Il disincanto degli italiani, che vorrebbero più politica e meno teatrini
Un paese scoraggiato e amareggiato. Il rapporto Censis
Roma. “La società ansiosa di massa”, così l’ultimo rapporto Censis definisce l’Italia, “macerata dalla sfiducia” ha fatto una vittima un tempo illustre: la politica. Vittima di se stessa? Della propria incapacità? O provocata da fenomeni più profondi? Il Censis abituato a volare rasoterra per cogliere gli umori della società, adesso sceglie proprio la politica come paradigma della crisi italiana. In realtà già anni fa aveva colto il ritorno di un certo primato della politica, ammonendo che se fosse rimasto un mero gioco di potere avvolto su se stesso, sarebbe stato incapace di decidere. Ora, le considerazioni generali si concentrano proprio su questo fallimento.
“Un decennio si conclude, ma sul piano politico non può dirsi compiuto – scrive il Censis – Viviamo, in questo senso, in un paese privato di un passaggio in avanti, a lungo promesso, ma che non c’è mai stato. Basti pensare alle tante, troppe, riforme strutturali annunciate, ma mai concretamente avviate. Lo scenario nel quale ci muoviamo è affollato da non decisioni: sul contenimento della pressione migratoria, sulla digitalizzazione, sulla politica tributaria, sulle concessioni e sui lavori per le grandi infrastrutture di rete, sui servizi idrici o per i rifiuti, sulla collocazione delle scorie nucleari, solo per richiamarne alcune. I limiti della politica attuale sono nella rassegnazione a non decidere. Non per aver scelto, ma per non averlo fatto, la politica ha fallito e ha smarrito se stessa”.
La crisi della politica dunque non è solo crisi della rappresentatività, ma soprattutto della governabilità. L’anti giacobino Censis rimpiange il decisionismo? Il fatto è che proprio la mancanza di scelte alimenta i sogni di un italico Putin o persino di un Erdogan. Oggi solo il 19 per cento degli italiani parla frequentemente di politica quando si incontra – scrive il rapporto – Il 76 per cento non ha fiducia nei partiti (e la percentuale sale all’81 per cento tra gli operai e all’89 per cento tra i disoccupati). “Sono i segnali dello smottamento del consenso, che coinvolge soprattutto la parte bassa della scala sociale. E apre la strada a tensioni che si pensavano riposte per sempre nella soffitta della storia, come l’attesa messianica dell’uomo forte che tutto risolve. Il 48 per cento degli italiani oggi dichiara che ci vorrebbe un ‘uomo forte al potere’ che non debba preoccuparsi di Parlamento ed elezioni (e il dato sale al 56 per cento tra le persone con redditi bassi, al 62 per cento tra i soggetti meno istruiti, al 67 per cento tra gli operai)”.
E allora perché mai i media danno tanto spazio al circo? “Le cronache della politica nazionale registrano l’interesse del 42 per cento della popolazione e superano le voci classiche dei palinsesti come lo sport (29 per cento) o la cronaca nera (26 per cento) e rosa (18 per cento). Nelle diete informative una importanza ancora minore è attribuita alle notizie economiche (15 per cento) e soprattutto alla politica estera (10 per cento). Ma questo ritrovato interesse nasce dalle ceneri di un disincanto generalizzato: si guarda la politica in tv come fosse una fiction. Lo dimostra la continua espansione dell’area del non voto alle elezioni politiche”. Così, allo stesso tempo, il 90 per cento degli intervistati vuol vedere molto meno i politici in tv ma poi tutti li guardano.
Il 69 per cento degli italiani è convinto che la mobilità sociale sia bloccata. Lavoro e disoccupazione preoccupano il 44 per cento delle persone (contro la media del 21 per cento dei cittadini europei), il doppio rispetto all’immigrazione (22 per cento), più di tre volte rispetto alle pensioni (12 per cento), cinque volte di più della criminalità (9 per cento) e dei problemi ambientali e climatici (8 per cento). Il contrario dell’agenda politica degli ultimi due governi. Gli italiani hanno dovuto rinunciare perfino ai due pilastri storici della sicurezza famigliare, il mattone e i Bot, di fronte a un mercato immobiliare senza più le garanzie di rivalutazione di una volta e a titoli di stato dai rendimenti infinitesimali. Anche per questo dominano l’incertezza e il furore. Il Censis, tuttavia, individua alcune “piastre di sostegno” accompagnate da “muretti di pietre a secco”: gli italiani hanno in media molto denaro (lo si vede dalla crescita dei depositi bancari) e c’è una parte del paese, dall’Emilia alla Lombardia, che tira ed è tornata a fare da calamita. Ma piastre e muretti non reggono se manca un supporto sistemico. E qui torniamo alla politica, quella vera non al teatrino: “La domanda di politica esiste, anzi più ancora è la domanda di politiche – sostiene il Censis – ma non trova un riscontro adeguato nell’attuale offerta politica”. Renzi, Calenda, lo stesso Salvini, chiunque cerchi di cambiare questa offerta, si frega le mani.