Chi sono gli emuli di Salvini in Ue (con i problemi che non dicono)
Nonostante si parli spesso di un ritorno della Lega verso il centro, la compagnia dell'ex vicepremier è sempre la stessa
Bruxelles. A giudicare dai compagni di palco che ha scelto per il primo evento europeo dopo le elezioni del 26 maggio, Matteo Salvini non ha intenzione di cambiare la sua strategia di radicalizzazione della Lega in Europa. Jordan Bardella per Rassemblement National francese (Rn), Harald Vilimsky per la Freiheitliche Partei Osterreichs austriaco (Fpö), Gerolf Annemans e Tom Van Grieken per il Vlaams Belang fiammingo: nonostante si parli spesso di un ritorno della Lega verso il centro, la compagnia di Salvini è sempre la stessa. Ieri alla borsa di Anversa, per un incontro pubblico sul tema “Una nuova speranza per l’Europa”, c’erano “in affiche” quelli che nella scorsa legislatura si erano seduti con Salvini nel gruppo Europa delle nazioni e delle libertà, che il 18 maggio erano venuti a Milano per il comizio conclusivo di campagna elettorale dell’internazionale sovranista, e che nel nuovo Europarlamento si sono ribattezzati “Identità e Democrazia”. Le etichette cui vengono bollati variano per ciascun paese – neofascisti, nazionalisti, sovranisti, populisti, indipendentisti di estrema destra, razzisti (il Vlaams Belang è l’erede del Vlaams Blok sciolto dopo una condanna in Belgio per razzismo e xenofobia) – ma la sostanza è la stessa: eurofobi che vogliono smantellare l’Ue, a fasi alterne sono contrari anche all’euro, che sono vicini alla Russia di Vladimir Putin, che vogliono chiudere le porte dell’Europa e dei loro paesi all’immigrazione e in particolare ai musulmani, e che sfruttano cinicamente le paure e le ansie della gente comune per passare all’incasso elettorale.
L’unica novità rispetto a qualche anno fa è che è cambiata la “nuova speranza per l’Europa”. Nella precedente legislatura l’idolo dell’estrema destra era Marine Le Pen, che con il suo Front National aveva conquistato il primo posto in Francia alle elezioni europee nel 2014 ed è arrivata al secondo turno delle presidenziali nel 2017. Il biennio 2018-2019 ha cambiato tutto. Ora il nuovo leader naturale dell’estrema destra antieuropea al quale chiedere “come fare” è diventato Salvini. Non che gli altri non abbiamo avuto successo. Ma si è sempre rivelato effimero o altalenante. Il Vlaams Belang era quasi sparito in Belgio, a causa della concorrenza del partito nazionalista fiammingo più moderato della N-VA, salvo recuperare terreno alle ultime elezioni politiche. L’ascesa elettorale e l’esperienza di governo della Fpö in Austria è stata travolta dallo scandalo scoppiato per il video nel quale il suo ex leader, Heinz Christian Strache, pareva pronto a farsi comprare dalla nipote di un oligarca russo. Nonostante il cambio di nome, il Rassemblement National di Le Pen in Francia non supera il tetto del 25 per cento nei sondaggi anche quando i tassi di popolarità di Emmanuel Macron tornano a scendere. Alternativa per la Germania, la cui presenza non era annunciata ad Anversa, rimane forte nell’est del paese ma a livello nazionale galleggia attorno al 12-15 per cento. Altri amici di Salvini, come il partito di estrema destra Vox in Spagna, hanno deciso di stare alla larga dal gruppo Identità e Democrazia e stanno nei Conservatori e riformatori europei (dove siedono gli eurodeputati del PiS polacco e di Fratelli d’Italia). Altri ammiratori, come il premier ungherese Viktor Orbán, definiscono Matteo come “un compagno di lotta”, ma preferiscono non frequentare i suoi compari. Altri emuli, come l’ex ministro per l’Immigrazione belga Theo Francken (che appartiene alla N-VA), spingono il loro partito verso posizioni salviniane, ma senza superare cadere tra gli appestati.
Il problema sta tutto qui: Identità e Democrazia è ai margini della politica europea e chi vuole avere un peso non può permettersi di ritrovarsi escluso da un cordone sanitario. E sta tutto qui il limite della strategia attuale di Salvini: giocare la carta della distruzione dell’Ue lo condanna all’irrilevanza.