Italia non c’è più. E quindi sulla prescrizione bisogna dire con forza che è una battaglia di civiltà. Bisogna avere il coraggio di dire che il carcere agli evasori c’è già. Ma sostenere che sulla base di un’indagine io ti confisco l’azienda è la fine della credibilità industriale di questo paese. E a chi mi dice che queste cose vengono con il nuovo governo, oh il reddito di cittadinanza, quota 100 e la prescrizione le hanno votate Matteo Salvini e Luigi Di Maio, mica noi! Ecco perché penso che Italia Viva sia una cosa meravigliosa, ci permette di alzarci la mattina e non litigare con nessuno, sono gli altri che litigano con noi perché vanno di default, ma non abbiamo il problema di chi ci farà le scarpe all’interno del partito. Io sono stato per cinque anni alla guida del mio partito, ed avevo dalla mattina alla sera come prima preoccupazione quella di difendermi dagli attacchi di quelli che giocavano con la mia maglia, figuriamoci dagli altri. Poi possiamo dire la verità senza problemi, dice ‘avete pochi voti’, bene – ma ne riparliamo alle elezioni –, ma almeno possiamo dire tranquillamente quello che pensiamo. Io sono andato a fare il dibattito con Salvini in tv e ho detto che quota 100 è il più grande sperpero di denari pubblici mai fatto. Perché mentre il reddito di cittadinanza è più diseducativo di qualsiasi altra cosa, ti abitua a vivere di sussidi senza lavoro, tant’è che nessuno ha trovato un’occupazione a eccezione di Mimmo Parisi, presidente di Anpal, quota 100 è peggio perché porta 150 mila persone ad andare in pensione un anno e mezzo prima gravando sulle casse dello stato per 20 miliardi. E’ una cosa senza senso. Lo ridico fino alla nausea”.
Però quota 100 e reddito di cittadinanza sono all’interno di questa manovra. Si potevano eliminare, no?
“No, sono di quella prima. Non faccia il populista degli antipopulisti anche lei. L’hanno messa quelli prima. Con tutto il rispetto per Tria, che probabilmente non condividerebbe tutto quello che ha dovuto fare, non l’ha firmata Gualtieri la manovra con reddito di cittadinanza e quota 100. E’ stato Di Maio a dire di aver abolito la povertà e Salvini a dire di aver sistemato la legge Fornero. Il populismo degli antipopulisti è che prendi una nave, la blocchi a largo di Lampedusa e dici di aver fermato l’immigrazione. Quando nei prossimi vent’anni ci saranno un miliardo e mezzo di africani in più rispetto a quelli di oggi. E gli unici che investono in Africa sono i cinesi. E noi stiamo a guardare e vendiamo le arance ai cinesi. Allora, la facciamo una strategia di lungo periodo sul futuro dell’Italia sbloccando i cantieri, mettendo a posto il debito ed evitiamo di inseguire gli slogan del giorno dopo giorno come fanno i populisti e gli antipopulisti che giocano a fare i populisti? Se vi va, per tutto questo c’è Italia viva”.
Sulla giustizia, abbiamo accennato prima al tema della prescrizione. Che cosa si può fare concretamente per evitare che dal primo gennaio 2020 entri in vigore la riforma della prescrizione votata dalla precedente maggioranza di governo?
“Concretamente, bisogna cambiare, tutti noi politici e giornalisti, il modo in cui si guarda alla giustizia. Hanno assolto Massimo Ponzellini, come Roberto Cota, Riccardo Molinari, e Roberto Angelucci. Quanti giornali – lo dico alla festa del Foglio che è il principe dei giornali garantisti –, hanno riportato le notizie di queste assoluzioni rispetto a come avevano raccontato le indagini e le condanne? Allora o noi diventiamo un paese civile, o non c’è nessuna legge che ci fa diventare civili. Di tutte le storie che contiene il palazzo in cui da tre anni il Foglio sceglie di organizzare la propria festa, una non la sa nessuno, e cioè che il 30 novembre 1786 gli araldi sono scesi per andare al Palazzo del Bargello a dire che la pena di morte nel Granducato di Toscana era abolita, che la tortura era abolita. Quando ancora i francesi non avevano inventato la ghigliottina, noi avevamo bruciato gli strumenti di tortura. Io sono orgogliosamente dalla parte della civiltà giuridica, del Beccaria, e non del giustizialismo da tre soldi che certi tuoi colleghi direttori di giornale hanno instillato nel cuore degli italiani. Prima di parlare di prescrizione ricordiamoci di essere civili verso gente a cui è stata distrutta la vita, che si vergognava davanti ai propri figli per quello che succedeva sui giornali. Sulla prescrizione, c’è un emendamento che ha firmato un ministro del mio governo, si chiama Enrico Costa. Il Pd ha detto che lo voterà, Italia viva condivide la posizione del Pd su questo punto, a meno che il ministro Bonafede non trovi una soluzione. Va dato atto che se c’è un giornale che in questi anni è stato la bandiera della civiltà giuridica e del garantismo lo è stato il Foglio contro certi gazzettini del giustizialismo, che non meritano alcuna attenzione e alcun commento”.
Ma quando Matteo Renzi vede i sondaggi della Lega, e vede che è al 30-32-33, si chiede mai “perché”?
“Io non so cosa accadrà alle elezioni, so che il consenso è volatile. Lasciatevelo dire da un esperto della materia. Se devo guardare i sondaggi oggi io sono quello più odiato dagli italiani, ‘il contrario della Scavolini’. E c’è stato un momento in cui avevo un consenso, si dice, del 75 per cento, che sono sicuro di non avere neanche in casa. Il punto è che la volatilità è oggettiva. Siamo passati dalla società del ‘per sempre’ alla società del ‘per ora’. Avevamo dei partiti che erano delle case, delle chiese, e forse la chiesa più grande di tutte era la chiesa comunista più che la chiesa democristiana. E oggi siamo in un momento in cui il consenso è talmente volatile che non soltanto cambiano i partiti ma anche l’appartenenza stessa alla politica. In queste condizioni c’è solo una cosa che tu puoi fare: o segui l’onda, e sei un surfista, e il surf per quelli che hanno il fisico è una roba seria. Ma per quelli che prendono l’onda, dopo si torna a riva. Il populismo per me vuol dire fare surf, vedi quell’onda e dici ‘che grande’, poi nel giro di un mese, due mesi, un anno sparisce. Se lo lasci dire in una città che tra le tante cose ha anche l’orgoglio di aver dato il nome all’America, con un signore nato a Peretola che si chiamava Amerigo Vespucci. Una città di navigatori pur non avendo il mare. In questa città abbiamo imparato la differenza tra navigare e surfare. Se fai surf torni a riva, se navighi hai una direzione, ed è chiaro che quando navighi c’è il mare mosso. Quando navighi prendi qualche onda che non va bene. Quando navighi ti trovi a guardar le stelle, che a volte non ci sono e hai paura. Io però penso che fare il populista sia surfare, prendere le singole voci e cercare di far contenta la gente sull’immediato. Navigare è una cosa più complicata. Quello che stiamo cercando di fare come Italia Viva non è prendere una bella onda e tornare a casa, ma quello di avere una dritta forte per arrivare alle prossime elezioni facendo ciò che ha fatto Macron in Francia. Sono convinto che lo possiamo fare, e sono convinto che lo faremo non con il populismo, ma con la serietà, il rigore, la politica”.