Napoli, manifestazione delle Sardine in piazza Dante (LaPresse)

Il gran ritorno delle mobilitazioni sane

Giuliano Ferrara

Meno gilet gialli, più sindacati, meno livore. Che belle le nuove piazze

Notevole il tramonto dei gilet gialli a favore delle vecchie, care manifestazioni sindacali di massa, con i loro servizi d’ordine e i loro capi imponenti e con i baffi a manubrio, e il ritorno degli scioperi e dei negoziati, come in Francia a boulevard stracarichi sulle pensioni, sui salari del settore pubblico e sulla salute, una ventata otto-novecentista alla ricerca della convergenza delle lotte fra segmenti e corporazioni diverse della vita sociale. Notevole che a Bologna, città degli happening, dopo lo strepito grillino di anni fa, e le prove successive di dubbia caratura politica, s’interponga ora con effetti di propagazione nazionale, in opposizione allo spirito da bravaccio del senatore Salvini, l’ondeggiamento delle sardine, il primo movimento meravigliosamente senza senso della nostra storia, ma pieno di significato politico senza essere struttura politica nemmeno in potenza, e che Dio ce lo conservi con tutto il suo carismatico potere dell’effimero, oggi c’è e domani non ci sarà più, non è un problema, resterà la disponibilità della testa a controllare i borborigmi della pancia famosa del paese, come nella stupenda rappresentazione offerta da Santori & Rizzini ai nostri lettori del lunedì. 

   

Notevole Landini, il capo della Cgil, che ha quella fissazione simbolica della cancellazione del Jobs Act, come se si potesse tornare all’emerito ma superato Statuto del socialista Brodolini del 1968, ma si sa, la fissazione è peggio della malattia; eppure Landini, come s’era fiutato qui per tempo, in realtà è guarito dalla malattia, ha smesso la sua voce più tonante e anticasta per passare, ieri in una buona intervista, alla proposta di un patto sociale concertativo tra governo imprese e sindacati per evitare lo “sbriciolamento” del paese. Anche la concertazione, se sia a spese del riformismo, dell’innovazione e del mercato, può essere una dannazione demagogica, e in tempi di patti al ribasso il paese trovò il modo di sbriciolarsi mica male, si pensi solo al punto unico di contingenza, trionfo di falso egualitarismo e di vera inegualitaria inflazione, di cui ci liberò uno dei soliti uomini soli al comando, di quelli che poi pagano le conseguenze anche delle cose ben fatte.

   

Notevole la decadenza del livore, di cui parla De Rita il sociologo, sopra tutto perché d’improvviso i toni accaldati e faziosi sono entrati in crisi non nel salotto pedagogico del virtuismo nazionale, ma nel solito cattiverio potenziale delle piazze autoconvocate, stanche si potrebbe dire di essere la caricatura di sé stesse. Per chi considera le piazze infrequentabili, salvo che per fare la spesa al mattino e raccogliere la cacca dei cani, dare uno sguardo ai giornali, intrattenersi con il volgo profano, sgranchirsi gambe e membra in attesa del brodo, il fatto che altri le frequentino e si serrino a branco di pesce azzurro con intenzioni positive, amabilmente e responsabilmente civili, è più che consolante, eccitante.

 

Non è impossibile, tra una sorpresa e l’altra, e sempre in attesa del peggio, come fanno i pessimisti, ottimisti – come noi – che si sono bene informati, non è impossibile la riemersione di vecchie abitudini, la nuova azione di soggetti e corpi intermedi che credono in linea di principio nella delega politica rappresentativa. Cambiare e difendere il welfare, manovrare il fisco in direzione della ricchezza e non della miseria sociale, puntellare l’Europa dei governi e dei parlamenti e dei partiti nel caos delle leadership egomaniache dalla Russia alla Cina agli Stati Uniti, tutto questo ritorna come esperienza e realismo anche attraverso la rimessa all’onore del mondo di vecchie prassi e mobilitazioni e concertazioni di cui sembrava non sentirsi più la mancanza, e invece c’era una grande urgenza, un’impellenza di bisogno.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.