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Lasciate nuotare in pace le sardine

Giuliano Ferrara

Invocare uno sbocco politico a questo fenomeno è lo stesso che augurarsi la sua decadenza e la sua morte. Buone ragioni per proteggere un movimento da sballo dalla rete a strascico dei soliti parassiti travestiti da pescatori di anime

Nella sua pigrizia, l’opinione luogocomunista si domanda in modo pressante quale debba essere lo sbocco politico delle sardine. Domanda scema. Le sardine non hanno alcun bisogno di sboccare da qualche parte, elaborare programmi, avanzare rivendicazioni, promuovere una classe dirigente, fare l’alternativa, si limitano a nuotare e cercano di non finire nella rete a strascico dei soliti parassiti travestiti da pescatori di anime. Può essere che alcuni di loro alla fine siano risucchiati nel vortice della vita pubblica in forme tradizionali, la televisione fa di questi scherzi. Ma le sardine come fenomeno sono quel che fino a ora felicemente dicono di essere: un incontro di piazza per surclassare, irridere, ridimensionare i minacciosi e burleschi comizi di un senatore Salvini et similia. Ionesco dal balcone gridava ai maggiofrancesi in barricata: “Finirete tutti notai!”. Era per lo meno un reazionario spiritoso. Questi altri non concepiscono che una rosa sia una rosa una rosa una rosa. Niente barricate, niente ideologie salvo la stanchezza per il riflusso nel nazionalismo verboso e ipocrita che si combina con un populismo da quattro soldi.

 

Le sardine sono un happening e nascono nella città degli happening, appaiono come un movimento che si muove e basta, elegante, antiretorico, un po’ fumato e un poco bobo. Sono un flash mob convocato su Facebook da quattro amici al bar, tutti più o meno trentenni, gente che ha un lavoro, vive in città. Sono diventate una moda, sì, perché le città esistono, la piazza è una peculiarità italiana, e le città erano da tempo compresse sotto la cappa di un’opinione militarizzata, fanatizzata, rissosa e violenta, così la rivolta è partita dal linguaggio, dall’antiretorica o dalla retorica dell’antiretorica, e quello che si è visto e letto e ascoltato dal di dentro del fenomeno è consolante e nuovo.

 

Succederà di tutto, certo. Questo è il destino di quel che accade, ti zompano addosso significati, cose insignificanti, interpretazioni, pulsioni diverse, la piazza originaria viene scavata, rubricata, incasellata, si aggiungono pezzi di quel che resta della politica e dell’ideologia, poi subentrano divisioni di ogni tipo, nord e sud, città e città, separazioni personali e di gruppo, bandiere e canzoni, si fa largo l’innata tendenza alla costruzione di una prospettiva, fioccano le istruzioni per il dopo, nasce la struttura e con essa la discussione organizzata, fa perfino capolino la leadership, e queste sono cose che tutti sanno. Ma le sardine resteranno per sempre, finché vivranno, e vivere nel senso di durare non è nemmeno la cosa più importante, quel che sono state all’origine, un gesto, una convocazione di successo, una festa popolare e spaziale senza sovraccarichi di senso, nata fuori e contro il tempo della politica, un’alzata di spalle verso il pretenzioso sequestro dell’opinione da parte dei demagoghi forti e sicuri di sé. Augurarsi uno sbocco politico a questo fenomeno, in una bella cornice comprensibile e schedabile, è lo stesso che augurarsi la sua decadenza e la sua morte. Finché gireranno nei loro paraggi costruttori di sbocchi, le sardine hanno un solo modo di pararsi il culo e di non farsi impigliare nelle varie reti, rifiutare ogni e qualunque sbocco, esserci e nobilitarsi nell’happening.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.