Guerra di veline sul Mes. Intanto il Pd vara la fondazione unica
Acque troppo agitate nel paese (e nel governo) per discutere della nuova segreteria dem. Intanto si mette ordine nello statuto
L’altra notte da palazzo Chigi è partita una guerra di veline sul risultato del vertice dedicato al Mes. La quanto mai vaga nota finale non era stata ancora diffusa alle agenzie di stampa, ai giornali e alle televisioni, che già arrivavano ai mezzi di informazione le indiscrezioni pilotate di Luigi Di Maio e Dario Franceschini. Due versioni, ovviamente opposte. Da non meglio precisate “fonti Pd” il ministro della Cultura faceva partire questo messaggio ai giornalisti: “Dal tavolo è sparita la parola rinvio. In sostanza si sostiene il lavoro di Gualtieri che andrà nei prossimi giorni all’Eurogruppo. Prima del Consiglio europeo ci sarà un voto su mozioni, l’11, in Parlamento”. Di tutt’altro tenore la versione fornita dal ministro degli Esteri: è stato deciso che sia il Parlamento a votare quindi si va verso il rinvio. La guerra delle veline è poi durata fino alle due di notte, per la gioia dei cronisti che non sapevano su chi fare affidamento.
Sono circa due mesi, giorno in più giorno in meno, che ogni tanto prende a circolare la voce di un’imminente decisione di Nicola Zingaretti sulla segreteria unitaria, che inglobi anche la minoranza degli ex renziani di Base riformista, la corrente interna del Pd guidata da Luca Lotti e Lorenzo Guerini. Ma si inizia a sospettare che verrà tutto rinviato al prossimo anno. Nemmeno in questi giorni infatti la nuova segreteria vedrà la luce. Fanno sapere al Nazareno che non è il caso di occuparsi dei problemi interni del partito in questa situazione di fibrillazione permanente del governo.
Al Pd sono a dir poco arrabbiati con l’ad Rai Fabrizio Salini. Lo accusano di aver ceduto al veto di Luigi Di Maio sulla nomina di un nuovo direttore del Tg3 dopo aver proclamato urbi et orbi che le nomine le avrebbe fatte lui senza interferenze. “In questo modo – lamentano al Nazareno – Salini sta mantenendo la situazione attuale, che, per quanto riguarda l’informazione Rai, è fortemente squilibrata a favore del Movimento cinque stelle e della Lega. Forse aspetta le prossime elezioni per sapere chi vince”. E a proposito di elezioni, al Partito democratico si torna a parlarne. Ma con sempre minor convinzione. Per ora infatti al Nazareno si procede per penultimatum ai grillini sapendo bene che il Pd non si assumerà mai la responsabilità di rompere.
Italia viva. I bene informati sostengono con una certa qual dose di malizia che uno dei motivi per cui la delegazione del partito di Matteo Renzi l’altra sera non si è presentata a palazzo Chigi per il vertice sul Mes è legato a una vicenda che con il fondo Salva stati non ha niente a che fare. Si narra infatti che Matteo Renzi si sarebbe infuriato per l’intervista rilasciata da Luigi Zanda a Repubblica, quella in cui il tesoriere del Partito democratico accusava l’ex segretario di aver lasciato in bancarotta il partito mentre rimpinguava le casse della fondazione. Renzi ha subito risposto duramente a quell’intervista, smentendo la ricostruzione di Zanda, ma a quanto pare l’arrabbiatura non gli è ancora sbollita e perciò ha preferito che Italia viva lasciasse cuocere nel loro brodo Pd e grillini, intenti a trovare la quadra sul Mes.
Onde evitare grane future il Pd nel suo nuovo statuto ha stabilito che non possono esserci più fondazioni che in qualche modo facciano capo al Pd come era in passato. Vi sarà un’unica fondazione ufficiale, quella attuale presieduta da Gianni Cuperlo. Gli unici a opporsi a questa decisione sono stati i giovani turchi di Matteo Orfini, che hanno interpretato questo nuovo articolo inserito nello statuto del partito come un tentativo di soffocare il pluralismo interno. Ma dal Nazareno filtra la voce che, in realtà, Orfini e gli altri si siano opposti perché avevano in mente di dare vita a una loro fondazione.