La grandiosa rivolta contro l'antipolitica
Ribellarsi contro i rutti anti casta. C’è una brezza piacevole che comincia a soffiare anche grazie alle sardine e che indica una direzione opposta rispetto al trucismo. Perché il Salvini che si traveste da moderato indica una sua debolezza imprevista
Il 14 novembre a Bologna ed erano 12 mila. Il 18 novembre a Modena ed erano 7 mila. Poi è arrivata Palermo, il 22 novembre, quindi, nel giro di pochi giorni, Reggio Emilia, Rimini, Fiorenzuola, Marsala, New York, Piacenza, Verona, Mantova, l’Isola d’Elba, Amsterdam, Rovigo, Monfalcone, La Spezia, Pesaro, La Maddalena, Livorno, Treviso, Firenze, Cuneo, Napoli, Cosenza, Ferrara, Taranto, Frosinone, Padova, Milano, Ascoli Piceno, Benevento, Avellino, Castelnovo, Anversa, Savona, Ancona, Ravenna, Lecco, Trento, Sanremo, Alessandria, Belluno, Siena, Siracusa, Salerno, Lucca, Aosta, Rieti, Vercelli, Brescia, Catania, Pescara, Campobasso, Foggia, Vicenza, Cagliari, Caserta, Latina, Bari, Como, Washington, Varese, Caltanissetta, Torino, Imola, Cesena, Forlì, Battipaglia, Novara, Bolzano, Udine, Viterbo, Prato, Venezia, Bergamo, ancora Bologna, Zurigo, Helsinki, Stoccolma, Francoforte, Varsavia, Dresda, Bordeaux, Grenoble, Parigi, Dublino, Amsterdam, Lione, Vienna, quindi Roma, Berlino, Edimburgo, Lisbona, Berna, Bruxelles, Monza, Madrid, Olbia, Boston, Asti, Sondrio, Ivrea, Sassari, Massa, San Francisco, Agropoli, Enna, Lecce, Pisa e poi, dal 20 dicembre, Cremona, Biella, Messina, Formia e chissà quali altre città il prossimo anno.
A volte le sardine in piazza erano qualche migliaia, come è stato nelle grandi e piccole città dell’Emilia-Romagna, ma non solo lì. Altre volte poche centinaia, come è stato nelle grandi città fuori dall’Italia. Altre volte, come è successo a Roma, decine di migliaia. Ma alla fine i numeri e persino i contenuti contano fino a un certo punto. Ciò che conta davvero, nelle magnifiche adunate organizzate dalle sardine, è il formidabile messaggio politico, piombato come un meteorite sulla testa del leader contro cui quelle piazze si sono mobilitate, veicolato da tutti coloro che da giorni colorano diverse strade d’Italia con i loro pesciolini blu. Il primo messaggio che meriterebbe di essere studiato con gioia e con curiosità è un messaggio simbolico che arriva in modo dirompente all’interno della narrazione salviniana.
Fino a oggi, complice i suoi comizi affollati, complice il suo lungo beach party estivo, complice le istantanee delle interminabili file di sostenitori pronti a fare qualsiasi cosa pur di avere un selfie con il capitano, Matteo Salvini ha in qualche modo avuto il monopolio mediatico dell’immagine della piazza. E oggi che quel monopolio esclusivo gli è stato improvvisamente scippato da sotto il naso da un gruppo di ragazzi che da tre settimane riempie piazze limitandosi a chiedere agli elettori di fare qualcosa, qualsiasi cosa, per non mostrare indifferenza di fronte alle ozzerie del capo dell’opposizione è un fatto che sta producendo effetti e che non può essere liquidato alzando un sopracciglio alla ricerca delle contraddizioni di un movimento che movimento non è. Le sardine hanno tolto a Salvini il possesso egemonico della piazza e c’è una coincidenza che forse è qualcosa in più di una semplice coincidenza nella tempistica scelta dal capo dell’opposizione per provare a presentare al paese una sua ennesima e famigerata svolta moderata.
Da giorni, l’ex ministro dell’Interno, sia parlando in prima persona sia facendo parlare per sé Giancarlo Giorgetti, ha tentato di movimentare il dibattito pubblico con qualcosa di diverso rispetto alle fatwa contro la Nutella e alle intemerate contro l’Europa, che più che rafforzarlo il salvinismo hanno contribuito ad ammaccarlo. E ha scelto così di proporre nel dibattito pubblico – nelle stesse ore in cui si diceva pronto a votare come presidente della commissione Banche un senatore grillino di nome Elio Lannutti molto sensibile a proposito di banche al tema dei Protocolli dei Savi anziani di Sion – il volto “moderato” del salvinismo, invitando la maggioranza a costruire un tavolo allargato con la Lega sul tema della legge elettorale.
Il tentativo spassoso della Lega di chiedere allo stesso presidente del Consiglio, definito fino a poche ore fa un traditore della patria, un posto al tavolo delle trattative per le riforme istituzionali (e magari ci fossero) è parso giustamente a molti come un segnale più di debolezza che di forza da parte del leader della Lega e la volontà dell’ex Truce di presentarsi con un volto più dulce e meno truce è possibile che abbia a che fare con un nuovo vento che anche grazie alle sardine comincia a soffiare in Italia. Non è il vento della remuntada contro la Lega, perché almeno per il momento la Lega resta il partito più forte che c’è in Italia, ma è un vento di cui le sardine sono una manifestazione e che ci indica una novità presente nel dibattito pubblico: la rivolta gentile e forse capillare contro gli eccessi della cultura antipolitica. Essere riusciti ad avere un veicolo per raccontare questa storia – per ricordare cioè che in Italia le piazze sanno riempirle non solo gli amici di Orbán, i nemici dell’Europa e i sostenitori delle democrazie illiberali ma anche gli amici dell’Europa, i nemici della Le Pen e i sostenitori delle democrazie liberali – è un fatto non da poco che dovrebbe più eccitare che far sbadigliare. Il vento forse non è cambiato ma c’è un vento che sta cambiando. E fare di tutto per lasciare Salvini laddove si trova oggi – lasciando nuotare le sardine in pace senza chiedere loro di fare quello che dovrebbe fare la politica – potrebbe essere un modo per ricordare a chi sta al governo che le bolle si sgonfiano e che prima di tornare a votare un qualche tentativo di bucare il palloncino del salvinismo forse vale ancora la pena provarlo.